La Scolca: vignaioli si nasce!

Chiara Soldati
Chiara Soldati

Nulla ha più senso della passione”. Per assaporare pienamente la propria vita e il proprio lavoro non si può prescindere dall’avere, come motore e ispirazione costante, una grande emozione. Su questo pensiero, che è quasi un imperativo, sono basate l’esistenza e l’attività di Chiara Soldati, CEO e Export Manager di La Scolca, azienda vitivinicola di Gavi (Al) che deve il suo nome a un antico toponimo, il cui significato, nel dialetto locale, è ‘guardare lontano’. E lontano, la famiglia Soldati, ha guardato davvero, fin dal principio, quando, nel 1919, venne presa la decisione di piantare vigneti di Cortese in un territorio esclusivamente vocato alla coltivazione di vitigni a bacca rossa. Questa scelta lungimirante ha portato, negli anni, alla creazione di un vino bianco secco che ha preso il nome proprio dalla sua zona d’origine e ha ottenuto dapprima la DOC, nel 1974, e più tardi, nel 1998, la DOCG. Il Gavi DOCG è ancora oggi il vino più rappresentativo di La Scolca, oltre che un brand conosciuto in tutto il mondo grazie al marchio registrato Gavi dei Gavi®. L’amore per questo prodotto e per gli spumanti è rimasto intatto nella titolare, Chiara Soldati, che da sempre affianca il padre Giorgio nella conduzione aziendale e nell’intento di rafforzare l’immagine, la fama e il posizionamento sui mercati dell’impresa di famiglia.

Forti delle proprie origini, ma non solo

«La scelta di produrre il Gavi fu del nostro capostipite, il bisnonno di mio padre – racconta Chiara –, nell’anno esatto in cui decise di comprare La Scolca. Questa predisposizione trasversale all’innovazione è insita nella nostra azienda fin dalla sua origine e, profeticamente, il nome dà il suo contributo. In casa si è sempre bevuto francese: Chablis, Montrachet, … L’idea perseguita era di creare e produrre, per hobby, un grande bianco italiano sul modello dei vini d’oltralpe, anche se poi parte del vino veniva usato come base spumante per le cuvée di Martini & Rossi e Cinzano. Dopo la Seconda Guerra Mondiale abbiamo deciso di imbottigliare e commercializzare autonomamente. Ci hanno definiti ‘capitani coraggiosi’ per questo». Oggi, dopo un secolo, il bilanciamento fra tradizione e modernità caratterizza ancora fortemente l’azienda. «Il nostro spirito è indomito: siamo partiti dalla scelta radicale di espiantare le bacche rosse per impiantare bacche bianche; in un secondo tempo abbiamo investito in uno spumante monovitigno e, negli anni successivi, in un vino bianco da invecchiamento, con una politica commerciale e produttiva sempre più innovativa. Per essere competitivi e vincenti sul mercato bisogna essere forti delle proprie origini e sicuri della propria identità, ma è necessario anche saper rischiare e guardare oltre. Il non aver paura dei cambiamenti, la libertà di pensiero, questa visione e l’indole caratteriale che ci spinge ad essere sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo fanno parte della nostra genetica e sono il nostro valore aggiunto».

Vendemmia, harvest, of white Cortese grapes at La Scolca Winery in Gavi, Piedmont, Italy.Qualità, innovazione e promozione territoriale

Chiara è così: una donna decisa e appassionata, tenace e curiosa, preparata e razionale, ma determinata a permettersi grandi emozioni. Le tappe professionali che hanno caratterizzato la sua formazione e lo svolgimento della sua attività lavorativa sono state frutto di un percorso assolutamente non casuale, contraddistinto costantemente dalla volontà di approfondire e sviluppare le tematiche di qualità, innovazione e promozione territoriale. «La scelta di proseguire un’attività già avviata da quattro generazioni mi ha portata a sviluppare una forte coscienza del passato, ma anche ad avere sempre un occhio al futuro: l’innovazione, dal punto di vista gestionale, comunicativo e commerciale, è stata fondamentale per me. Prima titolare donna, dopo 70 anni di attività ‘al maschile’, ho voluto occuparmi di tematiche che prima erano poco sentite, come la necessità di porre lo sguardo oltre il confine aziendale e considerare il territorio di produzione come un terreno da curare e sviluppare per una migliore sinergia tra soggetti». Questo giustifica l’impegno che Soldati ha profuso in varie associazioni, come il Movimento Turismo del vino e Donne del vino, e con il MIPAAF all’interno dell’Osservatorio ONILFA, dal 2002 al 2007, così come la collaborazione intrapresa per diversi anni con l’Università Cattolica di Piacenza in qualità di Professoressa del Master di Enologia, marketing del vino e del territorio. «La decisione di perseguire la cura dell’ambiente nella coltivazione dei vigneti e boschi di proprietà è frutto di un’educazione all’ambiente che comincia da lontano, come insegnamento quotidiano famigliare e come esempio da proporre nelle aziende vitivinicole moderne».

