Metti due ingegneri elettronici poco più che cinquantenni. Una coppia con la passione per la campagna e la qualità del buon vivere. Aggiungici un pizzico di vigneti a Montecassiano, piccolo borgo marchigiano. Non troppi, nemmeno un paio d’ettari, quanto basta per coltivare in modo biologico e attento all’ambiente (con alghe, erbe e argille) e produrre in anfore di terracotta quasi 5.000 bottiglie. Avrai così la ricetta di un buon vino naturale (ben 15 referenze!) che rispecchia il territorio in modo non ripetibile, puntando in alto… a una Lepre sulla Luna.
«Fare vino naturale non vuol dire lasciar fare alla natura e stare solamente a guardare. Ma conoscere il processo per possederlo e intervenire il meno possibile. La cura dei dettagli è ciò che fa la differenza e rende un progetto eccellente. È necessario cogliere ciò che è importante, catturarne la bellezza e saperla mostrare. Noi andiamo al cuore di ciò che già c’è». Parola di Gianluca Zitti e Roberta Palmieri.
Un sogno “lunare”
«L’idea è nata nel 2014 quando io e Roberta abbiamo deciso di cambiare casa e insieme anche un po’ vita. Abbiamo comperato un ettaro di terreno, in località Commenda, qui a Montecassiano – ricorda Gianluca Zitti, un passato tra software house in proprio e una multinazionale olandese, prima di passare all’attività di consulenza in proprio dal 2018 -. Era già presente un uliveto, ma non c’era ancora nessuna vigna. Così nel 2015 abbiamo impiantato mezzo ettaro di vigneto, 17 nuovi filari. Abbiamo fatto tutto da soli, grazie all’enorme aiuto di un amico agronomo, Stefano Conti. Anche se ora in tanti si sono ricreduti, il nostro progetto inizialmente a molti è sembrato velleitario: mezz’ettaro coltivato in biologico per produrre in maniera etica e sostenibile vino naturale in anfore di terracotta, per un prodotto che fosse l’essenza delle nostre terre con una personalità diversa a ogni annata. Due anni dopo ci hanno affiancato due giovani enologici della zona, Carlo Del Bianco e Mauro Giacomini, che hanno accettato la sfida e con loro abbiamo reso possibile quel sogno e realizzato quelle che per noi “piccoli” sono “grandi cose”. È partito tutto molto bene e molto prima di come ci aspettavamo. La prima vinificazione è stata possibile nel 2017. Il primo anno abbiamo iniziato con circa 800 bottiglie e quattro referenze di vino rosso (tre monovarietali e un blend); oggi siamo a 15 etichette (le ultime tre a brevissimo sul mercato) e 4.300 bottiglie».
Un nome leggendario
«Il nome “La Lepre e la Luna” si può dire che sia nato in due momenti – ricorda Gianluca -. La prima volta che abbiamo visto questo posto è stato in agosto: la luna piena era visibile anche di giorno e illuminava tutti i campi e sotto gli ulivi era pieno di leprotti. Poco dopo, a conferma che quello sarebbe dovuto diventare il nostro nome, abbiamo scovato in libreria la leggenda del coniglio sulla luna. Tra le tante versioni che ne esistono, quella che abbiamo letto raccontava di una lepre che donò se stessa buttandosi sul fuoco per sfamare un anziano viandante affamato, così che Dio per premiarne la generosità impresse la sua immagine sulla luna. Se ci si fa caso, è ancora visibile un coniglio (che noi abbiamo trasformato in lepre) disegnato sulla luna piena (un po’ rovesciato con le orecchie inclinate verso destra): la stilizzazione di questa immagine è diventata anche il nostro logo. Ora, con i numeri che facciamo, non possiamo dire di avere una diffusione capillare e di essere conosciutissimi, ma non è nemmeno quello che volevamo. Il nostro è un vino che ha bisogno di tempo per essere spiegato e siamo più che soddisfatti delle nostre vendite dirette e dell’ecommerce del nostro sito web, cui si affiancano un paio di piccoli distributori locali con cui serviamo alcuni ristoranti, bar ed enoteche delle Marche che non riusciamo a raggiungere personalmente. Tramite un amico sommelier ci siamo fatti conoscere da uno chef stellato parigino di origini italiane e abbiamo clienti consolidati in Olanda, Messico e in Australia. Ovviamente parliamo di piccoli numeri».
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