Sono due i nomi pronunciati dal palco del teatro TuscanyHall di Firenze e incisi sul cristallo dell’ambito premio Birraio dell’Anno 2019: Matteo Pomposini e Cecilia Scisciani del birrificio MC77. Una giovane coppia marchigiana che dal 2013 produce birre a Serrapetrona nel maceratese: emozioni liquide capaci di sedurre i 100 giudici individuati da Fermento Birra, organizzatore del premio e del relativo festival, che hanno giudicato il loro lavoro come il migliore del 2019, tra gli oltre 600 birrai potenzialmente votabili.
E’ stato un anno da incorniciare per il piccolo birrificio marchigiano che ha saputo raccogliere i frutti seminati nel tempo e coltivati con studio, sacrifici, miglioramenti tecnologici, crescita delle competenze produttive, viaggi formativi, creatività e passione. Un mix che ha dato vita a prodotti emozionanti capaci di mietere consensi di critica e pubblico, soprattutto tra gli amanti del luppolo. Birre come la Breaking Hops, double IPA di 7,2° alc. possente e appagante con i suoi profumi tropicali, resinosi e floreali, oppure come la “trilogia” composta dalle succose Velvet Suite, Bowtie e Billy Cock, tra i migliori esempi nazionali di New England IPA. Birre che hanno contribuito a tracciare una via italiana luppolata riportando al centro l’equilibrio tra gli ingredienti e dimostrando come non sia necessario, ma anzi deleterio, caricare quantità importanti di luppolo in maniera scriteriata. Avere potenza senza perdita di controllo, aprire l’arco olfattivo grazie al gioco di squadra degli ingredienti, stupire senza effetti speciali. In altre parole: sorprendere con semplicità, una semplicità che si rinviene anche nei volti e nei modi di fare di Matteo e Cecilia, che con umiltà hanno cominciato a fare birra dopo che la passione per malti e luppoli era scoccata subito, subito dopo quella dell’amore, tra i banchi dell’università a Roma. Un sogno alimentato lungo la strada statale 77, strada che hanno percorso infinite volte, e che li ha portati ad aprire un birrificio, oltre che a suggerirgli il nome stesso del birrificio.
Una gamma ampia quella di MC77 che attesta una bravura non settoriale, dove trovano posto birre di ispirazione tedesca, come la fieramente teutonica Glu Glu Kölsch, o belga, come la blanche San Lorenzo, con la sua sorprendente variazione con fiori d’ibisco, Fleur Sofronia. Non manca la vocazione territoriale che si concretizza con birre come l’Ape Regina che prevede miele locale, e la sua versione stagionale, Ape Regina d’Inverno, prodotta con aggiunta di sapa di Vernaccia di Serrapetrona. Così dopo essere stati premiati come migliori emergenti nel 2015, Matteo e Cecilia alzano meritatamente al cielo il Birraio dell’Anno 2019.
Tra i premiati di questa undicesima edizione troviamo, per il secondo anno di fila ad un passo dalla vittoria, Giovanni Faenza del laziale Ritual Lab di Formello (RM). Terzo un’altro marchigiano, Marco Raffaeli del birrificio Mukkeller di Porto Sant’Elpidio (FM). Fuori dal podio, quarto, un altro laziale, Conor Gallagher Deeks del birrificio Hilltop di Bassano Romano (VT) e quinto un lombardo, Marco Sabatti del birrificio Porta Bruciata di Rodengo Saiano (BS).
Nella combattuta categoria degli emergenti dedicata ai birrai con meno di due anni di esperienza alla guida di un birrificio, su poco meno di duecento nomi votabili, trionfa Vincenzo Follino del birrificio Bonavena di Faicchio (BN), che ha convinto tutti con una serie di birre perfette da un punto di vista tecnico, chirurgiche nella loro esecuzione, riuscendo con successo anche a riproporre stili poco conosciuti e sicuramente non modaioli. Secondo gradino del podio per Andrea Filippini del birrificio Siemàn di Villaga (VI), terzo Davide Galliussi del birrificio War di Cassina De’ Pecchi (MI), quarto Angelo Ruggiero del birrificio Lieviteria di Castellana Grotte (BA), quinto Mauro Bertoletti del birrificio Mister B di San Giorgio Bigarello (MN).