La storia di Umani Ronchi inizia intorno alla fine degli anni 50, quando Gino Umani Ronchi fonda una piccola impresa agricola nelle Marche, a Cupramontana (AN), terra conosciuta per il Verdicchio Classico. Pochi anni dopo l’azienda viene rilevata dalla famiglia Bianchi-Bernetti, che ne acquisisce il marchio, insieme alla proprietà, e dà il via a un importante impulso produttivo e commerciale. Il 4 gennaio 1968 l’impresa si trasforma in azienda vinicola e, appena un anno dopo, avviene il trasferimento della sede sociale e amministrativa a Osimo (AN). Da quel momento l’evoluzione è continua e costante per Umani Ronchi, che basa la sua strategia di crescita sulla ricerca dei migliori terreni vitati, sulla valorizzazione dei singoli vitigni e sulla sperimentazione delle più evolute tecniche agronomiche ed enologiche. Valori, questi, che le permettono di ingrandirsi, fino a contare una superficie vitata di 210 ettari, convertita interamente a biologico ed estesa sui tre macro territori di Conero, Abruzzo e Castelli di Jesi, di produrre quasi tre milioni di bottiglie all’anno, suddivise in oltre 20 tipologie di vino, e di affermarsi con successo anche sui mercati esteri, dove il marchio, grazie a una percentuale di export che è pari al 70% della produzione, è presente in più di 60 Paesi del mondo e in tutti i continenti. Alla base dell’ascesa ai vertici di questa realtà vitivinicola, che oggi dà lavoro a una sessantina di dipendenti, ci sono la passione, l’intuito e le capacità di colui che ne rappresenta il pilastro da molti anni, Massimo Bernetti, oggi patron della Cantina e vero e proprio ‘Ambasciatore del vino’, come lui stesso si definisce.
Come ha avuto inizio la sua avventura nel mondo del vino?
Mi sono laureato in Scienze Politiche all’Università di Roma e i miei studi prevedevano un percorso verso la carriera diplomatica. In attesa di sostenere l’esame presso il Ministero degli Esteri, mi fu data l’occasione di collaborare con Gino Umani Ronchi, che aveva fondato la sua piccola azienda vitivinicola a Cupramontana, centro del Verdicchio, sulla falsariga del successo dell’anfora di Verdicchio della Fazi Battaglia. Quest’attività, prevalentemente commerciale e che doveva essere solo temporanea, mi entusiasmò al punto tale che decisi di continuare. Il mondo del vino mi permetteva viaggi in Italia e all’estero, conoscenza di culture diverse, abilità relazionali e commerciali e il contatto diretto con il mondo agricolo. E tutto questo, per me, era estremamente affascinante.
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