Un mestiere che non si può ereditare

L’esperienza professionale di Chiara Soldati è stata precoce e parallela alla sua formazione universitaria: l’attuale titolare ha avuto modo di crescere nei diversi comparti aziendali per poter maturare una preparazione che fosse davvero completa, un obiettivo fondamentale in una realtà sfaccettata come quella che caratterizza un’azienda agricola vitivinicola. «Vignaioli si nasce, tecnicamente lo si diventa. È una frase che ho scritto e in cui credo – afferma Chiara –. Tecnicamente lo si diventa anche acquistando un’azienda, ma si nasce vignaioli quando questa condizione è qualcosa che scegli perché la vivi, la senti e ti appartiene nell’anima. È una radice che nessuna scuola ti può insegnare. Io l’ho sentita e penso sia stato fondamentale l’esempio di mio padre. Questo mio attaccamento alla terra e al lavoro, un po’ ancestrale, è viscerale. La passione, tuttavia, ha bisogno dello scheletro della ragione, così come la ragione, per essere efficace, deve poter contare sull’ampio respiro della passione. La sensibilità per la propria terra si riversa nella sensibilità per il prodotto, per il team, per il cliente. Io lavoro in azienda da oltre vent’anni e ci sono arrivata per scelta mia, con grande impegno e umiltà. Questo è un mestiere che non puoi ereditare – continua l’imprenditrice –: ti deve piacere, e tanto. Il produttore di questo tipo di vino, quello che in inglese è chiamato ‘signature wine’, vino con la firma, crede nel prodotto: lo ama, vuole essere partecipe al momento della produzione ed essere sul mercato, ma non per protagonismo. È un po’ come il legame che vincola uno chef al suo piatto o un artista alla sua opera d’arte. Oggi, dopo una rigida e puntigliosa formazione, posso constatare, ripercorrendo le mie ‘prime’ 25 vendemmie, quanto questo cammino sia stato intenso e abbia donato buoni frutti. Come diceva il cugino Mario Soldati, ‘Il vino è la poesia della terra’: questo pensiero accompagna le mie giornate di lavoro ed è uno stimolo a ricercare sempre la sorpresa e lo stupore, anche nelle azioni più scontate e ripetitive».

La Scolca, Rovereto, Gavi, Piedmont, Italy.Trasmettere sicurezza e affidabilità

Viene naturale chiedersi se, lungo questo percorso, ci siano state criticità particolari, e come Chiara le abbia affrontate e risolte. «Posso affermare con orgoglio che gli obiettivi che mi sono prefissata in passato sono stati raggiunti grazie all’impegno e alla costanza che mi caratterizzano. Quando una donna giovane inizia una carriera in un mondo prettamente maschile, spesso sconta un’innegabile diffidenza e deve dimostrarsi professionalmente preparata, in modo da riuscire a gestire eventuali imprevisti e poter comunicare e trasmettere sicurezza e affidabilità. L’affidabilità è stata proprio la prima caratteristica che ho dovuto e voluto conquistare in azienda». Una volta gestite e risolte le sfide che le si sono presentate, Soldati si è posta l’obiettivo della valorizzazione della denominazione all’interno della quale produce, il Gavi DOCG. «Non ho mai pensato che le differenze di genere fossero una discriminante per raggiungere traguardi professionali – dichiara –. La qualità professionale non ha genere: o sei bravo o non lo sei. Negli anni si sono raggiunti grandi traguardi da questo punto di vista ed è cambiata molto sia la mentalità sia il contesto professionale in cui lavoriamo. La cosa importante è sapere di avere la possibilità di mettersi in gioco: oggi le nuove generazioni hanno molte più opportunità di quante non ce ne fossero vent’anni fa».

Progetti e sogni che non finiscono mai

La sfida che Chiara sa di dover affrontare nei prossimi anni è senza dubbio legata alla scelta di continuare a coltivare una varietà autoctona, investendo sulla territorialità. «Per quello che riguarda l’ambito commerciale, seguiteremo ad approcciarci a nuovi mercati e a misurarci con i Paesi che da poco sono player nel settore della produzione di vino. Bisogna ricordarsi che i produttori non sono solo testimonial del proprio brand, ma di un concetto più ampio di territorio e cultura. La scelta coraggiosa e onerosa dell’autoctono si rivela sempre vincente, soprattutto in un mondo globalizzato dove si registra una forte omologazione, con relativo appiattimento culturale e gustativo: l’autoctono garantisce una specificità che si può trovare solo in un’area ben precisa. Oggi i grandi player internazionali sono quelli che hanno puntato sui vitigni più conosciuti, come lo Chardonnay, il Sirah, il Cabernet, ma nelle grandi occasioni l’autoctono rimane leader incontrastato, preferito dalla fascia di mercato culturalmente più evoluta e raffinata. Il prossimo anno festeggeremo un secolo dalla fondazione dell’azienda: la consapevolezza che da ormai 100 anni accompagniamo brindisi celebri e momenti speciali sulle più importanti tavole del mondo mi riempie di soddisfazione. Pensiamo al futuro con orgoglio, progettando una nuova cantina, puntando su un rinnovato programma di comunicazione e su diversi progetti commerciali internazionali. La nostra ricerca qualitativa sarà costante, così come gli investimenti in innovazione in vigneto e l’attenzione dedicata all’imbottigliamento. Per essere bravi imprenditori – conclude – non bisogna mai essere stanchi di scoprire, sperimentare, innovare. Mio padre mi ha trasmesso la capacità di guardare lontano, pensando in continuazione a nuovi traguardi da raggiungere e a come misurarmi in nuove sfide. E questo è proprio ciò che ancora mi auguro: di conservare sempre l’entusiasmo e la forza di non accontentarmi e di emozionarmi grazie a nuove strade e a nuovi progetti».