Da mezzo litro a 5 litri per ogni chilo di uva lavorata. Con buona approssimazione, e premesso che può essere un dato anche estremamente variabile da azienda ad azienda, è questa la forbice in cui oscilla il consumo medio di acqua in cantina. Ogni cantina, anche quella meno tecnologica, può intraprendere un percorso di sostenibilità nel riutilizzo dell’acqua applicando piccoli accorgimenti ulteriormente migliorabili con l’applicazione di tecnologie e impianti adatti e innovativi. Le quantità più elevate di acqua vengono utilizzate per le operazioni di sanificazione e pulizia, quali il lavaggio di macchinari, i contenitori, pavimentazioni e barriques. Un consumo significativo, soggetto a picchi stagionali – in primis il periodo vendemmiale e le fasi della trasformazione – passibile di essere razionalizzato sia con piccoli accorgimenti, sia con l’implementazione di impianti tecnologicamente avanzati, con evidenti miglioramenti in termini di sostenibilità, ambientale ed economica. A fronte di una generalizzata sensibilità di matrice ambientale, orientata a un risparmio soprattutto dell’acqua in entrata, non c’è ancora un vero e proprio controllo dettagliato dei flussi idrici. E invece il nodo della questione, o meglio il punto di svolta, è proprio qui: il controllo degli utilizzi, dettagliati per singola unità produttiva e singola operazione, e delle caratteristiche delle acque che entrano ed escono dalle singole operazioni.
Occorre ricordare che i reflui enologici, se non adeguatamente trattati, possono portare gravi danni all’ambiente e in particolar modo per le acque profonde e superficiali. Ad oggi, in fase di costruzione, una cantina deve avere a progetto l’impianto di depurazione che tenga conto del carico massimo di reflui previsti durante la stagione della vendemmia. S.T.A. propone soluzioni impiantistiche su misura per ogni specifica necessità, impianti con diverse tecnologie e materiali, interrati o fuori terra che possono risolvere a 360° le esigenze della piccola, media e grande industria vitivinicola.