Luci e ombre per l’export di vino italiano negli Usa e in Gran Bretagna

Vino biancoCon complessivi 7,8 miliardi di euro, Stati Uniti e Gran Bretagna rappresentano i due principali mercati di importazione, pesando per circa il 30% sul commercio internazionale (fonte: Wine Monitor). In entrambi i paesi, il vino italiano figura nelle posizioni di testa: primo negli Usa con una quota superiore al 32% delle importazioni, secondo in UK con il 18% (dopo la Francia che svetta con un 34%). Sul fronte dei vini fermi imbottigliati, il 2014 si era chiuso per l’Italia quasi invariato in termini di volumi esportati negli Usa (-1%) e in crescita del 10% sul mercato inglese, mentre erano risultati in grande spolvero gli sparkling su entrambi i mercati (+15% negli Stati Uniti, +87% nel Regno Unito) grazie soprattutto al successo del Prosecco.

I primi dati sulle importazioni al I quadrimestre 2015 per questi due mercati fanno emergere una situazione in chiaro-scuro. Negli Stati Uniti, continua la corsa degli sparkling (+46%) mentre continuano ad arrancare i vini fermi (appena +1%); stesso discorso in Gran Bretagna dove gli spumanti aumentano nei volumi per l’88% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, mentre arretrano i fermi imbottigliati (-3%). Ma forse il dato che più fa riflettere per entrambi attiene alle variazioni in valore. Andando a misurare questi cambiamenti nella valuta locale (dollaro e sterlina), gli incrementi appaiono inferiori, a dimostrazione di una sostanziale riduzione dei prezzi medi di vendita mitigata in parte dal rafforzamento del tasso di cambio di tali valute nei confronti dell’euro. In altre parole, quello che sembra emergere da questi primi dati, è la volontà delle imprese italiane di “cavalcare” la svalutazione dell’euro per ampliare le proprie quote di mercato all’estero, in una logica di massima allocazione delle quantità disponibili (soprattutto per quanto attiene agli sparkling). E se questo ha indubbiamente una sua logica nel caso dei vini “comuni” venduti sfusi, risulta invece di più difficile comprensione nel caso di importanti denominazioni, attualmente oggetto di una forte domanda di mercato.