La sostenibilità d’impresa cerca manager competenti

CCHBCI_3La sostenibilità ambientale e l’attenta gestione dell’energia necessaria alla realizzazione di un progetto industriale sono considerati punti qualificanti per rendere accettabile qualunque azione intrapresa. Da qui l’esigenza di definire le competenze senza le quali è impossibile raggiungere gli obiettivi rispondendo alla domanda di un’opinione pubblica sensibile alle modalità con le quali questi vengono perseguiti dalle imprese. È ormai diffusa la consapevolezza che il mondo in cui viviamo non è stato ereditato dalle generazioni che ci hanno preceduto. Non possiamo disporne a nostro piacimento per la soddisfazione immediata dei bisogni, dobbiamo invece tutelarlo il più possibile per offrire anche a chi verrà in seguito la possibilità di viverci in maniera adeguata. Ne consegue che la sostenibilità deve essere integrata nella gestione di ciascun progetto industriale sviluppando concetti e pratiche che, mentre si lavora alla qualità dei prodotti, prevengano i rischi che possono ridurre la sicurezza e creare danni all’ambiente.

Enrico De Giuli
Enrico De Giuli

Si inserisce in questo complesso quadro la figura del Sustainability Manager, le cui responsabilità spaziano in varie direzioni nella struttura organizzativa dell’impresa.

Ne abbiamo parlato con Enrico De Giuli, Country Operational Sustainability Manager di Coca Cola HBC Italia che fa capo al Gruppo Hellenic, con il quale la multinazionale del beverage analcolico presidia i mercati dell’Europa mediterranea.

Di che cosa si occupa un Sustainability Manager?

Nella struttura organizzativa del Gruppo Hellenic di Coca Cola la funzione Operational Sustainability compendia tre principali stream: Qualità, Sicurezza e Ambiente. La struttura è replicata a livello di ciascuna country. Di conseguenza in Italia esiste un Country Operational Sustainability department centrale situato nell’headquarter di Milano che si pone al servizio delle diverse strutture operative, si tratti di stabilimenti di produzione piuttosto che di magazzini di stoccaggio materie prime o prodotti finiti che comprendono a loro volta magazzini di plant, magazzini esterni e fast-flow, fino alla struttura distributiva e commerciale.

Che competenze sono richieste per svolgere questo ruolo?

Le competenze generali sono riconducibili alla conoscenza dei processi produttivi e delle logiche distributive, con particolare riguardo alla food safety, alle implicazioni ambientali generali e specifiche. Tra queste vi sono il reperimento e l’accesso alle risorse idriche, i processi di trattamento e la corretta eliminazione delle acque di scarico. Ma non bisogna trascurare la produzione e il consumo di energia, l’impronta ambientale e via di seguito. Va da sé che è necessario conoscere a fondo le norme nazionali ed europee di riferimento, la loro implementazione e rispondenza ai sistemi produttivi e di gestione di qualità, ambiente e sicurezza, generalmente riferiti alle norme ISO9001, FSSC 22000, ISO14001 e OHSAS 18001.

Obiettivo primario è assicurare la soddisfazione del consumatore attraverso l’offerta di prodotti eccellenti, disponibili e accessibili aventi un impatto sostenibile riguardo agli ambienti e ai processi produttivi che devono essere rispettosi dell’ambiente naturale e delle sue risorse.

Quali progetti avete attuato o avete in corso in Italia e negli altri mercati di vostra competenza con l’obiettivo di ridurre l’impatto sull’ambiente?

In linea generale tutte le azioni, i progetti, gli investimenti, i piani di sviluppo e di adeguamento tecnologico sono da anni uniformati al raggiungimento degli obiettivi fissati a livello Hellenic Group per l’anno 2020. Questi target sono congruenti e talvolta superano gli obiettivi proposti dall’Unione Europea.

Può descrivercene alcuni?

Tra gli ambiti più significativi citerei innanzi tutto quello che riguarda le risorse idriche, fondamentali nella produzione delle bevande analcoliche. In quest’ambito si tratta di ottimizzare le risorse idriche disponibili mediante analisi di vulnerabilità e piani di protezione e conservazione. A questi si aggiungono interventi di revisione sistematica di tutti i processi in atto nella filiera produttiva per minimizzare il consumo d’acqua e incrementare il recupero ai fini del riutilizzo in fasi secondarie come lavaggi, raffreddamento, servizi e altro ancora.

Per fare tutto ciò tendiamo ad adottare tecnologie a ridotto o nullo consumo d’acqua.

