Le colline moreniche scivolano morbide fino alle sponde del lago d’Iseo e si specchiano nelle sue acque mettendo in risalto il preciso lavoro dell’uomo nel modellare i pendii con le vigne. Siamo in provincia di Brescia e qui si trova Franciacorta, un territorio ben preciso, ma anche un marchio famoso nel mondo che significa prima di tutto spumanti di alta qualità, ma anche vini rossi e bianchi eccellenti. Ca’ del Bosco fa parte di questo miracolo italiano, nato negli anni ’60, grazie ad Annamaria Clementi Zanella che si innamora di una piccola casa in collina circondata da un fitto bosco di castagni in Franciacorta e la acquista. Solo qualche anno dopo, precisamente nel 1967, il figlio di Annamaria, Maurizio Zanella pensa che quel terreno è adatto alla coltivazione della vite e impianta i primi vigneti. Gli anni successivi sono dedicati alla studio del terreno e del territorio, alla ricerca di una strada enologica che sia all’avanguardia, alla progettazione di una vigna che sia la migliore possibile, a una tecnica di vinificazione che arrivi alla perfezione. Dopo aver “studiato” in Francia nella zona dello Champagne i segreti del vino più famoso del mondo, Maurizio Zanella nel ’73 commercializza il primo Bianco di Franciacorta grazie anche alla collaborazione di uno chef de cave francese André Dubois. Già nel 1976 si iniziano a produrre i primi tre spumanti: il Brut, il Dosage Zéro e il Rosé che saranno stappati tra il 1978 e il 1979.
Passione e innovazione
Inizia così un’avventura esaltante dove l’obiettivo principale è raggiungere la qualità e far divenire il vino un’opera d’arte. Dal 1985 l’enologo di Ca’ del Bosco è Stefano Capelli che ha portato un’ulteriore ventata di innovazione e di tecnologia. La nuova cantina ha ampliato la sua estensione passando da 10.000 m2 a 20.000 m2, non per raddoppiare la produzione, ma per migliorare la tecnologia degli impianti. «Una tecnologia al servizio dell’uva, con la caratteristica di ridurre al minimo i trattamenti sul vino – spiega Stefano Capelli. Lo scopo è esaltare le caratteristiche di un’eccellente materia prima, interferendo il meno possibile con gli agenti esterni. Tutto questo è diventato il ‘Metodo Ca’ del Bosco’. Qualcosa di personale e forse un po’ folle, crediamo unico. Vuol dire avere a cuore la qualità del vino, l’integrità del territorio e il rispetto della tradizione. Anche se da noi il termine tradizione significa continuare a migliorarsi, non adagiarsi mai nella generica celebrazione della memoria. In Ca’ del Bosco coniughiamo modernità e passato».
Viticoltura biologica certificata… ma non basta
Anche in ambito vitivinicolo si discute sull’effettiva possibilità di produrre vino biologico. Ca’ del Bosco ha fatto la scelta di affrontare questa sfida con precisi interventi sia in vigna, sia in fase di produzione. In particolare per il Franciacorta si comincia dalla raccolta delle uve Chardonnay fatta rigorosamente a mano e in piccole cassette di circa 15-17 kg ciascuna, affinché i grappoli non si schiaccino. Poi si passa al Pinot nero e al Pinot bianco. Arrivata in cantina, l’uva viene sistemata in apposite celle di raffreddamento in attesa di selezione e pigiatura che avverrà con delle presse progettate apposta per Ca’ del Bosco. Alla pressatura dei grappoli interi segue il frazionamento del mosto in tre qualità: la prima comporrà le cuvée più prestigiose, la seconda sarà utilizzata solo in parte e la terza verrà scartata. Il mosto poi passa nei tini di fermentazione per caduta sfruttando la gravità, senza utilizzo di pompe che stressano mosti e vini. Inoltre si