Il risveglio dal lungo sonno

DSC_1671Gli intenditori più informati sanno che tra i gioielli dell’enologia italiana vi sono vini per i quali il processo d‘imbottigliamento non si esaurisce nei pochi istanti in cui il contenitore di vetro viene colmato e chiuso, ma si protrae a lungo nel tempo, anche per cinque anni. È quel che accade, ad esempio, con il Franciacorta DOCG “Palazzo Lana” Berlucchi Riserva, l’etichetta top di gamma del produttore lombardo che ha introdotto in Franciacorta lo spumante prodotto con il metodo classico, lo stesso utilizzato per lo Champagne. Un primato che ha permesso all’azienda di mantenerne negli anni un altro, quello della leadership di mercato nel segmento con circa 4,5 milioni di bottiglie prodotte ogni anno a Borgonato, in provincia di Brescia, nel cuore di una delle zone più vocate al mondo per la coltivazione delle uve più adatte a questo scopo.

La ragione del lungo e complesso processo d’imbottigliamento sta nell’ambizioso traguardo da raggiungere: un vino delizioso, brillante, dal perlage finissimo, ricco di profumi eccezionali e con un gusto che dona sensazioni uniche, per ottenere le quali è necessario applicare procedure particolari al pregiato vino che quando entra in bottiglia spumante ancora non è.

DSC_1638Da Pinot Nero e Chardonnay

In Franciacorta, il territorio in cui è racchiusa l’area esclusiva per la produzione delle uve Pinot Nero, Chardonnay e Pinot Bianco, le uniche con le quali è consentito produrre il Franciacorta Denominazione di origine controllata e garantita, si vendemmia tra metà agosto e metà settembre. È questo il periodo giusto affinché le uve non maturino eccessivamente sui filari, mantengano i loro aromi e non generino un grado alcolico troppo alto, tale da compromettere le caratteristiche organolettiche di cui si è alla ricerca.

Ferdinando Dell'Aquila
Ferdinando Dell’Aquila

«Anche la modalità di raccolta delle uve è tuttavia molto importante perché il frutto non deve rompersi – spiega Ferdinando Dell’Aquila, enologo della Guido Berlucchi – in caso contrario si innescherebbero fenomeni fermentativi non controllabili che inciderebbero negativamente sulla qualità del prodotto».

Ecco allora che la raccolta avviene a mano, ponendo Chardonnay e Pinot Nero (Berlucchi preferisce non utilizzare il Pinot Bianco) in cassette di plastica da 18-20 kg facendo sì che arrivino in cantina integre e il più velocemente possibile. Qui la spremitura è immediata, ma lenta e soffice, con presse la cui azione è delicata e graduale per ricavare il mosto-fiore che deve sgrondare con una certa rapidità, senza rimanere a lungo a contatto con le bucce e i raspi che potrebbero rilasciare sostanze tanniche non volute.

Da almeno 18 a 60 mesi sui lieviti
Il Franciacorta è stato il primo vino italiano, prodotto esclusivamente con il metodo della rifermentazione in bottiglia (metodo classico), ad avere ottenuto nel 1995 la Denominazione di origine controllata e garantita. Oggi sulle etichette si legge solo la denominazione Franciacorta, unico termine che definisce il territorio, il metodo di produzione e il vino. La Guido Berlucchi, che nel 1961 ha aperto per prima la strada allo spumante metodo classico franciacortino, produce diverse etichette. Eccone alcune: Franciacorta DOCG non millesimato della linea Cuvée Imperiale con le versioni Brut, Max Rosé, Demi Sec e Vintage, per le quali i vini riposano sui lieviti dai 18 ai 48 mesi; Franciacorta DOCG millesimato della linea Cellarius, con le versioni Brut, Rosé e Pas Dosé per le quali i vini riposano sui lieviti dai 30 ai 42 mesi; Franciacorta DOCG millesimato della linea Palazzo Lana con le versioni Brut, Satèn ed Extrême Riserva, per le quali i vini riposano sui lieviti da 48 a oltre 60 mesi.