Il vostro impegno non potrà fare a meno di intervenire sulle risorse energetiche…

Certo, con Key Business Indicator che riguardano l’Energy Ratio, nel nostro caso la quantità di energia impiegata per la produzione di un litro di bevanda finita. Da qui la produzione ottimizzata di energia elettrica, termica e il recupero di anidride carbonica allo stato liquido in impianti di cogenerazione, nello specifico “tri” e “quadri” generazione.

Vi è già, inoltre, un forte contributo aziendale all’impiego di energie rinnovabili concretizzato nell’installazione in ogni sito aziendale di pannelli fotovoltaici e nell’implementazione di sofisticati sistemi di mappatura e monitoraggio dei consumi energetici. Aggiungerei l’ottimizzazione dei processi “energivori” attraverso il rimpiazzo di apparecchiature elettriche e termiche obsolete con altre di ultima generazione, come inverter e LED illuminanti, e gli interventi sistematici di riduzione dei consumi impropri dipendenti da fatti gestionali attraverso lo spegnimento di macchine in stand-by. L’insieme si completa con interventi su coibentazioni e perdite di vapore, di fluidi in pressione o dovuti a scambi termici.

Come agisce la funzione del Sustainability Manager verso gli ambienti e procedure di lavoro?

Con la razionalizzazione e la semplificazione dell’uso di chemicals e lubrificanti ad esempio, cui seguono controlli sulla produzione di rifiuti, selezione e riciclo. Operiamo una separazione spinta dei materiali di rifiuto destinando al riciclo separato – come materie prime secondarie – oltre il 98% dei rifiuti prodotti in ambito produttivo. Ma questa considerazione ci introduce al corretto impiego delle materie prime e dei materiali di confezionamento tramite da un lato l’ottimizzazione del packaging primario con il lightweighting delle bottiglie di PET e vetro, il downgauging delle lattine, del fascia etichette, degli elementi di chiusura e così via e, dall’altro lato, la riduzione dell’impiego di materiali di packaging secondario: mi riferisco sostanzialmente ai film termoretraibili ed estensibili e al cartone.

CCHBCI_4Considerando peso e volumi consistenti dei prodotti Coca Cola immagino che anche i trasporti incidano sull’attività del Sustainability Manager. Quali sono i suoi compiti in questo segmento?

Si tratta di puntare all’ottimizzazione continua dei processi di planning mirando alla riduzione dei trasferimenti di materiali e prodotti finiti tra siti produttivi, magazzini e filiera distributiva, con l’impiego ove possibile del trasporto su rotaia per grandi distanze, in particolare per quanto riguarda la movimentazione di acqua minerale.

A che punto siete rispetto ai vostri concorrenti?

Siamo sicuramente fra i primi posti nel ranking di settore, ma ci siamo imposti di posizionarci al top entro il 2020. Si tenga presente che Coca Cola ha ottenuto, anche grazie ai risultati della country Italia, il rating A nel Carbon Disclosure Project ed è stata riconosciuta leader europeo e mondiale secondo gli Indici di Sostenibilità del Dow Jones index.

I nostri dipendenti sono costantemente coinvolti sugli aspetti ambientali attraverso l’utilizzo di svariati strumenti. Cito come esempio:

  • la Formazione d’ingresso che si basa prevalentemente su temi di sicurezza e ambiente;
  • i Toolbox Talk, momenti d’incontro settimanale tra team leader e propri riporti dove si trattano vari temi tra i quali sempre sono inclusi temi riguardanti ambiente e sicurezza;
  • il Total Quality Day, un evento annuale dove tutto il personale viene coinvolto in formazione e informazione basata su Qualità, Sicurezza e Ambiente.

I nostri clienti sono invece continuamente sensibilizzati e informati da parte dei nostri oltre mille Market Developers distribuiti su tutto il territorio nazionale, i quali sono annualmente “trainizzati” su questi argomenti e supportati da materiale disponibile sui loro tablet.

Su quali parametri valutate la vostra sostenibilità?

Sul raggiungimento dei nostri sfidanti obiettivi annuali che costantemente centriamo nonostante la criticità che ha caratterizzato il mercato negli ultimi anni.

Su che base decidete gli obiettivi di miglioramento in termini di packaging, efficienza energetica, trasporti, vending machines e coolers a minor impatto ambientale, riduzione dei consumi di acqua per litro di prodotto finito, riciclo dei rifiuti solidi e così via?

Abbiamo chiare direttive condivise a livello di Hellenic Group. Una road map che ci porterà nel 2020 a centrare in tutte le aree citate obiettivi molto sfidanti. In tal modo ci collocheremo come sostenibilità al top nel nostro settore.

