Sabatini Gin: un gin da bere e ri-bere

Un’idea nata all’interno di una famiglia toscana che da sempre fa dell’aperitivo un momento topico della giornata, quasi sacro. Tra le colline di Cortona, nel 2015 i fratelli Enrico e Niccolò Sabatini, insieme al padre Ugo e al cugino Filippo, trasformano questo culto in un business, dando vita a Sabatini Gin.

Incontri fatali

«Villa Ugo appartiene alla famiglia Sabatini da tre generazioni – racconta Enrico Sabatini, che ci rilascia l’intervista via etere dalla Thailandia, dove lavora -. Io mi occupo di sales & marketing in una grande azienda del food, mio fratello è avvocato e mio cugino lavora nel settore finance. Le nostre professioni ci hanno portato lontano da Cortona – a Milano, a Londra, in Oriente – ma ogni qualvolta è possibile ci ritroviamo a Villa Ugo, dove mio padre gestisce un agriturismo. E fu proprio durante uno di questi raduni di famiglia, nel 2014, che cominciammo ad accarezzare l’idea di produrre un gin tutto nostro».

Al suo rientro in Cambogia, a quei tempi sua sede di lavoro, Enrico viene invitato da un gruppo di amici venezuelani all’inaugurazione di una distilleria per rum. «Fui colpito dalla bellissima bottiglia – racconta – ed ebbi il piacere di conoscerne il designer, un giovane lituano cui parlai del nostro progetto, con il quale egli entrò subito in sintonia. Nel frattempo, mio cugino Filippo a Londra entrava in contatto con lo storico distillatore Charles Maxwell. La concatenazione degli eventi ci fece pensare che fosse giunto il momento di concretizzare la nostra idea».

Da sinistra: Filippo, Enrico, Ugo e Niccolò Sabatini

Enrico si dedica al business plan e lo presenta a Charles in occasione della visita di quest’ultimo a Villa Ugo. Dai sopralluoghi nella campagna attorno a Villa Ugo, il distillatore ricava una selezione di una quindicina di botaniche che porta con sé a Londra, dove farà i test che condurranno alla definizione del profilo di Sabatini Gin.

Dal packaging al piano di marketing

La “toscanità” del nascituro gin rimaneva intanto un punto fermo, che doveva emergere chiaramente anche nel packaging. «Pur non avendo mai visitato la nostra regione, il designer riuscì a renderla perfettamente, grazie alle sagome di cipressi e colline realizzate in serigrafia».

Dall’altra parte della Manica, intanto, il miracolo alchemico prendeva forma: delle 7-8 prove prodotte da Charles Maxwell, tutte base London Dry, fu scelta quella più immediata dal punto di vista sensoriale. «Abbiamo voluto produrre un gin che si possa bere e ri-bere, semplice da apprezzare, liscio e nella mixology».

Era il 2015, e nascevano le prime 5.000 bottiglie di Sabatini Gin, da subito distribuite in Italia e all’estero. «Tanto allora quanto oggi, che produciamo circa 10.000 bottiglie – conclude Enrico – abbiamo puntato e puntiamo a un posizionamento strategico: non ci interessano i volumi, vogliamo invece che il nostro prodotto sia in luoghi importanti, valorizzato dai migliori bartender. Anche oggi, nonostante il nostro Gin sia venduto in 16 Paesi nel mondo, continuiamo a lavorare in questo modo».

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