Inchiesta

Legge Mongiello: salva l’olio italiano?

Dopo il via libera del 19 dicembre scorso, la legge Mongiello ribattezzata la legge “Salva olio italiano” segna un’ulteriore svolta nella tutela del prodotto di qualità made in Italy.

Il 19 dicembre 2012 ha segnato per il comparto oleario italiano un nuovo importante passaggio nella lotta alla contraffazione dell’olio extravergine d’oliva. Quarant’anni di provvedimenti volti a contrastare le sofisticazioni, e oggi un ulteriore giro di vite. Approvata a fine legislatura, il 19 dicembre, in extremis, la legge Mongiello, ribattezzata, la legge “Salva olio italiano”, unica iniziativa parlamentare del governo Monti, intende offrire maggiori garanzie al consumatore e nuovi strumenti repressivi agli organismi competenti.

Pro consumatore contro gli “imbroli”

Così ha commentato Colomba Mongiello, senatrice del Partito democratico e relatrice del provvedimento la “Salva olio italiano”: «Un Paese che può contare su produzioni di pregio derivate da mix varietali inimitabili, un patrimonio unico di oli extravergini Dop, deve compiere scelte sempre più coraggiose nella direzione della sua visibilità e della tutela della sua identità. La nuova legge, che combatte il falso made in Italy, utilizza il tema della tutela dell’origine come leva di differenziazione contro la globalizzazione dei mercati e la confusione dello scaffale; una legge voluta dal Parlamento italiano per aiutare i consumatori a fare acquisti consapevoli e per combattere chi invece di vendere oli ha fatto solo “imbroli”». In effetti, probabilmente, qualcosa ancora scricchiola in filiera, nonostante gli encomiabili provvedimenti passati, se come testimoniano i dati raccolti da Unaprol, preoccupante è il continuo incremento dell’olio di oliva straniero che giunge in Italia. Il dato 2011 tocca il massimo storico con 625 mila tonnellate, confermandoci il primo importatore mondiale di olio: importiamo il 74% di quest’olio dalla Spagna, il 15% dalla Grecia e il 7% dalla Tunisia. Un valore che nel 2011 rispetto all’anno precedente cresce del 3% confermando il progressivo aumento delle importazioni, triplicate negli ultimi vent’anni segnando un incremento complessivo del +163%. Import che, sebbene ridimensionato nel 2012, con un -16%, come sottolinea il dato ISTAT, con un valore pari a circa 530 mila tonnellate, ormai supera di diverse lunghezze la produzione nazionale, produzione che, secondo previsioni ISMEA in collaborazione con Aifo, Cno e Unaprol, si attesterà per la campagna 2012-13 sotto le 500 mila tonnellate, con un brusco calo del 12% rispetto all’annata precedente dovuto a caldo e siccità. Completando il quadro del comparto, sempre secondo dati Unaprol, nell’anno terminante a ottobre 2012, in Italia sono stati complessivamente venduti 221 milioni di litri di olio, pari a un valore di 857 milioni di euro, con una preferenza verso l’extravergine “convenzionale”, segno di una maggiore consapevolezza del consumatore verso questo prodotto o piuttosto un richiamo legato alla forte pressione promozionale e alle politiche di prezzo? Sempre nel 2012 positivo è risultato l’andamento degli oli extravergine di qualità, Dop e biologici, che segnano un timido incremento e che, dopo l’introduzione del regolamento comunitario 182/09 sull’origine obbligatoria, come sottolineano da Unaprol, si sono posizionati su livelli di prezzo più elevati rispetto ai competitor, segno questo di un maggior apprezzamento di questo prodotto made in Italy da parte del mercato.