Che fate in termini di sicurezza sul lavoro e riduzione degli infortuni?

La tensione e l’impegno verso l’azzeramento degli infortuni sul lavoro, sia all’interno dei siti produttivi e distributivi sia nel settore commerciale, rappresentano un obiettivo fondamentale e irrinunciabile della nostra organizzazione. Gli strumenti utilizzati per il raggiungimento degli obiettivi sono stati anzitutto la formazione efficace delle persone, la diffusione condivisa delle regole fondamentali, quali l’uso costante dei mezzi di protezione individuale e collettiva, e il rigoroso rispetto delle regole.

La filosofia aziendale che ho esposto trova applicazione materiale con il costante utilizzo di strumenti pratici che ha consentito un sistematico abbattimento della numerosità degli eventi infortunistici, in percentuali inizialmente anche del 50% annuo. Il confronto con il valore medio dell’incident-rate del settore pone la nostra azienda in posizioni di eccellenza.

Che cosa intende con strumenti pratici?

Mi riferisco ad esempio a:

  • audit frequente e pianificato dei luoghi di lavoro da parte dei preposti;
  • colloquio diretto e pianificato tra preposti e collaboratori su argomenti relativi alla sicurezza;
  • rilevazione sistematica dei “near-miss” che sono i “quasi-incidenti” senza conseguenze sulla  persona;
  • sistematici interventi correttivi a seguito d’incidenti, near-miss e segnalazioni/suggerimenti;
  • partecipazione della totalità dei conducenti di automezzi aziendali, dai dirigenti ai commerciali, a corsi safe-eco-driving;
  • pianificazione di azioni formative e campagne per diffondere la cultura della sicurezza, con il particolare obiettivo di sviluppare nell’intera popolazione la consapevolezza e la pratica quotidiana di comportamenti sicuri per eliminare anche i residui “behavioural based accidents”.
I numeri di un leader
ccvap330ml_rgbCoca-Cola HBC Italia è il più grande produttore e distributore di prodotti della The Coca-Cola Company nel nostro Paese. Con oltre 2.000 dipendenti, 26 linee di prodotto, 5 stabilimenti e 4 magazzini, copre il 95% dei volumi nazionali. Nata nel 1995 come Coca-Cola Bevande Italia, nel 2005 assume la denominazione di Coca-Cola HBC Italia in seguito al cambio di nome della holding da Coca-Cola Beverages a Coca-Cola Hellenic Bottling Company (Coca-Cola HBC). Nel 2008, Coca-Cola HBC Italia acquisisce Socib, Società d’imbottigliamento Bevande del Gruppo Capua, attiva nel Sud Italia fin dal 1960. La sua forza commerciale comprende una rete capillare di circa 1.100 persone. I prodotti sono presenti in 17.000 punti di vendita nel trade moderno e in 140.000 punti di consumo fuori casa. Coca-Cola HBC Italia opera con una struttura produttiva razionalmente distribuita sul territorio nazionale per soddisfare al meglio la domanda. Dispone di 3 stabilimenti situati a Nogara (VR), Oricola (AQ) e Marcianise (CE). Altre 2 unità, riservate alla produzione di acqua minerale, si trovano a Rionero (PZ) e Monticchio (PZ).
Come avete coinvolto dipendenti e clienti sui temi di cui abbiamo parlato?

Quali requisiti etici e di sostenibilità chiedete ai fornitori?

I nostri fornitori sono tutti validati preventivamente e in seguito valutati annualmente dal punto di vista tecnico professionale. Nella validazione e valutazione sono compresi tutti gli aspetti relativi alla sostenibilità.

Tra i vostri progetti più ambiziosi vi è quello denominato Plant-bottle. Ce ne vuole parlare?

Il progetto Plant-bottle consiste in un grande passo verso l’impiego di materiali – in questo caso plastiche poliesteri – realizzati con impiego di reagenti parzialmente ottenuti da sostanze vegetali anziché da combustibili fossili, nel nostro caso il petrolio. Il PET così ottenuto è chimicamente e strutturalmente identico a quello derivato da prodotti petroliferi, ma ovviamente ha un diminuito impatto sulle risorse non rinnovabili e quindi è più sostenibile.

Si tenga presente che la Plant-bottle non deve essere confusa con le bottiglie reclamizzate come verdi/vegetali/biodegradabili costituite da polimeri chimicamente differenti e con caratteristiche fisico-chimiche e meccaniche ben diverse dal PET.