La prima fermentazione

È da questo momento che parte la prima fermentazione. «Che avviene alla temperatura controllata di circa 16°C per tre-quattro settimane in contenitori d’acciaio, tranne una porzione di mosto destinata alle versioni top di gamma che fermenta in barrique, piccole botti di rovere che cedono particolari sostanze che impreziosiranno ancora di più il Franciacorta», avverte Dell’Aquila. Il mosto, che in partenza ha all’incirca un proprio contenuto zuccherino di 170-190 gr/litro, diventa dunque al termine di questa prima fermentazione il vino base spumante, ancora fermo.

Dopo aver riposato per il periodo necessario a far precipitare le sostanze in sospensione ed essersi reso limpido (tre-quattro mesi), si è fatta primavera ed è l’ora che il vino base, trasformati gli zuccheri del frutto in alcol per l’11% circa del volume, sia imbottigliato con una particolarissima procedura detta tiraggio.

Per effettuare questa operazione al vino base si aggiungono dello zucchero e i lieviti che svolgeranno la seconda, lenta, fermentazione o rifermentazione. Aggiunti zucchero e lievito la bottiglia viene chiusa da una bidule di plastica e da un tappo a corona e posta a riposare in posizione orizzontale all’interno di speciali ceste metalliche. Il processo d’imbottigliamento è però lontano dal potersi dire concluso.DSC_1655

La presa di spuma

Il vino base entra, infatti, in una fase di lungo sonno, detta presa di spuma, durante la quale si sviluppa anidride carbonica e di conseguenza sale la pressione interna della bottiglia, sino a raggiungere le 5-6 atmosfere secondo la tipologia di spumante in elaborazione. L’effervescenza dei Franciacorta Berlucchi si crea come conseguenza dell’azione dei lieviti selezionati che si nutrono dei 24 gr/litro di saccarosio aggiunti in bottiglia nel caso ad esempio della Cuvée Imperiale, una delle diverse linee prodotte a Borgonato. I lieviti, che sviluppano l’anidride carbonica nel processo di produzione del metodo classico, non danno luogo solo al fine perlage ma alzano pure, come dicevamo, la gradazione alcolica dell’1,5% circa.

Il vino base, privo inizialmente di CO2, sale quindi dall’11% alcol a 12,5% e a 6 atmosfere per, ad esempio, l’etichetta Cuvée Imperiale Brut mentre se si lavora al Palazzo Lana Satèn, per il quale lo zucchero aggiunto si limita a 20 gr/litro, la gradazione finale sarà del 12% con 5 atmosfere di pressione, dando luogo a una sensazione più “setosa” al palato, con un che di leggerezza, finezza e cremosità.

L’ora del risveglio

Terminato il periodo di maturazione che trasforma il vino base, fermo, in spumante, è ora che esso si risvegli dal torpore. Le bottiglie vengono trasferite dagli angoli più remoti, silenziosi e bui delle vaste cantine Berlucchi a uno spazio dove i cestoni che le contengono vengono fatti ruotare e inclinare molto lentamente, a piccoli step, affinché la loro posizione diventi da orizzontale verticale nel giro di qualche settimana. È così che i residui dei lieviti si raccolgono per gravità all’interno della bidule, quella sorta di cilindretto cavo di materiale plastico che avevamo visto inserire nell’imboccatura della bottiglia prima che fosse sigillata col tappo a corona.

Separati con questa procedura, detta remuage, i residui dei lieviti dallo spumante, il pregiato vino s’avvia alla complessa linea lungo la quale prosegue e termina l’imbottigliamento iniziato anni prima. La serie di macchine è aperta dalla postazione Champagel dove due robot prelevano le bottiglie dai cestoni che le contengono immergendole in una capace vasca di raffreddamento che ha il compito di congelare il vino nella parte prossima al tappo a corona, dove i residui di lievito si erano accumulati in seguito al remuage.

