Un numero crescente di ricerche e studi confermano le ottime performance del tappo a vite per la chiusura del vino in bottiglia. Molti sono i mercati internazionali orientati verso questo sistema di chiusura.
Era il 23 giugno 2011 quando The Hogue Cellar, quarta azienda vitivinicola per importanza nello stato di Washington, cantina appartenente a Constellation Wines U.S. il più importante gruppo vinicolo americano, annunciò di voler tappare in futuro tutta la sua produzione esclusivamente con tappi a vite. La decisione scaturì da un significativo studio che la cantina condusse dal 2005 al 2011 sui suoi vini utilizzando le diverse chiusure presenti sul mercato. Oltre 3200 campioni analizzati, un risultato univoco: il tappo a vite con guarnizione Saranex rappresentava la chiusura ideale per la conservazione e l’invecchiamento dei vini di Hogue Cellars. Uno studio che ancor oggi rappresenta una pietra miliare nel mondo delle chiusure a vite, anche se, a partire dal 2004-2005, numerosi sono stati gli studi effettuati, prima in Oceania, e poi nel resto del mondo per valutare l’efficacia di questa chiusura. Chiusura che cominciò a diffondersi in Francia già negli anni ’70 grazie all’azienda parigina Bouchage Mécanique e che vide un impiego massiccio anche in Italia su dame e bottiglioni negli anni ’80.
«Proprio l’impiego su vini di bassa gamma contribuì probabilmente a creare quell’immagine negativa sul tappo a vite che ancor oggi in Italia ci portiamo dietro», commenta Alessandro Bocchio, General Manager Business Unit Vino Italia per Guala Closures Group, azienda leader nel mondo per le chiusure a vite. «Un retaggio che penalizza non poco i produttori italiani che puntano sull’estero perché il tappo a vite sta conquistando esponenzialmente mercati in tutti i continenti ed è sempre più richiesto come conditio sine qua non per entrare in determinati business».