Per complessità aromatica, corpo e longevità certe birre artigianali non hanno nulla da invidiare a un vino di pregio, tanto da poter essere degustate dopo anni di maturazione in bottiglia. Un esempio? L’Imperial Russian Stout di Maltus Faber, il birrificio di Genova situato in Val Polcevera, a Ponente della città, dove agli albori dell’industrializzazione trovarono posto molte delle prime imprese del capoluogo ligure, compresa la Birra Cervisia, marchio scomparso da tempo e del quale è rimasto solo il bell’edificio in attesa di restauro proprio di fronte alla sede dell’azienda artigiana.
Pastorizzazione no grazie
Ispirate agli stili del Nord Europa, e a quelli belgi in particolare, le birre di Maltus Faber, attiva dal 2008, non sono sottoposte alla pastorizzazione industriale che appiattisce i caratteri organolettici. Si utilizzano invece ingredienti e lieviti che, continuando a vivere e a rifermentare in bottiglia a lungo, possono mantenere per anni i tratti distintivi. Come accade con l’Imperial, ma anche con l’Extra Brune proposta in una versione che prevede, prima del confezionamento, la maturazione in barrique di rovere che hanno contenuto Brunello di Montalcino e Bricco dell’Uccellone, una delle migliori Barbera piemontesi. In entrambi i casi la morbida piacevolezza della birra viene arricchita e completata da note legnose e vinose. Le ricette messe a punto da Maltus Faber, fondato da Massimo Versaci e Fausto Marenco, utilizzano miscele di malti di vario tipo che hanno una forte influenza nella determinazione sia del grado alcolico sia del colore della birra che s’intende ottenere. Infatti, aumentando la quantità di malto impiegato il grado alcolico sale, mentre la bevanda diventa più scura incrementando la tostatura del malto. Ecco perché si possono avere birre chiare molto alcoliche (con più malto ma poco tostato), e all’estremo opposto birre scure poco alcoliche (con una quantità moderata di malto ma parecchio tostato, talvolta quasi nero).
L’imbottigliatrice
Per proporre ai consumatori birre in grado di conservare la loro qualità fin nel bicchiere è tuttavia necessario dotarsi di un impianto di confezionamento all’altezza, pur dimensionato sui volumi di produzione di un birrificio artigianale. La scelta dei due soci è caduta sull’imbottigliatrice Easy Line System Beer prodotta dalla Quinti di Marciano della Chiana (Ar) che, specializzata anche nel confezionamento di vino e olio, proprio con il birrificio genovese ha avuto l’occasione di avvicinarsi al pianeta birra. «Insieme abbiamo dovuto risolvere il problema della schiuma, con il quale il costruttore toscano non si era mai confrontato. La macchina consente l’utilizzo di bottiglie di diverso formato cambiando semplicemente la dimensione dei piattelli sui quali vanno appoggiate, prima che il congegno che le trasporta le posizioni sotto gli ugelli di riempimento». Commenta ancora Versaci: «La maggior parte dei birrifici artigianali non produce quantità tali da poter essere confrontati con l’industria e con le sue grandi linee di confezionamento che rendono ragionevole installare impianti automatici di dimensioni gigantesche. Spesso nei birrifici mancano proprio gli spazi per certi macchinari».
- Produzione bottiglie/ora: fino a 330 unità circa da 750 ml (dipende dal tipo di birra e di bottiglia adottato)
- Formati bottiglie: 330 ml, 750 ml e 1000 ml comunque tutte entro un’altezza compresa tra 220 mm e 390 mm, con un diametro massimo di 110 mm e con diametro foro collo bottiglia minimo di 17 mm
- Tipologia tappo corona: diametro 26 e 29 mm con “bidule corto”
- Capacità vasca di contenimento: 25 l circa
- Peso complessivo: 360 kg circa
- Dimensioni: lunghezza 2.100 mm circa; profondità 900 mm circa; altezza 2300 mm circa
- Alimentazione elettrica: monofase 230 V – 50 Hz
- Alimentazione pneumatica: 200 l/min (minimo), 6 bar. Con aria essiccata può necessitare una alimentazione maggiore in caso di installazione di attrezzature opzionali
Modalità di funzionamento
Osserva Pierangelo Innocenti, responsabile tecnico della Quinti: «Il sistema adottato dalla Easy Line System Beer è a gravità. Vale a dire che il prodotto, in questo caso birra, viene immesso nelle bottiglie semplicemente per caduta. Si tratta di una tecnologia che ha bisogno di alcuni accorgimenti per essere applicata, in maniera tale da evitare un’eccessiva produzione di schiuma durante la caduta del liquido. Il primo di questi accorgimenti consiste nella possibilità di regolare agevolmente l’apertura del rubinetto, così da diminuire o aumentare il flusso del liquido che si sta erogando. In sostanza, meglio avverrà questa regolazione più il trasferimento del liquido sarà adeguato al tipo di prodotto e più sarà preciso il livello alla parte terminale del rubinetto, il che permetterà di contenere al minimo la quantità di liquido da asportare nella fase di recupero».
