Classe 1954, sposata, con due figli, due nipoti, alle spalle una vita di lavoro e impegno – profuso in più ruoli di rilievo – e, davanti a sé, una nuova stimolante avventura alla guida del Consorzio Vini di Romagna: è il profilo di Ruenza Santandrea, originaria di Faenza e, dal maggio dello scorso anno, a capo dell’ente consortile che riunisce le aziende romagnole del vino. Tra i suoi capisaldi, principio ispiratore della sua filosofia di lavoro, il fatto che l’essere piccoli e isolati non sia un valore aggiunto per un’impresa: «Non voglio dire che non vi siano eccezioni – specifica –, aziende che, nonostante la loro ridotta dimensione, possano emergere, ma esse sono, per l’appunto, eccezioni. In ambito economico la dimensione è fondamentale e può essere raggiunta in molti modi: uno di questi è consorziandosi, rimanendo, quindi, artefici di sé stessi, ma usufruendo anche di un sistema che apra nuovi spazi di mercato e favorisca una crescita culturale volta ad affrontare i problemi e ad attrezzarsi per i cambiamenti». Ruenza è, a suo dire, il risultato di un’esistenza piena, che l’ha portata a operare in ambiti diversi sfruttando le conoscenze acquisite al fine di essere di supporto alle persone e alle imprese nella crescita e nel rafforzamento delle proprie attività. «Da sempre – si racconta – mi attrae capire, attraverso la storia, cosa abbia causato i cambiamenti della società e quali siano stati i motivi che, durante ogni periodo di trasformazione, hanno fatto in modo che determinate classi sociali, o interi Paesi, emergessero e altri, al contrario, fallissero. Mi affascina anche comprendere ciò che sarebbe potuto accadere studiando quei segnali premonitori che, spesso, non sono stati colti: tutto questo è particolarmente interessante e non si trova solo nei libri di storia, ma, anche e soprattutto, nel pensiero dei grandi scrittori di ogni epoca, i quali, con l’intuizione degli artisti, intravedevano ciò che il mondo si ostinava a non vedere».
Superare le difficoltà insieme
Concluso il suo percorso di studi in ragioneria, Ruenza inizia a lavorare per uno studio professionale che la forma in modo valido nell’ambito del diritto societario e fiscale. In seguito, dai 27 ai 30 anni, dirige una piccola cantina sociale, trovandosi in grande sintonia con gli agricoltori: «Ho partecipato ad assemblee molto belle e ad altre particolarmente difficili – ricorda –. Ho ascoltato interventi di agricoltori di grande qualità e lungimiranza, ed è nata in me la convinzione che la curiosità, la capacità di analisi e un’attenta informazione giornaliera superino, alle volte, la preparazione scolastica. Poi ho aperto uno studio professionale autonomo, grazie al quale sono entrata in contatto con le categorie più disparate, soprattutto artigiani. Svolgevo attività di consulente di direzione e di sindaco revisore e ho collaborato alla costituzione di importanti consorzi del mondo produttivo, accedendo ai gruppi dirigenti consortili, ai collegi sindacali e collaborando alla loro unione per far sì che acquisissero migliori quote di mercato e condizioni commerciali più vantaggiose. Credo che molti di loro non sarebbero sopravvissuti economicamente alla crisi del 2008, invece, unendo le forze, hanno superato le difficoltà e rimangono tuttora competitivi. È stato un periodo faticoso, ma molto stimolante». Il 2005 è l’anno che vede Santandrea giungere alla presidenza di Terre Cevico, un impegno che, a lungo termine, risulta impossibile conciliare con lo studio professionale, qualche anno dopo lasciato in gestione a una collega. Oltre che Presidente di Cevico, Ruenza diviene responsabile del settore vino nazionale dell’Alleanza delle Cooperative: lancia Vivite, il festival del vino cooperativo, e promuove il coordinamento europeo cooperativo del vino insieme a francesi e spagnoli.
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