È necessario differenziarsi, essere unici, avere una propria identità e riuscire a creare un prodotto diverso da tutti gli altri, non solo nel gusto, ma anche nella storia. In questo crede da sempre la famiglia Contini Bonacossi, da un secolo proprietaria della Tenuta di Capezzana a Carmignano, in provincia di Prato. La storia di quest’azienda è caratteristica e saldamente legata al territorio: risale addirittura all’804 D.C. la pergamena ritrovata nell’Archivio di stato di Firenze che riporta un contratto di affitto documentante come, già 1.200 anni fa, qui venissero coltivati olivi e viti per la produzione di olio e vino. Capezzana è una delle poche aziende rimaste, attraverso i secoli, a conduzione famigliare; un’altra peculiarità è la sua appartenenza alla DOCG del Carmignano, una tra le più antiche e piccole DOCG italiane, con un microclima estremamente particolare, e l’unica denominazione tenuta a produrre obbligatoriamente un blend di Sangiovese e Cabernet, vitigno presente in quest’area già dal 1500. L’azienda ha vissuto un momento difficile quando, negli anni 30, la DOCG del Carmignano fu inglobata nel Chianti. A quel punto l’allora titolare, Ugo Contini Bonacossi, fece una scelta strategica e, per i più, discutibile: «Dopo aver constatato che il piccolo Carmignano sarebbe scomparso dentro la gigante DOCG del Chianti – racconta Beatrice Contini Bonacossi, oggi direttore commerciale dell’azienda – mio padre mise in atto una lunga battaglia per riuscire a ottenere indietro la propria identità. Una battaglia che andò a buon fine, con la restituzione alla nostra famiglia della DOCG retroattiva. Fu un momento estremamente complesso, poiché decidemmo di non omologarci, ma di mostrare con orgoglio le nostre differenze e particolarità».
Scelte legate a criteri qualitativi
Oggi Capezzana possiede 650 ettari, dei quali 90 a vigneto e 140 a oliveto, oltre a due ville, una cantina di produzione e un frantoio. Il lavoro di 50 dipendenti consente di conseguire una produzione totale di 450.000 bottiglie all’anno, …
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