Il 2024 è stato un anno complesso per le imprese del settore distillatorio. Il calo dei consumi sul mercato interno, l’incertezza globale dovuta agli scenari internazionali e la paventata introduzione di nuovi dazi sulle importazioni hanno messo a dura prova il settore. Nonostante questo, grazie a una crescente vocazione del comparto e all’attività di promozione degli spirits verso i mercati internazionali, si assiste a una sostenuta crescita dell’export italiano di queste bevande: nel giro di un decennio l’export in valore è triplicato passando da 0,6 mld di euro del 2014, agli 1,8 miliardi del 2024, con una crescita che prosegue anche nel I trimestre 2025 (+3,1% rispetto al 2024). Sebbene l’Europa rappresenti il principale mercato di riferimento per l’export italiano degli spirits (59% sul totale), seguita dagli USA (15%), si assiste a una progressiva diversificazione geografica dei mercati di interesse.
È quanto emerge dallo studio condotto da Nomisma e presentato in occasione dell’Assemblea Annuale di AssoDistil.
In Italia calano i consumi di spirits ad esclusione del gin
Le nuove tendenze dei consumatori, attratti da nuovi prodotti a basso contenuto di alcol o senza alcol, portano a una progressiva contrazione dei consumi dei liquori e distillati tradizionali, che mantengono comunque una posizione di rilievo nel mercato nazionale. Nel 2024 il consumo di spirits in Italia è stato pari a 127 milioni di litri con una variazione tra 2024 e 2019 del -8,5%. Dall’analisi dei volumi venduti, emerge come i liquori siano in cima alla classifica con circa 50,5 milioni di litri venduti, con il canale del “fuori casa” che rappresenta circa il 56% del consumato. A seguire grappa e rum con 14 milioni di litri con la grappa che purtroppo perde terreno: dal 2019 i consumi sono diminuiti del 12%, a dimostrazione di come i cambi generazionali incidano nel cambiamento dei gusti. Il gin è l’unico prodotto che ha fatto registrare negli anni variazioni positive anche a doppia cifra: si attesta sui 7 milioni di litri e +25% in volume negli ultimi 5 anni.
Recentemente il settore è stato interessato da nuove proposte come i Ready To Drink, che hanno sfruttato la notorietà di importanti marchi sia di alcolici ma anche di bevande analcoliche. I RTD a base di spirits hanno registrato una tendenza di forte crescita negli ultimi 5 anni con i consumi che sono cresciuti del 34,2% in volume con focus principale sul canale di vendita off trade.
La distintività del Made in Italy, unita alla crescente attenzione verso la qualità e al forte legame col territorio (con ben 34 bevande spiritose con indicazioni geografiche), rappresenta un asset strategico per il futuro del comparto.

«In questo contesto, è fondamentale continuare a innovare e valorizzare l’identità dei nostri distillati, attraverso le attività di promozione e sostenendo una filiera capace di esprimere eccellenza sui mercati internazionali. Congiuntamente ai progetti di promozione abbiamo mantenuto attiva la collaborazione con ICE – Italian Trade Agency per valorizzare al meglio i prodotti della grande tradizione a qualità italiana. Negli ultimi anni il Consorzio Nazionale Grappa sta attuando politiche di promozione per rilanciare la conoscenza di questo distillato identitario del nostro Paese esplorando anche le nuove tendenze di consumo come, ad esempio, l’uso della grappa nella mixology. Il riconoscimento ufficiale da parte del MASAF del Consorzio consentirà di poter operare ancora più efficacemente per la difesa, la promozione e la valorizzazione del prodotto certificato a IG Grappa», dichiara Antonio Emaldi, Presidente AssoDistil.
Imprese del settore distillatorio: preoccupa la politica dei dazi
Secondo l’indagine condotta da Format Research e presentata durante l’Assemblea le imprese attive nel settore distillatorio in relazione all’andamento della propria attività, mostrano una fiducia leggermente in calo rispetto al semestre precedente. Il sentiment negativo delle aziende è determinato anche da una maggiore difficoltà di accesso al credito bancario.
I due terzi delle imprese del settore distillatorio ritengono che l’imposizione dei dazi sulle importazioni negli Stati Uniti avrà un impatto negativo sull’export delle bevande alcoliche con effetti rilevanti anche nel comparto dei prodotti ad uso industriale. Questa misura protezionistica attuata dagli USA determinerà purtroppo un impatto significativo sul fatturato per il 43% delle nostre industrie.
Dall’osservatorio emerge come per le imprese del settore il tema degli investimenti legato alla sostenibilità sia rilevante. In particolare, i progetti per il prossimo biennio riguarderanno nel 26% dei casi installazione di pannelli fotovoltaici, il 17% realizzerà sistemi di recupero dell’acqua e di abbattimento delle emissioni mentre l’8% investirà in formazione del personale in ambito di sostenibilità.
