Birra per l’Australia

L’Italia nel 2016 ha esportato birra nei paesi extra EU per 52 milioni di euro, l’Australia è il terzo mercato, con 6 milioni e il 12% del totale; ha anche importato birra per 33 milioni totali extra EU. L’export italiano verso l’Australia è in crescita, mentre l’import è molto ridotto. Gli EU-28 nel 2016 hanno esportato birra in Australia per 81 milioni di euro, con un saldo commerciale totalmente positivo; l’Italia fa l’8% dell’export totale degli EU-28; è preceduta nell’ordine per valore da Olanda, Germania, UK e Croazia; Croazia spunta anche il miglior prezzo unitario. Quindi l’Australia nel 2016 ha importato 78 milioni di litri di birra dagli EU-28, da immettere sul proprio mercato al consumo che nell’anno 2015/2016 è stato misurato essere di 1.742 milioni di litri.

Nel 2015/2016, con l’anno tagliato al 30/06, c’erano sul mercato australiano 75,4 milioni di litri di alcol puro da birra, corrispondenti a 1.742 milioni di litri di birra, di cui 2,5% a titolo basso, 16,2% a titolo medio, 81,3% a titolo alto. Il pro capite totale della birra è di 89 litri, riferito alla popolazione sopra i 15 anni. Il consumo pro capite di alcol da birra nel 2016 si conferma superiore a quello da vino.

Il sistema dei controlli per gli alimenti e i requisiti per le importazioni della birra in Australia

Il Commonwealth of Australia, la New Zealand e gli Australian States e Territories hanno sviluppato dal 1995 un sistema comune per regolamentare gli alimenti e per sviluppare standard uniformi; un accordo analogo era intervenuto nel 1991 tra Commonwealth, States e Territories. Food Standard Australia New Zealand (FSANZ) è l’agenzia ufficiale fondata con l’Act omonimo del 1991, che stabilisce un principio di cooperazione tra governi, industria e comunità dei cittadini per fissare e mantenere regole alimentari uniformi in Australia e Nuova Zelanda. L’agenzia è responsabile di sviluppare e mantenere l’Australia New Zealand Food Standards Code (ANZFSC). A livello dei governi l’organismo comune che presiede alle attività dell’agenzia è l’Australia New Zealand Food Regulation Legislative and Governance Forum on Food Regulation.

Se FSANZ sviluppa gli standard, sono poi i governi federale, statale, territoriale che operano con varie agenzie di vigilanza per farli rispettare. L’ANZFSC raccoglie tutti i singoli standard alimentari; è diviso in 4 capitoli. Il capitolo 1 contiene quelli orizzontali; il 2 quelli verticali, qui si trova quello della birra; il 3 quelli dell’igiene alimentare, validi per la sola Australia; il 4 quelli della produzione primaria, validi per la sola Australia. Gli standard si applicano a tutti gli alimenti e bevande, di produzione nazionale e importati; riguardano composizione, etichettatura, contaminanti, compresi i limiti microbiologici; coprono la produzione industriale, i processi e la produzione primaria.

Gli standard hanno il valore di legge; sono vietati gli alimenti non conformi agli standard, ma anche quelli danneggiati, deteriorati, adulterati, non idonei al consumo umano: ossia va rispettata anche la normativa igienica di base che si trova nella varia legislazione. Si può trovare una visione complessiva sul sito web della Australian Competition and Consumer Commission (ACCC), che pubblica anche diverse guide su etichettatura e pubblicità.

Le imprese straniere che esportano, così come quelle nazionali, devono essere registrate con l’Australian Securities and Investments Commission (ASIC), per cui si riceve un Company Number (ACN). Ci si deve registrare con il Taxation Office (ATO) e con il Business Register (ABR) per ottenere il Business Number (ABN), con cui l’impresa è identificata dinnanzi al governo e alla collettività.

Le importazioni sono sotto l’operatività dell’Australian Department of Immigration and Border Protection (DIBP), mentre la vigilanza sanitaria è affidata al Department of Agriculture and Water Resources (DAWR).

L’etichetta

ANZFSC part 2 Labelling and other information requirements

Le prescrizioni generali di etichettatura richiedono che siano indicati:

  • nome e definizioni specifiche
  • contenuto netto
  • nome e indirizzo dell’importatore
  • nome e indirizzo del produttore
  • paese di origine
  • marcatura del lottoshelf life
  • ingredienti e loro contenuto percentuale, additivi valore nutrizionale
  • scritte di informazione e di pericolo
  • condizioni di conservazione
  • claims nutrizionali e salutistici.

Standard specifici disciplinano le modalità con cui ogni scritta deve essere formulata.

Standard 2.7.1 Labelling of alcoholic beverages and food containing alcohol

La birra e le bevande alcoliche devono inoltre riportare:

  • contenuto di alcol in volume, quando è sopra 1,15%
  • numero degli standard drink per confezione, quando l’alcol è sopra lo 0,5%. Con standard drink si intende la quantità di bevanda che contiene 10 grammi di alcol; quando la confezione contiene meno di 10 standard drink la dichiarazione utilizza il primo decimale, sopra si usa l’intero
  • la presentazione “low alcohol beverage” è consentita solo sotto l’1,15%
  • “non intoxicating” solo sotto lo 0,5%
  • “non alcoholic” solo in assenza di alcol

Documenti, certificati e procedure di importazione

L’importatore deve dichiarare al DIBP le spedizioni in arrivo, DAWR ha accesso al sistema informatico e decide se fermare quella particolare consegna, in funzione della classe di rischio dell’alimento (ci sono 3 categorie: risk, surveillance, compliance agreement) e della storia pregressa dell’esportatore, avendo come obiettivo la sicurezza alimentare.

