Brewfist: l’IPA Made in Codogno

È in una rovente Codogno che all’inizio dello scorso luglio abbiamo incontrato Pietro Di Pilato, che in questo paese di poco più di 15.000 anime – divenuto all’indomani della “scoperta del paziente 1” la prima Zona Rossa d’Italia, insieme ad altri otto comuni limitrofi – dal 2010 guida con Andrea Maiocchi il birrificio artigianale Brewfist, una realtà da 7.000 ettolitri l’anno.

Pietro si laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari a Milano nel 2003, lavora poi per un anno in Università e nel 2005 si trasferisce a Londra. Da sempre appassionato di birra, durante l’anno di lavoro nell’ateneo milanese “bazzica” nei birrifici artigianali della zona (primo fra tutti il Birrificio Lambrate), approfondendo temi tecnici legati al processo produttivo.

A Londra, dove rimane per 15 mesi, trova occupazione in Fuller’s, dove riveste il ruolo di tecnico di laboratorio per il controllo qualità. «Ai tempi Fuller’s, ora marchio del gruppo Asahi, era uno dei quattro birrifici sorti in città, che ora sono oltre cento. Una realtà molto grande, che mi ha dato modo di capire cosa significhi lavorare seriamente e avere il pieno controllo del processo», racconta Pietro.

Rientrato in Italia, transita dapprima per un birrificio di Trezzano sul Naviglio e poi per l’allora Birrificio Lodigiano di Casalpusterlengo: «Tornare a lavorare in Italia dopo Londra fu un po’ come passare dal Paradiso all’Inferno senza passare dal Purgatorio – ricorda Pietro -. Ai tempi il fenomeno della birra artigianale in Italia era agli esordi e in molte situazioni l’imprenditorialità e la progettualità latitavano».

Al Birrificio Lodigiano Pietro lavora in produzione con Andrea, anch’egli tecnologo alimentare, e tra una birra e l’altra i due cominciano a ragionare sull’idea di costruire qualcosa insieme. Nel 2009 entrambi si dimettono da Birrificio Lodigiano, nel gennaio 2010 fondano Brewfist e nel novembre dello stesso anno realizzano la prima cotta a Codogno. Da allora, a Pietro fa capo la produzione e  Andrea si occupa delle attività commerciali dell’azienda. «Oggi tra birrificio e taproom (che sorge a lato dello stabilimento produttivo, n.d.r.) Brewfist dà lavoro a 25 persone. E da circa tre anni lo staff è stabile, nel senso che le persone sono sempre le stesse: questo ci consente di lavorare con uno stile e con obiettivi comuni e ci ha anche permesso di affrontare al meglio il difficile momento della pandemia».