vinificano separatamente le uve provenienti dai vari vigneti, per rispettare i diversi terroir e solo nella fase di affinamento si assemblano i vini ottenuti. Questo consente ad ogni vitigno di esprimersi al meglio. Anche la scelta dei lieviti è particolare: si preferiscono lieviti neutri per non intaccare la specificità delle uve. Sull’uso delle barrique si seguono regole chiare, il legno è necessario per esaltare il profilo aromatico di ogni vino, ma non deve divenire mai una componente dominante. «Ca’ del Bosco ha ovviamente a cuore la conservazione del potenziale produttivo delle sue terre, la sostenibilità del proprio terroir- conferma Stefano Capelli. In questi ultimi anni abbiamo fatto la scelta importante che ci porterà a breve a condurre tutti i nostri 181 ettari di vigneti seguendo il protocollo della viticoltura biologica certificata. Abbiamo iniziato la conversione al biologico nel 2011 e a oggi più di 100 ettari sono a conduzione bio. Le restanti vigne saranno convertite nei prossimi tre anni. Essere biologici è sicuramente un plus, tuttavia siamo convinti che il solo fatto di essere bio non possa essere sinonimo di qualità, né tantomeno di eccellenza. Avvertiamo il rischio di una contrapposizione sterile tra modernisti e tradizionalisti, di una disputa ideologica che finisca col giustificare, magari in nome della naturalità, vini difettosi o comunque deludenti. Nel mondo del vino non esistono scorciatoie o formule magiche. La naturalezza di un prodotto non significa rinuncia alla chiarificazione o erigere il mito del lievito indigeno. Nella nostra azienda ogni anno sperimentiamo soluzioni volte all’ulteriore miglioramento del prodotto e alla ricerca assoluta della genuinità e purezza del vino. Questa ricerca continua ci ha permesso, ad esempio, di ridurre drasticamente l’uso di solfiti. I nostri Franciacorta oggi hanno contenuti in solforosa totale inferiori ai 50 mg/litro, quantità di gran lunga inferiori ai limiti legali UE: 185 mg/litro per gli spumanti classici convenzionali e 155 mg/litro per gli spumanti classici bio. A partire dall’autunno 2012 la nostra sfida è stata di riportare in etichetta l’esatta concentrazione di solfiti presenti nella bottiglie dei nostri Millesimati». Uno degli aspetti del metodo “biologico” riguarda la tutela dell’ambiente, per ridurre al minimo l’uso di antiparassitari e privilegiare l’utilizzo di sistemi naturali per limitare al minimo o eliminare l’inquinamento di aria e terreno. Anche questo aspetto vede Ca’ del Bosco molto attenta nelle sue scelte “ambientaliste”. «Per la difesa antiparassitaria in vigna abbiamo introdotto macchine irroratrici innovative dotate di sistemi di distribuzione calibrata in base alla parete fogliare e di sistemi di recupero totale del prodotto distribuito in eccesso. Inoltre sono state realizzate delle barriere naturali con siepi di càrpino per contenere il rischio di deriva dei trattamenti fitosanitari nei vigneti adiacenti a piste ciclabili ed ad aree frequentate dalla popolazione. Le acque di lavaggio delle macchine per la distribuzione di antiparassitari vengono trattate con sistemi di fitodepurazione. Per l’irrigazione del parco aziendale abbiamo creato degli invasi artificiali alimentati con le acque meteoriche raccolte dai tetti e dai piazzali della cantina e con acque recuperate dalla depurazione dei reflui di cantina».
- Depallettizzatore bottiglie vuote: ACMI
- Lavabottiglie a ranghi: Bardi
- Riempitrice elettronica: KHS
- Tappatrice triblocco (corona/bidule/sughero): AROL
- Selezionatrice e orientatrice tappi sughero naturale: Mar.Co.