Si tenga presente che i rubinetti Quinti, da sempre, sono dotati di una chiusura elettropneumatica che permette di determinare il momento esatto in cui cessa l’erogazione del prodotto. «Così da garantire – continua Innocenti – tramite la fase successiva, ossia quella di sbocco, o di recupero, un preciso livello in bottiglia. Quest’ultima fase, agevolata da un’ulteriore valvola elettrica, può consentire a chi lo volesse di aspirare il liquido in eccesso in un serbatoio, per l’appunto di recupero, posto sul retro della macchina. Il compito della valvola citata è quello di mettere in comunicazione l’interno della bottiglia con l’aria libera, garantendo così l’efficacia del sistema di sbocco. Dopo di che il liquido recuperato può essere trasferito direttamente nel serbatoio oppure disperso, come preferisce fare Maltus Faber. Ma questa scelta è affidata proprio alla discrezionalità del birrificio».
Per essere precisi specifichiamo che il sistema di riempimento fornito al birrificio genovese è quello ritenuto più idoneo alle necessità del cliente, nonostante Quinti offra pure sia una linea isobarica sia una linea con una leggera pressione. Si tenga infine presente che le macchine del costruttore toscano sono “espandibili”, tanto da diventare vere e proprie linee d’imbottigliamento.
L’etichettatrice
Per l’individuazione dell’etichettatrice meglio rispondente al suo fabbisogno Maltus Faber ha seguito criteri analoghi facendo cadere la scelta su un prodotto della Tardito di San Marzano Oliveto (At). Si tratta della ET-LAB sulla quale le bottiglie piene, una alla volta, devono essere poste manualmente tra i rulli. Il meccanismo, molto semplice, è dotato di un piccolo motore con un timbratore da ufficio modificato. La macchina lavora dai 400.000 ai 600.000 pezzi senza nessun tipo di manutenzione, se non quella delle parti consumabili. «Abbiamo puntato su qualcosa che ci piace definire di derivazione hobbistica, adatto a piccole realtà imprenditoriali come la nostra», commenta Versaci.
L’apparecchiatura fornita dalla Tardito a Maltus Faber è dunque un’etichettatrice da banco per l’applicazione di etichette autoadesive da bobina che dà la possibilità di applicare etichetta di corpo (anche avvolgente a 360°) e retroetichetta (sulla stessa bobina dell’etichetta di corpo). La macchina standard, che può etichettare sia bottiglie sia vasetti cilindrici, prevede che l’operatore sistemi i contenitori in orizzontale sull’apposito piattello che permette di regolare l’altezza di etichettatura. In seguito, la pressione di un pulsante di “start” avvia il ciclo di etichettatura, mentre un selettore sul fronte macchina permette di scegliere la modalità di lavoro (1=solo etichetta; 2=etichetta+retroetichetta). Inoltre, la distanza tra etichetta e retroetichetta può essere regolata in estrema semplicità dall’operatore mediante un potenziometro, con la possibilità anche di stampare, con timbro auto-inchiostrante, data, lotto di produzione, scadenza e così via.
- Basamento d’acciaio inox Aisi 304
- Controllo del ciclo di etichettatura tramite PLC
- Alimentazione elettrica: 110/240V – 1ph – 50/60 Hz
- Consumo elettrico: 0,20 kW
- Peso: 35 Kg
- Produzione oraria: 900 contenitori
- Dimensioni: 600x550x440 mm
- Diametri dei contenitori: min. 60 – max. 115 mm