Vecchia Orsa è la marca di birre prodotta presso FattoriAbilità, una cooperativa sociale nata circa otto anni fa in provincia di Bologna. L’idea aziendale è incentrata sullo sviluppo delle potenzialità di persone diversamente abili, pienamente integrate nelle fasi di lavorazione della birra. Vecchia Orsa ha deciso di presidiare una nicchia di mercato orientata a consumatori molto attenti: la birra biologica. Benché per l’azienda emiliana le cotte biologiche rappresentino solo il 13% della totalità del venduto, con queste bottiglie (circa 12.000) la ditta riesce a servire negozi specializzati, ristoranti e pub selezionati, destinando inoltre una quota di prodotto ai gruppi di acquisto solidali.
Proponendo birra biologica, Vecchia Orsa conferma il “manifesto filosofico” alla base della cooperativa: potenziare le persone diversamente abili, introdurle in un contesto lavorativo tramite un brand, permettere a questo marchio di essere offerto ad una clientela “ricercata” in grado di valorizzarlo condividendo la mission sociale.
Cosa significa produrre birra bio
Per la produzione di questa bevanda i costi a monte sono decisamente più elevati: le materie prime bio costano oltre il 50% in più rispetto a quelle standard; bisogna inoltre fare i conti con le spese legate alle certificazioni e con la maggiore incidenza (in termini di consumi energetici e mano d’opera) necessaria per effettuare le pulizie.
Soffermiamoci sul tema delle pulizie: la loro frequenza e meticolosità è finalizzata ad evitare contaminazioni fra le produzioni convenzionali di birra e quelle biologiche. Gli operatori di Vecchia Orsa sono infatti tenuti ad effettuare, registrandole, una serie di operazioni fra una cotta convenzionale e una bio: in tutte le fasi dalla produzione fino al condizionamento tutti i settori devono essere puliti con rigore (di solito con soda caustica), le strutture inox devono essere sterilizzate, ecc… Gli ispettori degli enti bio controllano i registri di questa sezione dell’HACCP verificando che le procedure siano rispettate maniacalmente.
Oltre alle pulizie, il secondo macro aspetto della produzione della birra bio è legato agli acquisti: gli ingredienti devono provenire da agricoltura biologica e devono essere forniti da produttori certificati; è necessario rispettare i disciplinari in vigore che, ad esempio, pongono divieti all’utilizzo di sostanze chimiche per le colture e di microrganismi ed enzimi geneticamente modificati per le trasformazioni degli alimenti.
Infine, il terzo sforzo per la produzione della birra bio è legata alla gestione del magazzino: le materie prime biologiche devono essere stoccate in spazi ben definiti ed evidenziati da segnaletica apposita (Vecchia Orsa ha deciso di riportare cartelli gialli e menzionati nel piano di autocontrollo).
La macchina
La macchina utilizzata dal birrificio Vecchia Orsa è marchiata Borelli Group, ditta piemontese, e il modello si chiama RMC/12: si tratta di una riempitrice per birra naturale ed è composta da un basamento realizzato con telaio in carpenteria meccanica completamente rivestito con acciaio inox AISI 304. Nella parte inferiore del basamento sono avvitati i piedi di appoggio regolabili per la registrazione dell’altezza. I quattro lati del basamento, che ha la forma di un parallelepipedo, sono chiusi da portelli fissi di protezione (anch’essi realizzati in acciaio inox). Essendo fissati ad incastro possono essere facilmente smontabili per interventi di manutenzione. Nella parte interna sono sistemati tutti gli organi della motorizzazione e della trasmissione del moto: motore, riduttore, ingranaggi ed alberi di trasmissione. La parte superiore della RMC/12 si compone principalmente della giostra riempitrice, la quale dispone di cilindri di sollevamento bottiglie e valvole di riempimento. Il collegamento tra il nastro e la giostra centrale è garantito dai dispositivi per il carico e lo scarico delle bottiglie, ovvero dalla coclea di selezione in ingresso, dalla stella di carico nonché da quella di scarico ed, infine, dalla controstella di guida.
Nel passaggio dal nastro alla giostra centrale le bottiglie scorrono su di un piano di corsa; terminata la fase di riempimento la bottiglia ritorna sul nastro e viene avviata al successivo step del processo di imbottigliamento: la tappatura.
Protezioni antinfortunistiche di sicurezza realizzate in acciaio inox e pareti in materiale plastico trasparente permettono all’operatore di avere un controllo visivo costante e quindi intervenire tempestivamente in caso di anomalie. Le pareti laterali sono composte da pannelli fissi, mentre quella anteriore e posteriore sono costituite da porte protette elettricamente, apribili dal personale specializzato solo a macchina ferma con dispositivo di sicurezza inserito.
Tutte le parti a contatto con il liquido di riempimento sono costruite in acciaio inox AISI 304 e AISI 316 omologato per uso alimentare. Le saldature al tungsteno sono eseguite a regola d’arte, decapate e satinate a mano. Gli organi meccanici sono protetti da sistemi a tenuta stagna provvisti di punti per la lubrificazione.
Nella versione RMC/12 l’impianto è dotata di dodici becchi di riempimento su un diametro primitivo di 540 mm: ne consegue che la macchina ha un passo di 141.3 mm e si adatta al riempimento di bottiglie con diametro non superiore a 120 mm. L’altezza utile della bottiglie lavorabili con la macchina è invece compresa tra i 160 mm e i 370 mm.
In generale, le riempitrici RM Borelli Group sono dotate di cilindri di sollevamento bottiglie (Martinetti) di tipo pneumatico in versione EVO. I cilindri pneumatici EVO sono realizzati interamente in acciaio inox e materiali autolubrificanti: queste accortezze rappresentano una soluzione tecnica all’avanguardia.
Le valvole di riempimento del modello RMC/12 sono le EVO2, frutto di oltre dodici anni di sviluppo ed evoluzione delle precedenti (le EVO). Allo stato attuale si tratta di una delle soluzioni più evolute tra le valvole convenzionali per riempimento a gravità e/o a leggera depressione.
Borelli Group, entrata da otto anni nel settore della birra artigianale, ha sviluppato un know how esclusivo per questo settore. La collaborazione fra fornitore e clienti ha messo a punto soluzioni tecniche atte a risolvere il problema della schiuma, incubo per qualsiasi produttore di birra artigianale. Grazie al separatore esterno, e con l’ausilio di una soffiante a canale laterale, è possibile aspirare la spuma che si forma in vasca durante il normale lavoro di imbottigliamento. Così facendo, pur con semplici valvole a gravità, si riescono a combinare produttività e interessanti livelli di riempimento – anche nel caso di birre particolarmente schiumose.
La capacità oraria con la riempitrice RMC a dodici valvole è di circa 1.500 litri: questa produttività è relativa al riempimento di acqua naturale – con la birra la media può variare in modo considerevole, in particolare per effetto della schiuma che si forma naturalmente durante il processo di imbottigliamento. Tuttavia, con l’applicazione del separatore esterno della spuma, le performances della macchina sono oggi molto più vicine alla produzione ottenuta con l’acqua naturale. In termini assoluti la riempitrice RMC/12 è idonea per una produzione sino a 1 milione di bottiglie/anno.