Il vino in lattina è una realtà. Forse non ancora in Italia, dove questo segmento è agli albori, ma se rivolgiamo lo sguardo al Nord Europa, all’Australia e all’America, il «canned wine» è in forte crescita. Secondo i dati del Wine-In-Can, istituto di ricerca Usa che si occupa del fenomeno, nel 2020 le vendite di vino in lattina hanno superato i 200 milioni di dollari, compiendo un balzo del 69%. Nel nostro Paese, d’altra parte, crescono gli imbottigliatori che si rivolgono a questa opportunità. Sono decine di milioni i litri di vino italiano che ogni anno vengono messi in lattina, destinati principalmente al mercato estero.
GAI, da sempre vicina alle richieste del mercato, anche a quelle più innovative, ha raccolto la sfida, cercando di coniugare la sua tradizionale qualità dell’imbottigliamento all’efficienza richiesta dal settore. L’azienda di Ceresole d’Alba può oggi offrire una nuova gamma di soluzioni destinate alla birra e al vino in lattina. Si tratta di monoblocchi a ciclo completo da 1.000 a 12.000 lattine l’ora, capaci di lavorare con estrema precisione, affidabilità e rispetto della materia prima vini fermi o frizzanti, ma anche prodotti innovativi come vini aromatizzati, low alcool o blend. I vantaggi del vino in lattina sono molti. L’alluminio (appositamente trattato) è un materiale di comprovata qualità, che non altera il vino, minimizza l’ossidazione ed è facile da stoccare, protegge il prodotto dalla luce. Riduce drasticamente gli sforzi di logistica e il peso dei trasporti, abbassando di un terzo le emissioni di CO₂. Soprattutto, la lattina sembra incontrare il gusto dei nuovi consumatori, che non percepiscono alcuna alterazione qualitativa e nel 74% dei casi (dati Wine-In-Can) si dicono propensi all’acquisto. La lattina appare, infine, una soluzione decisamente più apprezzata rispetto a bottiglie in PET e bag-in-box.