AssoDistil invoca il supporto della politica nazionale
In un panorama complesso di forti pressioni sul settore distillatorio, la via d’uscita non può che essere la qualità e la sostenibilità dei prodotti di distilleria, alimentari ed energetici: è questo l’appello lanciato da AssoDistil, in occasione dell’Assemblea Annuale.
Il settore distillatorio vive la cosiddetta tempesta perfetta: da un lato, i problemi economici ormai strutturali delle famiglie che comprimono i consumi e i prezzi dell’energia che fanno aumentare i costi di produzione; dall’altro lato, enormi flussi di alcol a dazio zero proveniente da Paesi extra-UE che creano concorrenza sleale per le imprese del settore. In questo contesto già complicatissimo, la guerra dei dazi scatenata dall’amministrazione americana crea ulteriore instabilità e incertezza e la demonizzazione del consumo (anche moderato) di alcol da parte della Commissione UE genera ingiustificato allarme tra i consumatori.
Nonostante questo contesto estremamente negativo e una burocrazia che diventa sempre più pesante, le imprese del settore distillatorio mostrano ancora una volta di essere resilienti e guardare con instancabile fiducia al futuro grazie al lancio di nuovi prodotti, secondo i nuovi trend di consumo, come ad esempio i prodotti Ready to drink oppure i cosiddetti NO-LO a minor contenuto di alcol, che vanno ad affiancare le tradizionali produzioni di liquori e distillati di pregio.
«Chiediamo tuttavia un grande supporto alla compagine politica nazionale per consentire che il comparto distillatorio, che consente un gettito di oltre 650 milioni di accise, quasi 2 miliardi di export e più di 3000 posti di lavoro tra diretti e indiretti, venga tutelato in particolare nelle sedi unionali contro attacchi continui e ingiustificati cui assistiamo quotidianamente da parte della Commissione UE evidentemente influenzata da Paesi che non hanno le nostre stesse tradizioni ed i nostri stessi interessi», sottolinea Sandro Cobror, Direttore di AssoDistil.
Decreto dealcolati: un’opportunità per la produzione di alcol etilico di origine agricola utilizzabile come bioetanolo avanzato
Un aspetto che l’Associazione sta monitorando con attenzione è quello legato alla dealcolizzazione del vino che rappresenta sia un rischio sia un’opportunità. Il Decreto Ministeriale del 20 dicembre 2024 permette la produzione di vini parzialmente o totalmente dealcolati tramite distillazione. Una pratica, che sta generando non pochi dubbi interpretativi, poiché l’alcol separato dalla soluzione iniziale potrebbe essere classificato anche come distillato di vino che potrebbe quindi dare origine ad acquavite di vino, e quindi a brandy, nonostante, come ha fatto notare di recente la stessa Commissione UE, sia di qualità presumibilmente scarsa e quindi andrebbe auspicabilmente indirizzato verso usi industriali, come il bioetanolo di cui il nostro Paese ha assoluto bisogno per ridurre le emissioni dei trasporti . «I primi mesi di applicabilità del Decreto dealcolati saranno fondamentali al fine di monitorare quello che sarà il mercato di sbocco del processo di dealcolizzazione, dal momento che l’Unione Europea non ne ha circoscritto l’utilizzo – sottolinea AssoDistil -. Occorre evitare che il mercato venga inondato da acquavite di vino di dubbia qualità, tutelando invece la qualità di un prodotto che lega la sua storia alla qualità. Ricordiamo che in Italia abbiamo un’eccellenza assoluta tra le acquaviti di vino: il Brandy Italiano IG che non deve essere screditato dalla presenza sul mercato di prodotti di bassa qualità. Il processo di dealcolizzazione, invece, può rappresentare un’opportunità per la produzione di alcol utilizzato per produrre bioetanolo avanzato, in quanto ottenuto da residui di altre lavorazioni. Ciò permetterebbe di assicurare maggiore offerta di bioetanolo, di cui c’è bisogno, ed evitare enormi volumi di cattiva acquavite di cui non c’è alcun bisogno».
No alla demonizzazione, sì a un consumo moderato e consapevole
Un altro tema su cui vale la pena porre attenzione è l’ingiustificata criminalizzazione dell’alcol in un momento in cui le posizioni – sbagliate e pericolose – di una certa politica europea vogliono colpirne il consumo. AssoDistil da sempre promuove un consumo moderato e consapevole delle bevande alcoliche tutte, cosa che rientra pienamente nei valori e nello stile di vita italiano. Quello su cui si vuole porre attenzione è il fatto che non vengano attuate politiche discriminatorie nei confronti delle bevande spiritose, come qualcuno sta cercando di fare, come se i superalcolici fossero per qualche motivo “diversi” dalle altre bevande alcoliche e, per qualche motivo, più dannosi: in realtà un bicchierino di liquore contiene meno alcol di un bicchiere di altre bevande alcoliche. Il punto resta sempre quello del bere moderato (qualunque sia la bevanda alcolica) che da sempre rappresenta un piacere per tutti senza comportare danni per la salute.