«Ho deciso di diventare enologo perché ho sempre amato la terra e l’agricoltura. Quando ero piccolo vivevo in campagna e mi piaceva osservare i contadini al lavoro, ma il momento più bello era la vendemmia: una vera e propria festa a cui partecipavo sempre, perché mi divertiva tantissimo. Il ricordo più intenso che conservo nel cuore è quando mi davano il pane inzuppato nel vino appena svinato. Forse è stato allora che ho capito che il vino sarebbe stato il mio futuro». Un futuro che, quel bimbo, ha plasmato con determinazione e impegno, sfoderando un intuito, un talento e una costanza che, negli anni, gli hanno valso la fiducia di innumerevoli aziende vitivinicole e l’hanno portato ad affermarsi con successo, rientrando nell’elenco degli enologi italiani più stimati e riconosciuti. Luca D’Attoma è rimasto fedele a sé stesso, in questo lungo percorso, iniziato oltre trent’anni fa con un diploma alla Scuola Enologica di Conegliano (TV) e proseguito con il compimento di alcuni master di perfezionamento. «Cominciai a operare in cantina alla fine degli anni 80 – ricorda – per poi addentrarmi nella libera professione agli inizi degli anni 90, in qualità di enologo consulente di diverse aziende. Da allora ho collaborato con tantissime realtà sparse in tutte le regioni d’Italia e, ultimamente, anche all’estero: amo lavorare dove ci sono progetti belli e stimolanti, non importa dove, andrei anche su Marte!».
Quando nasce, precisamente, la sua azienda?
«Ho fondato la Wine Evolution Consulting nel 1999, con l’obiettivo di fornire consulenza tecnica e strategica alle aziende vitivinicole e di assisterle in tutte le fasi del processo produttivo: dall’impianto e gestione del vigneto alla progettazione e allestimento della cantina, dalla vinificazione e affinamento all’esame e valutazione dei vini, fino al controllo qualità. Lavoro sempre in sinergia con i responsabili e gli addetti che operano in vigna e in cantina, per trasmettere loro le mie conoscenze tecniche e la mia visione, al fine di ottenere un prodotto unico, annata dopo annata. In questi 22 anni ho seguito numerose aziende, tutte accomunate da un unico obiettivo: puntare sulla qualità anche nel caso di vini prodotti in grandi numeri. Insieme abbiamo raggiunto traguardi importanti».
Alcuni vini da lei ideati sono divenuti icone. Vuole menzionarne qualcuno, in particolare?
«Mi rende particolarmente fiero confermarlo e ricordare etichette quali Giusto di Notri e Redigaffi di Tua Rita, azienda storica di Suvereto (LI) con cui collaboro da tempo, oppure le referenze Paleo Rosso e Messorio de Le Macchiole, realtà bolgherese con cui ho collaborato per ben 25 anni. Anche il Brunello di Montalcino Vignavecchia della tenuta San Polo è degno di nota, la cui annata 2015 ha ottenuto 100/100 da James Suckling e i Tre Bicchieri del Gambero Rosso, così come i vini Dedicato a Walter – Bolgheri Rosso Superiore DOC e Sondraia, di Poggio al Tesoro. Ogni regione e ogni territorio hanno determinate e specifiche peculiarità: la prova più bella, per me, è sempre riuscire ad esprimerle nei vini che realizzo. Non potrei mai preferirne uno, tra tutti quelli che ho creato fino ad oggi: sarebbe impossibile, come chiedere a un genitore quale, tra i suoi figli, ami di più».
Quali sono state le sfide più appassionanti?
«Da enologo toscano, avendo iniziato l’attività nella mia regione, fin dall’inizio sono stato etichettato come “l’uomo dei vini rossi”. La vera grande sfida, per me, è stata dimostrare che, anche con i vini bianchi e rosati, sono riuscito a raggiungere grandi risultati. Mi considero una persona eclettica, senza schemi mentali, a cui piace mettersi alla prova e che ama andare contromano, se è necessario, senza farsi condizionare dalle mode. Del resto, per fare l’enologo bisogna essere creativi, mai scontati e, soprattutto, avere il coraggio di osare per innovare, magari riscoprendo vecchi vitigni dimenticati o meno conosciuti, oppure adottando tecniche di vinificazione diverse, come la fermentazione e l’affinamento in anfora. Per ottenere vini unici è necessario portare avanti con coraggio le proprie idee ed essere sempre rigorosi, ma, al tempo stesso, dimostrare una grande apertura mentale e saper anche ascoltare gli altri, perché un buon risultato nasce solo dalla condivisione con il produttore e con i collaboratori».
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