- Sistema di trasporti: ACMI
- Sistema CIP: Adue
- Robot incestonatore: ABB EVOLUT
- Produzione oraria: 4.500 bottiglie
- Produzione giornaliera: circa 35.000 bottiglie
Le “Terme degli acini”
Da qualche anno è stato introdotto un innovativo sistema di lavaggio delle uve chiamato “Terme degli acini” che è parte integrante del Metodo Ca’ del Bosco, portando notevoli vantaggi finali sulla qualità del vino. Lo spiega nel dettaglio Capelli: «Le ‘terme degli acini’ sono senza dubbio la novità più rilevante del Metodo Ca’ del Bosco. Dalla vendemmia 2008 i nostri Millesimati e dal 2012 il resto della produzione sono più puri. Ci siamo resi conto che buona parte dei problemi delle prime fasi della vinificazione derivano banalmente dalle impurità presenti sull’uva raccolta. Come su tutta la frutta, sull’acino, quindi nel vino, sono presenti moltissime sostanze più o meno nocive, anche di origine naturale. Prima di tutto le micotossine, prodotte da muffe e funghi parassiti che possono costituire la microflora delle uve in raccolta. Paradossalmente, le uve coltivate secondo il metodo biologico sono le più esposte a questo rischio. Sulle bucce dell’uva si possono inoltre trovare, anche se in dosi infinitesimali, gli agenti inquinanti presenti nell’ambiente. Ovviamente, sull’uva, rimangono anche residui dei prodotti antiparassitari. Nell’acino, nel mosto, nelle fecce, nelle vinacce. E quindi nel vino. Questa concentrazione, più o meno elevata, di sostanze indesiderate è riducibile di circa l’80% con il nostro sistema di lavaggio delle uve. Dopo la raccolta a mano e il raffreddamento in cella, le nostre cassette d’uva vengono rovesciate delicatamente. Ha poi luogo una cernita manuale di tutti i grappoli, per togliere tutto quello che non merita di diventare mosto. A questo punto inizia il lavaggio delle uve. Un percorso di tre vasche di ammollo, che prevede il movimento e il galleggiamento dei grappoli per borbottaggio d’aria per cinque minuti e, infine, l’asciugatura, affinché il mosto non risulti diluito. È un uva-lavaggio gigantesco e rivoluzionario, che libera gli acini dalle sostanze tossiche indesiderate. Ca’ del Bosco ha investito decisamente su questo complesso sistema, perché ha a cuore la salubrità e la purezza del vino. I vantaggi qualitativi sono molteplici e particolarmente evidenti se solo si pensa alla facilitazione del metabolismo fermentativo dei lieviti: quindi niente profumi “ridotti”, niente sfumature inespresse. Possiamo affermare che dal 2012 i nostri vini sono più puri, più digeribili, più buoni. Sì, più naturali».
Controlli qualità su tutta la linea
Nella cantina di Ca’ del Bosco si procede a eseguire controlli anche prima dell’imbottigliamento, cominciando con il controllo della neutralità dei residui di acqua dopo il risciacquo delle superfici della riempitrice e della tappatrice, poi si verifica il corretto funzionamento della sonda dosatrice di detergente basico nella lavabottiglie, a seguire si verifica con standard della sonda di monitoraggio ozono. All’avviamento della linea si effettua la verifica della neutralità del residuo d’acqua all’interno delle bottiglie in uscita dalla lavabottiglie. Durante l’imbottigliamento si eseguono in linea controlli per il monitoraggio del pick-up dell’ossigeno partendo dalla vasca di imbottigliamento, ingresso/uscita dei filtri, ingresso alla riempitrice, dopo il riempimento e infine dopo la tappatura (Ossigeno Totale in Bottiglia). Per i vini fermi si controlla la profondità di inserimento del tappo e la pressione interna allo spazio di testa. Per i Franciacorta si parte dal controllo della profondità di inserimento della bidule, poi si passa al controllo visivo del corretto parallelismo e dell’assialità del tappo a corona sull’imboccatura e infine c’è il controllo con calibro del corretto serraggio del tappo a corona. Segue il monitoraggio della neutralità del residuo d’acqua all’interno della bottiglie in uscita dalla lavabottiglie; infine in laboratorio si eseguono i controlli microbiologici sul vino in vasca, all’uscita dei filtri, all’ingresso della riempitrice, dopo la riempitrice e dopo la tappatura. Stefano Capelli conclude: «In Ca’ del Bosco crediamo che il vino debba essere sano e di qualità. Nobile. Crediamo che Ca’ del Bosco, oggi, sia come volevamo che fosse: pioniera, folle, vera».