Intervista al tecnico

Far grappa, un’emozione atavica

La distilleria Pilzer, nel segno della continuità e tradizione, ha scelto per le sue lavorazioni un doppio alambicco discontinuo a bagnomaria.

Qual è, dunque, la sua grappa ideale?

Storicamente sono legato alla grappa di questo territorio, si chiama: Schiava. L’uva di questo vitigno, che nei secoli ha dato da vivere alle genti della valle, è molto semplice. Dalle vinacce si produce una grappa delicata, fine, nonostante il vitigno non sia certo aromatico. Nel tempo, però, ho commesso dei “tradimenti”, ho lavorato moltissimo con il Nosiola, nemmeno questo un vitigno aromatico, sono letteralmente impazzito con il Gewürztraminer. Il Traminer è un vitigno difficilissimo che però può dare soddisfazioni uniche. Abbiamo lavorato bene sul Pinot Nero, sul Teroldego, un altro dei vitigni storici. Non nomino mai lo Chardonnay ma meriterebbe perché, se la fermentazione è ben condotta, può dare risultati entusiasmanti.

…e il Muller Türgau?

Un altro vitigno di territorio, un semiaromatico. Di madre è “Riesling”, quindi la strada è spianata! Una grappa sicuramente interessante, la più morbida che proponiamo. Negli ultimi anni ci siamo dati da fare anche con il Moscato Giallo, anche qui grandi soddisfazioni!

Non vi siete fermati, perché poi sono arrivati i blend.

Un’idea tanto folle quanto stimolante. Da 13 grappe di vitigni diversi abbiamo creato Aqua Mater. Combinare Sauvignon, Cabernet, Gewürztraminer… e trovare la giusta combinazione di tutte è un esercizio complicato! È complicato, a dire il vero, già con otto. Otto fanno la Delmé, un altro blend di grappe che proponiamo.

Un’idea originale…

Lo si faceva già in passato anche se la filosofia che sottendeva la produzione era completamente diversa. In passato non si faceva mai la grappa da monovitigno perché le vinacce arrivavano tutte insieme, Teroldego, Lagrein, quel poco di Chardonay e Muller Türgau che c’erano. Ne usciva una grappa già blendizzata. Noi, invece, assembliamo i monovitigni successivamente: un esercizio creativo con il fine di proporre un percorso organolettico intrigante, entusiasmante.

Che differenza c’è tra i due blend?

Aqua Mater è più complicata, sia da assemblare sia da assaggiare. Con la Delmé l’esercizio d’assaggio è più alla portata del consumatore anche perché i vitigni utilizzati sono di più facile lettura. Il concetto che sottende questa grappa viene dalla tradizione trentina, qui l’ospitalità è sacra. Quando l’ospite è gradito gli si dà “del mé”, del mio, il meglio che la casa ha da offrire, quindi il meglio delle produzioni del nostro territorio.

Nel creare nuovi prodotti, è giusto indirizzare il consumatore o aderire alle sue esigenze di assaggio?

Entrambi, anche perché il consumatore non ha una perfetta conoscenza dei prodotti. Qualche anno fa mi trovavo a Venezia per una presentazione di prodotti organizzata da un distributore. Accanto a me c’era un produttore di rum; la gente è affascinata da questo prodotto, un mondo diverso, un prodotto che invecchia in mezzo all’oceano, le storie dei pirati… Un alone di leggenda che intriga. Il prodotto era più che buono però potente. Dopo averlo assaggiato, il pubblico arrivava alla volta del nostro stand chiedendo una grappa morbida. Morbida…!

Dopo qualche richiesta di questo genere non ho retto più: è mai possibile che a me si chieda l’impossibile e dall’altra parte ci si adegui anche in nome della leggenda e della fama? Cercare di capire il prodotto annusandolo, individuando eventuali difetti, valutando se un profumo prevale sull’altro, se c’è un gusto predominante, se rimane un retrogusto amaro dopo l’assaggio, penso sia il modo corretto per avvicinarsi a una grappa, diversamente, se si seguono luoghi comuni, e quello della “grappa morbida” è tra i più gettonati, allora aggiungiamo 20 g di zucchero in bottiglia per la pace di tutti!

Lei che di assaggio se ne intende che cosa deve avere una grappa?

Un gran bel profumo, innanzitutto, sensazioni sensoriali che evochino l’uva, questo soprattutto quando parliamo di monovitigno perché non riceve l’aiuto del legno; dall’altra parte una gradevolezza in bocca. Poi, equilibrio. In passato si cercava la sensazione di forza, l’urto, la grappa ingerita ti scaldava… Ora è l’esatto contrario: un prodotto che, fatto il primo sorso, invogli a un ulteriore assaggio, che dia compagnia, tranquillità, che porti in uno stato di meditazione, di sogno.

Con i vostri prodotti siete riusciti in questo intento.

Diversi anni fa quando proponevamo un assaggio, notavamo la difficoltà del consumatore nell’ingerire il prodotto, pur complimentandosi poi con noi per la qualità della nostra grappa. Questo non succedeva quando si consumavano altri superalcolici. Mi venne così l’idea di emulare certi prodotti pur mantenendo le caratteristiche della nostra grappa. Non so se ci siamo riusciti, certo è che l’equilibrio che abbiamo raggiunto è davvero notevole, tanto che puoi permetterti di aggiungere al bicchiere due cubetti di ghiaccio e berti una nostra grappa come fosse un gin; meglio ancora se la grappa è aromatica!

