Fare squadra con il crowdfunding: il progetto Fundovino

shutterstock_2424186È in terra di Francia che ha preso il via il progetto Fundovino, ossia la piattaforma realizzata per raccogliere finanziamenti per avviare progetti provenienti da tutto il mondo dedicati all’universo vino. Il sistema di funzionamento e lo spirito che animano il progetto sono piuttosto semplici: è sufficiente presentare la propria idea con un video dimostrativo per convincere i potenziali finanziatori e stimolare la corresponsione di cifre, anche piuttosto modeste, che possano contribuire a rendere concreta l’idea imprenditoriale. Una raccolta di fondi dal basso che già in passato aveva coinvolto altri settori e che ora si prova a diffondere anche nel comparto vitivinicolo. Dall’agosto dello scorso anno, data in cui è stata lanciata la piattaforma, sino al 31 dicembre 2014 (ultimo dato aggiornato) sono stati otto i progetti presentati, che hanno raccolto circa 100.000 euro. Tutti coloro che hanno dato il proprio contributo potrebbero vedersi recapitare una o più bottiglie di vino prodotte nell’ambito della progettualità o partecipare alle degustazioni che saranno organizzate. Nel malaugurato caso in cui il progetto non dovesse raggiungere i traguardi prefissati, ai partecipanti verrebbero restituite le somme corrisposte.

E in Italia?

Il crowdfunding fatica ancora ad attecchire. «Il progetto “In Vino Veritas”, purtroppo, non ha avuto molto successo. Infatti – ci spiega Claudio Fioresta, creatore della piattaforma Crowdfunding Italia – la raccolta fondi non è andata a buon fine. Il motivo per cui molti progetti non vengono finanziati spesso e volentieri è la “scarsità” dei premi di donazione impostati dagli utenti. Molti pensano che solo perché un progetto è interessante, la gente sarà disposta a donare senza ricevere nulla in cambio. Inoltre, lo sforzo da parte del promotore del progetto deve essere concreto: non basta pubblicare il progetto su un portale, bisogna anche pubblicizzarlo, diffondere il link, comunicare dettagli dei propri piani e cosi via. I social media, per esempio, sono il mezzo più adatto per la diffusione di un progetto e vanno a nozze con lo spirito del crowdfunding. Anche la TV ha avuto molta importanza fino ad ora: l’interesse crescente verso il crowdfunding ha portato vari programmi a parlare della materia e nei giorni successivi abbiamo registrato un enorme numero di visitatori. Ancora purtroppo poche donazioni ma stiamo crescendo».

Qualcosa, quindi, si muove ma a piccoli passi. Come conferma anche la seconda esperienza. «Il nostro progetto “Sogni fuori dal cassetto” – ci racconta Carlo Zanaboni – ha collaborato con l’iniziativa di crowdfunding “Il vino di Giulio Cesare”, allestita dal noto winemaker Roberto Cipresso nell’ambito della campagna “Temporibus”. In pratica lo scorso anno abbiamo avviato una campagna di raccolta fondi che tuttavia non ha raggiunto l’obiettivo, ossia quello di riscoprire i sapori e i profumi del vino che si beveva nell’antica Roma: ai partecipanti sarebbero andate una o più bottiglie del vino prodotto. In effetti ci aspettavamo il mancato raggiungimento del risultato ma il test ci è servito tantissimo in termini di marketing e di comunicazione. Il nostro obiettivo principale era, infatti, quello di “sollecitare” una nicchia di appassionati ed in effetti ci siamo riusciti, visto che a diversi mesi di distanza dalla chiusura del progetto ancora oggi sono numerosi coloro che ci chiedono informazioni per partecipare. Abbiamo imparato molto. Non bisogna improvvisare ma organizzare in maniera professionale il progetto che si ha in mente». Alla resa dei conti, ci si accontenta per il momento di aver allargato la community e di aver avuto un concreto riscontro sull’effettiva consistenza di una nicchia di mercato interessata a vini realizzati con il recupero di vitigni scomparsi ormai da secoli.

Le diverse tipologie di crowdfunding
Differenti possono essere le versioni che può assumere il finanziamento collettivo. Si passa dai sistemi donation based, ossia donazioni finalizzate a sostenere una specifica causa o iniziativa solitamente a carattere umanitario, quindi senza avere nulla in cambio, al reward based (oggi, probabilmente, il metodo più diffuso) grazie al quale si partecipa al finanziamento del progetto in cambio di un premio o di un riconoscimento non in denaro; e ancora, dal social lending o peer to peer lending, utilizzato per realizzare prestiti tra privati, ricompensati con il pagamento di interessi, al royalty based tramite cui si finanzia un’iniziativa e si viene ripagati con i profitti della stessa; per finire con l’equity based attraverso il quale si acquistano le partecipazioni di una società.

articolo tratto e rielaborato da VQ – 2 aprile 2015