L’utilizzo del rame nella distillazione craft: questione di estetica o metallo funzionale?

 

Gli impianti più antichi, ancora oggi in uso, sono generalmente realizzati completamente in rame e ricoperti da una classica patina ossidata che ne testimonia appunto il lungo corso. Le distillerie storiche di whisky, ma anche gli impianti tradizionali per la produzione della grappa o delle acquaviti, sono testimonianza di come nel passato si sia consolidata in via pressoché esclusiva, nelle diverse scuole di distillazione, la pratica di usare il rame come metallo strutturale nobile e di eccellenza. Queste peculiarità, facilmente osservabili anche a un occhio poco esperto, distinguono tali attrezzature da quelle più moderne, in cui di norma la realizzazione è in acciaio inox alternata ad eventuali elementi di fregio in altri materiali, mentre il rame risulta limitato a pochi elementi della struttura, se non addirittura del tutto assente.

I dubbi, quindi, sull’importanza concreta del rame costitutivo degli alambicchi come metallo influenzante le risultanze chimico – compositive dei distillati sono effettivamente legittimi e fondati, oltre alle mere e ben note ragioni di utilità legate alla sua efficienza come conduttore e alla resistenza alle deformazioni dovute appunto ai cicli di riscaldamento e raffreddamento. Grazie all’elevata malleabilità, inoltre, il rame può essere facilmente lavorato per realizzare superfici curve come quelle degli elementi degli alambicchi, in particolare il duomo e le serpentine di condensazione. Altra caratteristica è che il rame è piuttosto resistente alla corrosione dei vapori alcolici e degli acidi organici, di cui possono essere ricchi alcuni fermentati di frutta o la vinaccia.

Le peculiarità del metallo finora elencate non ne giustificano comunque l’impiego in alternativa alle moderne e sofisticate leghe di acciaio inox, in grado di garantire performance altrettanto o addirittura più valide per tali aspetti, con costi di costruzione e di manutenzione inferiori.

Le constatazioni empiriche e le successive dimostrazioni scientifiche, alcune delle quali piuttosto recenti, hanno dimostrato che gli alambicchi in rame hanno un’influenza diretta sulla composizione del distillato, in quanto tale metallo è in grado di reagire in maniera significativa con alcuni componenti dei fermentati.

Dimostrazioni scientifiche

Il rame è stato segnalato dal gruppo di ricerca di Tsakiris e colleghi per migliorare la qualità dei distillati combinandosi con altri composti come gli acidi butirrico, caproico, caprilico, caprico e laurico con conseguente formazione di precipitati facilmente allontanabili dalla matrice in fase di distillazione. In particolare, l’azione positiva del rame è preminentemente attribuita alla sua capacità di reagire e ridurre la concentrazione dei composti solforati volatili: alti tenori di queste molecole compromettono le qualità organolettiche del distillato, conferendo odori sgradevoli. Viceversa, bassi livelli di composti solforati sono considerati un elemento fondamentale per la buona qualità delle bevande derivate da distillazione, sia che vengano affinate in legno o successivamente aromatizzate, sia che la commercializzazione per il consumo avvenga dopo semplice diluizione e stabilizzazione. Contrariamente a quanto ritenuto dagli assiomi della tradizione, però, l’influenza del rame si manifesta sia nella riduzione che nell’aumento dei tenori di off-flavour nei distillati, in funzione di differenti parametri di processo considerati.

Evidentemente, la composizione della materia prima sottoposta a distillazione gioca un ruolo primario nella determinazione del contenuto totale di composti contenenti zolfo: le vinacce d’uva, materia prima della produzione della grappa, il vino, alla base della distillazione di acquaviti, contengono, in genere, quantità rilevanti di solfiti, in quanto aggiunti come additivo tecnologico in fase di lavorazione del mosto. Questi composti dello zolfo, sia in forma libera che legata, tendono ad apportare note olfattive pungenti e di zolfanello. Nei mosti di malto, risultano invece prevalenti il dimetiltrisolfato, con il caratteristico odore di vegetale putrido, metantiolo e acido solfidrico, derivanti rispettivamente da metionina e cisteina, e dimetilsolfuro, tutti caratterizzati da odore di carni putrefatte, cavolo cotto e note evidentemente negative per l’accettabilità del distillato.

Prove empiriche

Differenti studi di laboratorio tra cui quelli condotti da Furusawa e colleghi e dai team di ricerca guidati da Thulasidas e da Watts, con l’impiego di alambicchi sperimentali su piccola scala, hanno studiato l’effetto del rame in distillazione in differenti condizioni. È stato dimostrato, in particolare, che l’addizione di sali rameici al fermentato da distillare ha effetto stimolante sulla produzione di metantiolo. Altre sperimentazioni con l’aggiunta di filamenti di rame nel mosto hanno, viceversa, messo in luce la capacità del metallo di ridurre tale molecola. Di fatto, queste ricerche dai risultati contrastanti dimostrano come l’effetto del metallo sia influenzato da vari fattori: in particolare, nel processo di distillazione, il rame entra in contatto con la matrice in differenti condizioni di temperatura, di composizione del distillato (intero fermentato, solo borlanda o soli vapori) e per durate di interazione variabili.

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