Nel mondo sono finora circa 6 miliardi le bottiglie di vino prodotte e commercializzate con il tappo a vite. Una chiusura che l’Italia tarda a comprendere, ma che è sempre più richiesta sui mercati internazionali. Se ne è parlato nel corso di un workshop al recente SIMEI. In Australia e Nuova Zelanda, Paesi che hanno fortemente sostenuto la tappatura a vite dagli anni 2004-2005, l’86% delle bottiglie di vino prodotte utilizza questa chiusura; anche il mercato statunitense la impiega con sempre maggiore frequenza (36%) anche su vini di alta gamma. Se in America latina e Canada la penetrazione di questo tappo è ancora contenuta, in Europa, nel Regno Unito, oggi tra i mercati più importanti per l’imbottigliamento del vino, circa la metà delle bottiglie di vino immesse sul mercato utilizza questa chiusura. E in Italia? Con non poca reticenza anche i produttori italiani si stanno gradualmente aprendo al tappo a vite, soprattutto per il vino destinato a quei mercati esteri che lo preferiscono; il dato è del 17%. «Si sono perse fette di mercato importanti a vantaggio di produttori che su questa tecnologia si sono buttati per primi, neozelandesi e australiani», commenta Alessandro Bocchio, General Manager Business Unit Vino Italia per Guala Closures Group. «I vantaggi di questa chiusura sono stati sottolineati da numerose ricerche internazionali effettuate in questi anni su molte tipologie di vino. Solo per citarne qualcuno: il tappo a vite azzera le variazioni qualitative tra bottiglia e bottiglia, facilita lo stoccaggio – nessuna perdita di prodotto, anche con contenitore disposto in orizzontale – la chiusura in alluminio consente le più svariate finiture, è disponibile con diversi gradi di permeabilità all’ossigeno, è pratica nell’apertura e facilmente richiudibile…».
Gianluca Morino enologo e titolare di Cascina Garitina, azienda piemontese, chiude oggi 7 delle sue 11 tipologie di vino con tappo a vite: «Ho cominciato 5 anni fa a utilizzare il tappo a vite per risolvere quelle discordanze qualitative che i miei clienti esteri riscontravano nel mio vino. Ho risolto questo problema e ho avuto subito un riscontro positivo a ProWein, dove un importatore olandese che conosceva il mio vino, ma che non l’aveva mai acquistato per l’utilizzo del tappo in sughero, comprò finalmente quel vino. Da lì è stata un’escalation di feedback positivi, molti conquistati attraverso i social media. Gli innumerevoli assaggi effettuati in questi anni mi convincono sempre più della mia scelta, e presto estenderò ad altri dei miei vini la tappatura a vite».
Un ulteriore approfondimento sul tema ‘tappo a vite’ sarà pubblicato sul numero di febbraio 2016 di Imbottigliamento.