Dopo Expo2015, il Governo ha indicato come obiettivo per il settore alimentare un aumento dell’export che porti a 50 miliardi di euro entro il 2020. Grazie a un aumento dell’8% nel 2015 si è arrivati alla quota di 36,9 miliardi.
Cosa c’è dietro il successo di un comparto come l’alimentare, uno dei migliori tra i manifatturieri, con un fatturato di 133 miliardi e 58.000 imprese? Innovazione dei processi produttivi, sviluppo di nuovi prodotti, valorizzazione della tradizione e attenzione ai mercati esteri, secondo un gruppo di ricerca della Università Cattolica che ha presentato oggi il libro “Strategie e performance dell’industria alimentare”. Per la prima volta è stata indagata la performance economico-aziendale del settore, attraverso la rielaborazione dei dati di bilancio di 448 imprese e un questionario rivolto a 120 di esse, caratterizzate da maggiore competitività.
«All’inizio dell’indagine intuivamo che il settore alimentare aveva risposto bene alla crisi, ma l’obiettivo era proprio quello di scoprire le cause di questa tenuta – ha dichiarato Lorenzo Ornaghi, Presidente dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica -. Immaginavamo di dover analizzare sicuramente ragioni di ordine economico, ma la nostra attenzione si è focalizzata anche nel capire chi fossero gli imprenditori, i loro percorsi personali, la loro capacità di far tesoro delle esperienze dei fondatori e, non da ultimo, le modalità con le quali affrontano il tema della successione nella guida dell’impresa».
La prima fase della ricerca ha visto l’analisi dei principali dati di bilancio delle imprese nei sette anni dal 2007 al 2013. In particolare, l’analisi si è focalizzata su: Ricavi, EBITDA/Vendite (margine lordo), ROA (Return on Assets), Posizione finanziaria netta (PFN), Mezzi propri/Mezzi di terzi, liquidità primaria. La seconda fase della ricerca si è basata sulla somministrazione di un questionario alle 120 imprese caratterizzate da maggiore competitività e rappresentative dei diversi comparti.
«L’internazionalizzazione – ha spiegato Fabio Antoldi, Direttore del Centro di ricerca per lo Sviluppo imprenditoriale (CERSI) dell’Università Cattolica e autore del libro insieme a Daniele Cerrato e Antonio Campati – denota inequivocabilmente il Dna delle imprese di successo, un processo non recente e che si sta allargando: stanno comparendo nuove direttrici di export che sono prevalentemente Stati Uniti, Canada e mercati asiatici. A ciò si associa spesso una notevole capacità innovativa, incrementale non radicale, che si manifesta soprattutto nel packaging, nei nuovi formati e nel lancio di nuovi prodotti. Mediamente le imprese d’eccellenza presentano tre, quattro innovazioni all’anno, puntando sulla qualità, ma anche sulla tradizione perché si tratta per la maggior parte di aziende familiari dove le generazioni che si susseguono garantiscono una certa continuità».
Questa forza strutturale del comparto rende possibile l’obiettivo dei 50 miliardi di euro di export da raggiungere entro il 2020, come ha sottolineato Luigi Scordamaglia, Presidente di Federalimentare: «C’è un percorso di continuità che parte dalla ricerca fatta da Ornaghi sulle principali imprese italiane dell’industria alimentare, passa attraverso la grande vetrina di Expo 2015 che si è rivelata un palcoscenico unico per il nostro modello agroalimentare e una piattaforma unica d’incontri di affari, grazie alla presenza di imprese straniere, top buyer, investitori da tutto il mondo, distributori e fornitori, e arriva fino a Cibus 2016. La prossima edizione di Cibus rappresenterà, quindi, l’occasione di consolidare e rilanciare l’eredità di Expo e sarà una nuova occasione di business, l’obiettivo è chiaro: 50 miliardi di export entro il 2020, un obiettivo possibile anche grazie all’apertura verso nuovi mercati dove esportiamo non solo il Made in Italy, ma quello che definiamo Made with Italy, il know how italiano e il modo efficiente e sostenibile di produrre eccellenze. Mostreremo al mondo come nessuno al pari delle nostre aziende alimentari è in grado di coniugare innovazione e tradizione con prodotti d’eccellenza che da un lato affondano in un’ inimitabile tradizione secolare, dall’altro hanno un contenuto di innovazione e servizio che li rende adatti non solo alle esigenze del consumatore di oggi, ma anche a quello di domani».