La svolta in 17 articoli

Spetterà alla legge Mongiello dare un’ulteriore spinta a queste produzioni creando maggiore trasparenza sul mercato? Ecco come la legge nei suoi 17 articoli cerca d’imprimere la nuova svolta. Innanzitutto etichette più chiare e più leggibili come recita l’articolo 1: “L’indicazione dell’origine degli oli di oliva vergini […] deve figurare in modo facilmente visibile e chiaramente leggibile nel campo visivo anteriore del recipiente […] in caratteri la cui parte mediana è pari o superiore a 1,2 mm”. I caratteri in etichetta dovranno, inoltre, essere ben distinguibili dallo sfondo e, nel caso di miscele di oli di oliva estratti in un altro Stato membro dell’Unione europea o in un Paese terzo, il termine “miscela”, oltre a essere di diversa ed evidente rilevanza cromatica rispetto allo sfondo, dovrà precedere l’indicazione d’origine. In tema di trasparenza e tutela del consumatore, gli articoli dal 4 al 7 disciplinano tra l’altro le pratiche commerciali ingannevoli, l’illiceità dei marchi, il termine minimo di conservazione e presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi. Sono pratiche commerciali ingannevoli, recita l’articolo 4, la presenza di “indicazioni che, anche attraverso diciture, immagini e simboli grafici, evocano una specifica zona geografica degli oli vergini di oliva non corrispondente all’effettiva origine territoriale delle olive”, l’omissione di indicazioni rilevanti della zona geografica d’origine del prodotto ecc. Per quanto riguarda, invece, il marchio d’impresa, come recita l’articolo 5 “non possono costituire oggetto di registrazione […] i segni idonei a ingannare il pubblico sulla provenienza geografica delle materie prime degli oli di oliva vergini”. Precisa la legge anche in termini di conservazione del prodotto, i quali vengono fissati in 18 mesi dalla data dell’imbottigliamento, e nella presentazione degli oli d’oliva nei pubblici esercizi che “fatti salvi gli usi di cucina e di preparazione dei pasti, devono possedere idoneo dispositivo di chiusura in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che la confezione sia aperta o alterata, ovvero devono essere etichettati in modo da indicare almeno l’origine del prodotto e il lotto di produzione a cui appartiene”.

Più equilibrio sui mercati

Senza dubbio uno dei capitoli più complessi sui quali la legge Mongiello si propone d’intervenire è quello del mercato degli oli d’oliva, un mercato complesso caratterizzato da forti squilibri tra i diversi attori della filiera. L’articolo 8 del Capo III “Norme sul funzionamento del mercato e della concorrenza” ribadisce la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato di vigilare “sull’andamento dei prezzi” e adottare “atti idonei a impedire le intese o le pratiche concordate tra imprese che hanno per oggetto o per effetto di ostacolare, restringere o falsare in maniera consistente la concorrenza all’interno del mercato nazionale degli oli di oliva vergini attraverso la determinazione del prezzo di acquisto o di vendita del prodotto”. Invece, nell’articolo 10 viene affrontato il tema del segreto delle importazioni alimentari con norme che facilitano lo scambio d’informazioni tra le diverse amministrazioni, rendendole disponibili “attraverso la creazione di collegamenti a sistemi informativi e a banche dati elettroniche […]”. Disciplinata anche la vendita sottocosto degli oli di oliva extravergine che deve essere “soggetta a comunicazione al comune dove è ubicato l’esercizio commerciale almeno venti giorni prima dell’inizio e può essere effettuata solo una volta nel corso dell’anno”. Vendita sottocosto che è comunque vietata se “effettuata da un esercizio commerciale che, da solo o congiuntamente a quelli dello stesso gruppo di cui fa parte, detiene una quota superiore al 10 per cento della superficie di vendita complessiva esistente nel territorio della provincia dove ha sede l’esercizio”. Non mancano, infine, nell’impianto legislativo, nuovi strumenti repressivi a disposizione degli organismi competenti, strumenti trattati nel Capo IV “Norme sul contrasto delle frodi” di cui agli articoli 12-15, con sanzioni accessorie per il delitto di contraffazione di Igp o Dop, di adulterazione e il rafforzamento degli istituti processuali e investigativi.