FSANZ non approva le etichette, né fornisce consulenza sulla conformità al ANZFSC.

È responsabilità legale dell’importatore garantire che tutti i prodotti importati rispettano gli standard; per tutte le spedizioni DAWR controlla l’etichetta e può procedere a campionamento e analisi. L’importatore può sottoscrivere un Compliance Agreement, con cui DAWR verifica e approva il sistema di gestione della sicurezza alimentare esercitato dall’importatore: in questo modo sono evitati i controlli al confine.

Per lo sdoganamento l’importatore deve presentare:

  • la fattura (Invoice), in inglese, che riporta gli estremi di compratore, venditore, spedizioniere, paese di origine, descrizione dettagliata e codice doganale dei beni, quantità, condizioni di consegna e pagamento, valore FOB e CIF, dettaglio spese trasporto e assicurazione;
  • i Documenti di trasporto (bill of lading, packing list, insurance policy);
  • il Certificato di Origine, rilasciato dalla Camera di Commercio in Italia;
  • il Certificato Sanitario relativo alla spedizione in corso, o un Certificato di analisi microbiologica e fisico-chimica.

Sono consigliati:

  • copia dell’autorizzazione sanitaria alla produzione, con traduzione in inglese;
  • certificazione del sistema HACCP in inglese.

Sono invece richiesti dalla Dogana italiana:

  • la Dichiarazione doganale (Documento Amministrativo Unico Dau-EX) di esportazione definitiva da UE, che documenta anche la non imponibilità IVA dell’operazione;
  • il Numero meccanografico, assegnato all’impresa che svolge commerci con l’estero, rilasciato dalla CCIAA competente territorialmente.

Gli imballaggi in legno devono essere fumigati secondo la normativa ISPM n° 15; la consegna deve essere accompagnata da certificato fitosanitario, così come da un certificato di pulizia del container.

Lo standard della birra

Standard 2.7.2 Beer: è il prodotto caratterizzato dalla presenza di luppoli o preparazioni di luppoli, preparato per fermentazione con lievito di un estratto acquoso di cereali maltati o non maltati, o entrambi. Con birra si intende anche: ale, lager, pilsener, porter, stout. Durante la produzione si possono aggiungere: prodotti di cereali o altre sorgenti di carboidrati, zucchero, sale, erbe e spezie. Ogni bevanda venduta come birra deve conformarsi a questa definizione. “1% DEL GDP, PUO’ NON SEMBRARE TANTO, MA È BIRRA”

La Brewers Association of Australia fornisce il proprio quadro della produzione e del consumo della birra, riprendendo e citando ricerche e numeri di fonti autorevoli. Ne riportiamo un estratto molto sintetico, privilegiando le parti relative al controllo sul bere: birra nell’economia: il 93% del consumo è prodotto in Australia; la birra sostiene una filiera che comprende agricoltura, birrificio, packaging, distribuzione e trasporti, retail, turismo e ospitalità; l’industria vale 15,3 miliardi di AUD, pari all’1% del GDP

consumo: sia come individui che come società oggi gli Australiani hanno migliori strumenti e sono meglio informati di prima per il consumo responsabile di alcol. Questo risulta dal pro capite, che negli ultimi 40 anni, decennio per decennio, è in ribasso

consumo minorile: i dati del Governo mostrano che scende sensibilmente; molto resta da fare, ma siamo nella direzione giusta

gravidanza: sono meno in numero significativo le donne in gravidanza che bevono, e quelle che lo fanno, bevono meno

modalità di consumo: nel 2017 DrinkWise Australia ha fatto uno studio sui 10 anni di attività ed è emerso che gli australiani di oggi hanno approccio cambiato e in cambiamento nei confronti del bere:

  • nel 2017 il 63% dei bevitori non assume più di 2 standard drinks, a fronte del 48% nel 2007
  • nel 2017 il 16% dei bevitori assume 5 o più standard drinks, a fronte del 24% nel 2007

Alcohol Beverages Advertising Code: è un codice severo e obbliga la pubblicità a non stimolare consumi e target demografici o rappresentare l’alcol in modo irresponsabile. ABAC è un sistema indipendente cui partecipano rappresentanti del Governo e controlla tutta la pubblicità, i media tradizionali e quelli digitali e tutte le attività di marketing associate alle sponsorizzazioni che vanno oltre il solo uso del brand.

Accordi commerciali, dazi e tasse

L’Australia ha aderito al WTO. Ha un FTA con i paesi che fanno parte dell’Association of Southeast Asian Nations (ASEAN). Ha molti accordi commerciali bilaterali con vari paesi dell’area. Nel 2017 ha iniziato le trattative per un FTA con la Pacific Alliance, che comprende Cile, Columbia, Messico e Perù. All’Italia, in assenza di accordi preferenziali, si applicano i dazi MFN (Most Favoured Nation). Sul valore del bene gravato del dazio si paga poi una Goods and Services Tax GST del 10%. E un diritto doganale Import Processing Charge IPC di 50 AUD se il valore della spedizione sta tra 1.000 e 10.000 AUD, di 152 AUD se è sopra 10.000.

Bibliografia

  • “Australia Food and Agricultural Import Regulations and Standards” USDA Foreign Agricultural Service, FAIRS Country Report 2016, GAIN Report AS1614 del 24/10/2016
  • “Raccolta delle documentazioni necessarie per l’esportazione del vino” Guida ICE, 2014
  • FSANZ, sito web
  • “Labelling of alcoholic beverages. User guide” FSANZ, novembre 2014
  • “Apparent consumption of alcohol, Australia, 2012-13; 2015-16” Australian Bureau of Statistics 05/05/2015 e 01/09/2017
  • Brewers Association of Australia