Pilzer propone un’offerta ampia di grappe monovitigno e non legate al territorio: Schiava, Pinot Nero, Teroldego, Müller Turgau…

Come avete raggiunto questo equilibrio?

Integrando il nostro modo di lavorare alla giusta tecnologia e partendo da materia prima all’altezza. Serve, poi, grande esperienza e un pizzico di fortuna perché le variabili nella lavorazione sono davvero molte. La stessa partita – di Schiava, di Chardonnay o di Muller Türgau… – può essere lavorata nel bagnomaria per tempi differenti, si può decidere di farla passare nella colonna demetilante, oppure no… A volte è tutta una questione d’intuizione, non so dire da che parte si cominci, quel che so è che quando distillo sono l’essere più intrattabile del mondo!

Ancora a proposito di vitigni… Diceva che il Gewürtztraminer dà più di un problema in distillazione.

È un vitigno delicatissimo. Ci sono alcune componenti aromatiche, sfumature di profumi come il petalo di rosa, il limone o il gambo di geranio, presenti in quantità davvero limitate e tali che il ben che minimo errore te le fa perdere. L’attenzione durante la lavorazione del Traminer è spasmodica, ci siamo per esempio accorti che distillare troppo presto questa vinaccia può essere negativo. Devi interpretare l’annata, dialogare con l’enologo: in cantina i profumi sono più diretti, immediati, lui ha una conoscenza approfondita dell’uva che sta vinificando. Non c’è quindi una ricetta, noi non impostiamo una curva di distillazione sul PLC e via!

Il problema delle vinacce freschissime…

C’è chi dice che si deve distillare il giorno dopo l’arrivo della vinaccia. Dipende! Se distilli, per esempio, il Pinot Nero appena svinato hai un ottimo risultato, un ottimo profumo, ma se parte di quelle vinacce anziché distillarle subito le conservi anche tre settimane – chiaramente ben chiuse nei contenitori, al freddo – c’è una maturazione della materia prima che ti permette di ottenere un profumo ancora più complesso. Quale strada scegliere? Tutte è due… Ci sono degli anni in cui puoi abbandonare il Muller Türgau nel serbatoio ben chiuso e isolato dall’aria per settimane e lasciare che gli enzimi presenti facciano il loro corso, la vinaccia rimane integra ma hai dato il tempo alla natura di disgregare le enormi catene chimiche e di rilasciare i diversi componenti aromatici. Degli anni, invece, la vinaccia non è così perfetta e devi correre per distillare al più presto!

Distillate solo vitigni della Val di Cembra?

L’Italia è 1200 chilometri di meraviglie enologiche…! Abbiamo avuto la fortuna di lavorare vinacce fresche di Fiano di Greco, di Aglianico, Negro Amaro, Nero di Troia, i diversi Chianti – in relazione a dove coltivi il Sangiovese il vino cambia e… anche la grappa! Poi, ancora, il Tintilia: e chi sapeva dell’esistenza di questo vitigno pur con il mio diploma in enologia? L’abbiamo scoperto per caso da un grande produttore: l’esperienza è stata fantastica! Quando arrivano vinacce dal sud Italia, la distilleria si riempie di sentori così diversi dai nostri, profumi mediterranei che è meraviglioso assaporare.

Emozionante è stato distillare lo Sforzato della Valtellina, parecchie sorprese sono giunte, poi, dal Prosecco. Qui eravamo scettici, anche se i nostri colleghi veneti ci raccontavano della produzione di grappe interessanti…

Bando ai campanilismi, quindi?

Da buon trentino sono molto campanilista, almeno nel mondo della grappa, ma ho imparato, lavorando vinacce di altre terre, quanto fosse infondato questo mio atteggiamento.

La strada è tracciata. I numerosi riconoscimenti indicano che è quella giusta…

I molti premi che abbiamo ricevuto in concorsi nazionali e internazionali – ultime le tre medaglie d’oro e due d’argento al Concorso Mondiale di Bruxelles Spirits Selection – sicuramente ci gratificano, a volte penso che pecchiamo un po’ di superficialità nei loro confronti. Qualche anno fa gli organizzatori del prestigioso International Spirits Challenge di Londra ci invitarono come ospiti d’onore a una cena di gala per l’inaugurazione della manifestazione, perché, unici nella storia del concorso, ce l’eravamo aggiudicato per ben tre volte di seguito.

Non ci siamo presentati, non abbiamo compreso l’importanza dell’invito… Certo i premi che copiosamente sono arrivati in questi anni sono un’affidabile cartina di tornasole: abbiamo imboccato la strada giusta! L’idea ora è di tornare a lavorare sempre più sulla materia prima, pensando alla vinaccia come a un materiale davvero nobile con i suoi sapori, aromi… Se il rapporto con la cantina è molto buono come d’altronde lo è con parecchie con le quali lavoriamo, tutto diventa più facile, poi sta a noi interpretare, intuire, distillare!

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Le scelte tecnologiche della Distilleria Pilzer”] Impianto di distillazione: Doppio alambicco discontinuo a bagnomaria Barison Industry
Serbatoi: Trecieffe, Barison Industry, Calinox
Impianto d’imbottigliamento: imbottigliatrice manuale sottovuoto KOEM, etichettatrice MEB
Impianto refrigerazione e filtrazione: Della Toffola Group Imbottigliamento
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