Le macchine in linea
Alla Guido Berlucchi, una volta completata la maturazione in bottiglia con tappo a corona per un periodo che va dai 18 mesi ai cinque anni, a seconda della tipologia di prodotto che si vuole ottenere, si procede alla “sboccatura” e a una serie di lavorazioni che avvengono lungo una complessa linea di produzione. In sintesi, prima di essere confezionate in cartoni e spedite, le bottiglie passano attraverso macchine speciali fornite da diversi costruttori. Eccole di seguito. Un congelatore dei colli Champagel con due robot e vasca criogenica con glicole mantenuto a circa -26°C. La vasca ha una portata massima di 9mila bottiglie/ora. Una sboccatrice Perrier di tipo rotativo che opera a una produttività massima di 8mila bottiglie/ora. Le bottiglie vengono inclinate di 45° e la macchina toglie il tappo corona permettendo alla sovrappressione interna di espellere il deposito di ghiaccio che viene raccolto in una vaschetta attigua alla macchina insieme alla bidule e al tappo corona. Un sistema di controllo dell’avvenuta espulsione del tappo segnala la presenza di bottiglie non conformi. Una dosatrice a tre stazioni Perrier per l’aggiunta della “liqueur”. La prima stazione è dotata di 14 becchi che prelevano un piccolo quantitativo di vino, per “fare il posto” alla liqueur o sciroppo di dosaggio; la seconda è dotata di 20 becchi ed è costituita dalla dosatrice dello sciroppo; la terza stazione è dotata di 20 becchi e ha la funzione di riportare al giusto livello le bottiglie appena dosate. I becchi che entrano a contatto con il prodotto sono in acciaio inox e il sistema di cannule è in gomma idonea a entrare in contatto con gli alimenti. Il circuito lavora in automatico e a catena permettendo di dosare al meglio lo sciroppo e di rabboccare correttamente le bottiglie in caso di eccessiva reazione del prodotto al contatto con lo sciroppo stesso. Una tappatrice automatica a 12 teste Bertolaso con produttività massima di 12mila bottiglie/ora. I tappi sono prima serrati in speciali ganasce, che ne riducono notevolmente il diametro, poi speciali pistoni li introducono nel collo delle bottiglie. Una gabbiettatrice Robino & Galandrino a 12 teste che distribuiscono automaticamente le gabbiette metalliche fissandole sul collo delle bottiglie. La produttività massima è di 14mila bottiglie/ora. In entrata è presente una fotocellula che controlla la presenza del tappo sughero; in uscita un’altra fotocellula controlla la presenza della gabbietta. Un visore per il controllo di conformità dei tappi Logics & Controls. La struttura consiste in due telecamere regolate per individuare le bottiglie non conformi agli standard di qualità e sicurezza del prodotto che vengono espulse dalla linea. Due lavatrici Cames. Il prelavaggio intensivo delle bottiglie in arrivo dalla gabbiettatrice può essere effettuato, qualora vi sia una necessità evidente, con coadiuvanti tensioattivi a diluizioni variabili in funzione del grado di sporco. La produttività della macchina varia tra 9mila e 18mila bottiglie/ora ed è composta da un unico corpo: le bottiglie vengono bloccate sui piattelli e obbligate a ruotare in senso contrario alle spazzole motorizzate pulendo la bottiglia. Il lavaggio delle bottiglie  ne prepara la superficie alle successive fasi di etichettatura e confezionamento. Una scuotitrice Perrier. La macchina è dotata di 18 postazioni di presa delle bottiglie utilizzata per amalgamare la liqueur de expedition con lo spumante. Prima di essere riposta sul nastro trasportatore che convoglia la bottiglia alla capsulatrice, questa è sottoposta ad agitazione entrando in un carosello e compiendo una prima rotazione di 210° gradi, poi sei rotazioni di 150° ed infine un’ultima rotazione di 210° che riporta la bottiglia nella posizione normale. Una capsulatrice di Robino & Galandrino costituita da tre stazioni: nella prima viene inserita la capsula sul collo della bottiglia, nella seconda la capsula viene plissettata e nella terza viene stirata; tra la plissettatura e la stiratura viene applicata la fascetta di stato Docg. La produttività massima è pari a 12mila bottiglie/ora e sono presenti fotocellule che in entrata monitorano la presenza della bottiglia, del tappo e della gabbietta (sulle bottiglie sprovviste di tappo o di gabbietta non viene distribuita la capsula) e, in uscita, controllano che su ogni bottiglia sia stata distribuita la capsula e in modo corretto, arrestando la macchina nel caso in cui venga superato il livello massimo di capsule non distribuite o distribuite scorrettamente. Un’etichettatrice Sasib. Qui le bottiglie entrano in una giostra centrale dove vengono posizionate sui 14 rispettivi piattelli e bloccate dalle testine di centraggio. La giostra centrale compie movimenti rotatori portando le bottiglie in posizione utile per l’applicazione dell’etichetta. La macchina ha una produttività massima pari a 12mila bottiglie/ora; Un visore per il controllo delle etichette Logics & Controls. Si tratta di una telecamera che controlla la corretta etichettatura delle bottiglie (fronte, collare e retro etichetta), dotata di un segnale di espulsione per le bottiglie “vestite” oltre i limiti di tolleranza definiti all’interno del software.

