Barrique, tonneaux, botti grandi, tini…: sono molteplici i contenitori in legno impiegati nell’industria del beverage: vini tradizionali, birre acide di moderna concezione e lambic, grappe e altri distillati, liquori, sidri, aceti… sono solo alcune delle svariate referenze alimentari che si avvantaggiano della maturazione mediata dal contatto con le doghe in boiserie dalle diverse essenze vegetali. Durante l’affinamento si verificano processi capaci di modificare profondamente le caratteristiche organolettiche delle bevande trattate, determinandone spesso in via peculiare la rispondenza alla tradizione o a precisi canoni gusto-olfattivi riconosciuti dal consumatore, contribuendo così ad incrementare il valore aggiunto della trasformazione
I contenitori in legno, anche se meno impiegati rispetto al passato, hanno comunque mantenuto una importanza insostituibile nell’industria alimentare e anche le tecniche di utilizzo e gestione degli stessi si sono evoluti parallelamente ai progressi tecnologici compiuti dal settore. L’impiego di contenitori realizzati con essenze vegetali di differente provenienza, di diverso livello di tostatura e di capacità volumica differenziata, sono solo i principali aspetti tecnici da considerare nella scelta del fusto più idoneo ai fini di una specifica operazione unitaria (fermentazione, affinamento, stabilizzazione, stoccaggio) e devono essere conciliati con gli aspetti economici di investimento e le incombenze operative della trasformazione.
In particolare, il tema dell’igiene dei contenitori in legno gioca un ruolo di estremo rilievo come elemento critico e spesso limitante l’impiego degli stessi, ponendo anche grandi incognite tecniche ai fini della gestione: quali tecnologie utilizzare per le prassi della pulizia e della sanificazione? Come raggiungere gli spazi angusti e riuscire a trattare adeguatamente la superficie legnosa, caratterizzata da porosità e fessurazioni? Quali rischi di perdita di tenuta delle doghe e di alterazione delle molecole con funzione aromatizzante a seguito dei trattamenti di pulizia? Quale il limite di reimpiego dei fusti per la lavorazione di differenti lotti?
Dare risposte esaustive a tutte queste domande non può prescindere dalle esigenze specifiche del singolo processo di trasformazione, ma è evidente come sia centrale considerare il tema della pulizia e della sanificazione dei contenitori.
Acqua calda e acqua calda ad alta pressione
La più semplice tecnica di pulizia delle botti è realizzata con acqua calda e acqua calda ad alta pressione, in quanto negli stabilimenti di lavorazione alimentare è il mezzo più comune a disposizione in elevata quantità eda costi relativamente bassi. Inoltre, l’acqua permette la rimozione meccanica e la solubilizzazione dei sali e dei sedimenti inorganici e organici, tra cui le fecce, che si depositano sulla superficie delle botti, evitando peraltro residui di composti chimici. Le opzioni di lavaggio possono coinvolgere acqua impiegata in ammollo, oppure mediante l’uso di ugelli o teste di lavaggio con condizioni di temperatura e pressione variabili, da 60 a 90 °C e da 0,1 a 70 bar rispettivamente.
L’efficacia igienico-sanitaria dipende dall’applicazione di adeguati livelli di temperatura e pressione, in combinazione con il tempo di trattamento e il grado di contaminazione microbica. Buona efficacia nel ridurre la carica microbica sulla superficie del legno, con particolare riferimento ai batteri acetici, è stata verificata con l’applicazione di temperature del mezzo superiori a 85 °C per almeno 20 minuti di contatto. Nel caso di microrganismi in grado di penetrare nel legno, quali i Brettanomyces, l’efficacia risulta essere molto influenzata dalla profondità a cui si trovano le cellule. Lavaggi con acqua calda a 60 °C per circa 20 minuti hanno dimostrato capacità di ridurre popolazioni di Brettanomyces in botti usate fino ad ordini di grandezza di 108, mentre non sono più stati rilevati microrganismi vitali a seguito di riscaldamento a 70 °C per 20 minuti o 80 °C per 15 minuti, considerando una profondità nel legno fino a 4 mm. Tempi di trattamento più lunghi (70 °C per 30 minuti o 80 °C per 20 minuti) sono stati richiesti per microrganismi insediati tra 5 e 9 mm di profondità nelle doghe. Si è rilevato, inoltre, che per prevenire la crescita di organismi alteranti e l’essicazione delle botti, con rischi sull’integrità di tenuta, è utile applicare i trattamenti con acqua calda e acqua calda ad alta pressione il prima possibile dopo lo svuotamento della bevanda dai fusti.
Uno svantaggio di questi metodi, tuttavia, è l’effetto di impoverimento del legno, in particolare rispetto alla quantità di composti volatili rilasciabili: è stata riscontrata, infatti, una significativa diminuzione delle concentrazioni di furfurale e 5-metilfurfurale cedibili.
Trattamento con vapore acqueo
Il trattamento con vapore acqueo è un’altra tecnica frequentemente impiegata nell’industria alimentare per sanificare i contenitori in legno, nonché tubazioni, fermentatori, serbatoi di acciaio. Il vapore acqueo è prodotto da appositi generatori che, a fronte di consumi energetici non sottovalutabili, consentono di ridurre drasticamente il consumo di acqua rispetto alle più semplici operazioni di lavaggio. Per l’igienizzazione, il vapore acqueo viene in genere immesso tramite il foro di cocchiume e, dopo la saturazione del volume interno, si procede con il trattamento per un tempo di 10-30 minuti, a seconda della dimensione complessiva del contenitore. Tuttavia, è stato dimostrato che periodi di applicazione più lunghi forniscono i risultati più validi, in quanto è utile che il calore riesca a penetrare il più possibile in profondità nel legno, in modo da abbattere i microrganismi presenti. Il legno ha una bassa conduttività termica, che può proteggere i microrganismi dal calore, generando i cosiddetti punti freddi dove le cellule microbiche non sono completamente inattivate. Nel corso di test sperimentali, una volta saturato il contenitore, il trattamento per 5 e 10 minuti ha consentito il raggiungimento di temperature di 47.4 e 57.5 °C rispettivamente a una profondità di 8 mm. Tale livello termico è risultato sufficiente per eliminare Brettanomyces, suggerendo che entrambi i protocolli possono essere sufficienti per igienizzare le botti di legno, anche rispetto ai più comuni batteri superficiali.
Tuttavia, il trattamento di riscaldamento con vapore acqueo si rivela in genere non adeguato per eradicare le cellule dai lati delle superfici delle doghe e dalle giunzioni tra le stesse. Risulta, invece, efficace su doghe trattate singolarmente, in casi di eccezionali operazioni di rigenerazione del contenitore. In questo contesto, le prove sperimentali hanno dimostrato che quando le doghe sono sottoposte al trattamento con vapore acqueo, la temperatura di 75 °C può essere raggiunta a una profondità di 9 mm in un arco temporale di 8-9 minuti, consentendo una quasi completa sterilizzazione.
Similmente al trattamento con acqua calda ad alta pressione, il vapore acqueo generalmente abbassa la concentrazione di furfurale e derivati, nonché dei fenoli volatili del legno.
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