Nel 2019 è entrata in vigore la direttiva europea sulla plastica monouso che mira a promuovere la transizione verso una economia circolare della plastica. La direttiva pone specifici target per le bottiglie in PET che a partire dal 2025 devono contenere almeno il 25% di plastica riciclata e a partire dal 2030 devono contenere almeno il 30% di plastica riciclata, calcolato come media per tutte le bottiglie in PET immesse sul mercato nel territorio dello Stato membro in questione[1]. Il PET è un materiale con ottimi potenziali di riutilizzo, ma il PET riciclato di alta qualità è purtroppo un materiale molto richiesto anche da industrie diverse da quella del beverage. Un recente rapporto ha dimostrato che il PET riciclato post-consumo dalle bottiglie per bevande è sempre più utilizzato dai settori non alimentari (tessile, automobilistico, ecc.) per aumentare le proprie credenziali di sostenibilità ambientale. Ciò significa che le bottiglie vengono riciclate in altre applicazioni in cui il PET non sarà più riciclabile, né per una nuova applicazione non alimentare né per nuove bottiglie di alta qualità (food-grade). In questo modo si perde la capacità del PET di essere riciclato e si rompe il flusso circolare di questo materiale. Questo fenomeno che “degrada” il PET a materiale non più riciclabile viene indicato come downcycling o downgrading. Una conseguenza di questa pratica è che l’industria del beverage, seppur produca e porti sul mercato PET di qualità elevata, fa poi fatica a procurarsi del materiale riciclato per le proprie bottiglie, rischiando di non poter rispettare i propri obiettivi legislativi di riciclo. Infatti, come mostra un recente studio della ong Zero Waste Europe[2], oggi in Europa le quote medie di raccolta delle bottiglie in PET sono del 60% del totale immesso sul mercato, la quota di riciclo è del 50% del PET totale immesso sul mercato ma la media di rPET nelle bottiglie è del 17%. Le perdite tra riciclato e quanto si ritrova in bottiglia sono in piccola parte dovute a perdite fisiologiche dei sistemi di riciclo e in buona parte dovute alla deviazione del PET verso altre industrie.
Si apre una finestra per il beverage
A livello europeo si è aperta la possibilità per il settore del beverage di intervenire per favorire una maggiore circolarità del PET affinché una maggiore quantità di questo materiale torni alla propria industria. Infatti, è in revisione la direttiva sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio che riguarda anch’essa – come la direttiva sulla plastica monouso – le bottiglie in PET. In particolare, la Commissione vorrebbe proporre degli schemi di cauzione obbligatoria anche per le bottiglie in plastica, per “aiutare” quegli Stati membri che non hanno sistemi di cauzione in vigore a implementarli per aumentare il recupero anche delle bottiglie in PET e raggiungere gli obiettivi descritti dalla Direttiva sulla plastica monouso. È questa la ricetta giusta per creare davvero un’economia circolare? In un evento online organizzato da Euractiv in collaborazione con l’associazione Natural Mineral Waters Europe ne hanno discusso Maja Desgrees du Lou della Commissione europea, il parlamentare europeo Martin Hojsik, Larissa Copello de Souza della ONG Zero Waste Europe e Roel Annega, CEO dell’azienda di acque minerali Gerolsteiner Brunnen (Germania) e membro del consiglio direttivo dell’associazione Natural Mineral Waters Europe.
[1] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019L0904&from=EN
[2] https://zerowasteeurope.eu/wp-content/uploads/2022/02/HCIP_V13_summary-1.pdf