DSC_1680L’espulsione dei residui

La bottiglia con il collo ancora gelato viene quindi avviata alla decapsulatrice. Qui il tappo a corona viene fatto saltare automaticamente, la pressione interna del vino espelle il “ghiacciolo” che ha intrappolato i residui dei lieviti e la bottiglia continua il suo percorso entrando in una macchina “a tre stazioni”, la prima delle quali estrae una piccola quantità di vino, la seconda aggiunge la “liqueur d’expedition”, mentre la terza riporta il contenuto a livello. «È opportuno togliere e poi aggiungere del liquido perché al momento della ‘sboccatura’ non tutte le bottiglie reagiscono allo stesso modo. È sufficiente una lieve variazione di temperatura in cantina perché si perda una quantità diversa di vino, per cui è necessario provvedere a riportare a livello alla perfezione il contenuto con la macchina adibita a questa operazione. Scolmando e ricolmando siamo certi di avere in ogni bottiglia i 75 cl», spiega Dell’Aquila.

Eccoci arrivati all’inserimento del tappo a fungo con la tappatrice e al sistema di controllo della chiusura attraverso una fotocamera digitale che confronta quel che vede in quell’istante con ciò che ha ricevuto in memoria: se quel che incrocia il suo campo visivo è coerente con le istruzioni che ha ricevuto la macchina non reagisce, altrimenti allarma la linea. «Insomma è determinante l’uniformità del prodotto – continua l’enologo di Berlucchi – cioè che il tappo sia inserito correttamente, non troppo per non causare difficoltà al momento dell’apertura della bottiglia per il consumo, né troppo poco per il rischio che la gabbietta non lo afferri con la dovuta sicurezza con il pericolo che fuoriesca del vino».

Controlli di conformità

Eccoci appunto alla gabbiatrice che blocca saldamente il tappo alla bottiglia e poi a due stazioni di lavaggio, la prima per il lavaggio intensivo e la seconda per il risciacquo. Spiega ancora l’enologo: «Può capitare che qualche bottiglia durante la presa di spuma esploda, sporcando quelle che ha intorno. Eventuale polvere accumulatasi nel tempo se ne andrebbe con la semplice spruzzata d’acqua, ma i residui del lievito scagliati intorno dalla pur rara rottura di una bottiglia causano incrostazioni su quelle vicine che non è semplice eliminare. Da qui l’esigenza del lavaggio intensivo e poi del risciacquo seguito dall’asciugatura delle bottiglie».

Ma non è ancora finita. Al termine del tunnel di asciugatura interviene, infatti, la macchina che scuote le bottiglie per far sì che la liqueur aggiunta poco prima si distribuisca per bene all’interno del contenitore. La liqueur contiene tra l’altro degli zuccheri che non saranno divorati dai lieviti, non più presenti nella bottiglia, ma contribuiranno a conferire al prodotto alcune caratteristiche volute dal produttore per migliorarlo e distinguerlo dalla concorrenza. Terminata questa fase le bottiglie di Franciacorta lasciano la cantina con un nastro trasportatore che le porta al livello superiore. Qui avviene il confezionamento finale con l’applicazione della capsula (con la macchina incapsulatrice), della fascetta di Stato e del trittico di etichette composto da collarino, etichetta e retro etichetta.

Prima di essere riposte nella loro confezione, il cartone da sei bottiglie piuttosto che una scatola regalo per ricorrenze, le bottiglie passano in rassegna davanti a un’altra apparecchiatura elettronica che verifica il corretto allineamento delle etichette, la precisa disposizione della fascetta di Stato e così via. A questo punto sì che l’imbottigliamento dei Franciacorta Guido Berlucchi può dirsi terminato.