Vino per l’India

L’export di vino italiano in India rappresenta una percentuale modestissima del totale. I consumi del paese sono limitati, anche se in crescita e l’importazione è gravata da un pesante sistema di dazi e accise. Le regole di etichettatura e gli standard di prodotto sono invece chiari e accessibili.

Il mercato del vino in India è piccolo, totalizza tra produzione domestica e importazioni circa 20 milioni di litri a fronte di 1.251.700.000 abitanti al luglio 2015. La viticultura indiana ha tradizioni lontanissime e l’industria del vino è stata incoraggiata durante la colonizzazione portoghese e inglese; l’indipendenza ha però inizialmente portato il proibizionismo completo dell’alcol. Negli anni 80 il consumo di vino è ripreso con la crescita della middle class e ora assistiamo a un incremento dei consumi del 20-30% annuo. Cresce parallelamente la produzione interna da uve locali e da mosti di importazione, che non riesce comunque a coprire la domanda. I maggiori esportatori sono Francia, Italia, Australia, USA, Cile. Per l’Italia il mercato indiano rappresenta soltanto lo 0,1% dell’export totale. Le importazioni sono fortemente penalizzate dall’imposizione dei dazi federali e da un ulteriore sistema di dazi e accise statali, che alla fine rendono il prezzo della bottiglia di vino importato poco accessibile, limitandola al settore Ho.Re.Ca.

grapes rainbowIl sistema dei controlli e i requisiti per importare in India

Il Food Safety and Standards Act, 2006 ha istituto la Food Safety and Standards Authority of India (FSSAI), con la missione di proteggere e migliorare la salute pubblica attraverso la regolamentazione e la supervisione della sicurezza alimentare. FSSAI regolamenta e controlla anche l’importazione degli alimenti. Per esportare in India è necessario avere una struttura operativa in loco o avvalersi di un importatore. L’importatore deve dotarsi dell’Importer/Exporter Code (IEC) che va citato a ogni importazione e del Permanent Account Number (PAN) al fine del pagamento dei dazi. In alcuni Stati l’etichetta e/o il marchio devono essere registrati, anche con rinnovo annuale.

Documenti, certificate e procedure di importazione

Le importazioni in India ricadono in quattro categorie:

  • beni importabili liberamente, senza licenza di importazione. Per alcuni prodotti, in relazione a tipo e origine, sono richiesti documenti o certificati specifici;
  • beni soggetti a restrizione, che richiedono una Licence to Import Restricted Items;
  • beni canalised, destinabili esclusivamente ad agenzie del settore pubblico;
  • beni proibiti.

Le procedure di dogana sono esercitate dal Central Board of Accise and Customs, che richiede:

  • la fattura (Invoice), che riporta compratore, venditore, paese di origine, prezzo, descrizione dettagliata dei beni e quantità;
  • il Certificato di Origine, rilasciato dalla CCIAA, con i dettagli circa la provenienza del vino se DOC, DOCG, ecc.; va controfirmato dall’importatore;
  • il Certificato di Analisi di ente terzo; va controfirmato dall’importatore.

Sono inoltre necessari: la Dichiarazione doganale (Documento Amministrativo Unico DAU) di esportazione definitiva da UE; il Certificato di esportazione, rilasciato dal Ministero del Commercio Internazionale, che autorizza l’operatore a effettuare l’esportazione (nel caso dei prodotti agricoli soggetti a regolazione comunitaria dei mercati); i Documenti di trasporto (bill of lading, packing list, insurance policy).

Gli imballaggi in legno devono essere fumigati secondo la normativa ISPM n° 15.

All’arrivo del carico l’importatore presenta la dichiarazione doganale di entrata, Bill of Entry, il Delivery Order (DO), il Double Duty Bond e l’eventuale Bank Guarantee; effettua poi l’iter dello sdoganamento, pagando dazi e accise. Ogni carico dotato dei certificati richiesti viene esaminato da FSSAI, con il possibile prelievo di campioni per l’analisi. Quindi viene rilasciato il no-objection Certificate (NOC). Le importazioni sono gestite mediante il Food Import Clearance System (FICS).

Accordi commerciali, dazi e tasse

L’India aderisce ai principali accordi internazionali, come il WTO e il WCO (World Customs Organization), nonché ai vari accordi tra i paesi dell’area asiatica. Con numerosi di questi ha anche trattati di libero commercio; intrattiene rapporti preferenziali con alcuni paesi del Sud America.

Ai beni che provengono dall’Italia, in assenza di accordi bilaterali, sono applicati i dazi delle MFN.

Cost, Insurance and Fright (CIF): il valore ai fini fiscali del vino importato è costituito dal suo prezzo e da quello dell’assicurazione e del trasporto. In India sul CIF viene caricato un ulteriore 1% e si ottiene l’Assessable Value (AV) o valore imponibile. Su AV si calcola il dazio federale pari al 150%, cui si aggiunge un altro 4%, a dare un complessivo 160%: questo è il Custom Paid Price (CPP). Ogni Stato aggiunge poi ulteriori dazi e accise Vend Fee propri, variabili da Stato a Stato e calcolate nel singolo Stato secondo le classi di valore CIF del vino. Solo per dare l’ordine di grandezza la Dogana di Mumbai carica un ulteriore 200% del valore CIF, quella di Dehli un 50%.

Ulteriori approfondimenti sul numero di ottobre di Imbottigliamento

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