Produzione di birra: l’innovazione di processo

a cura di Giuseppe Perretti, Ombretta Marconi, Giovanni De Francesco – Centro di Eccellenza per la Ricerca sulla Birra (CERB), Università degli Studi di Perugia

Il processo di base della produzione della birra è rimasto sostanzialmente invariato nell’ultimo quarto di secolo con l’introduzione di nuove tecnologie introdotte in maniera incrementale e con una tempistica di adozione di dieci anni. La maggiore spinta viene data dall’esigenza di ridurre i costi, aumentare la ripetibilità, aumentare la qualità e la sicurezza del prodotto e ridurre l’impatto ambientale.

MALTERIA

Un notevole passo in avanti è stato fatto con l’introduzione di nuove varietà di orzo meno suscettibili alle temperature elevate di steeping e germinazione. Inoltre, i moderni sistemi di steeping con temperature e umidità controllate da sistemi automatizzati sia dell’acqua sia dell’aria, con intervalli di immersione e pause a secco programmate, hanno permesso di ottimizzare notevolmente questa fase del processo di maltazione (Müller e Methner, 2015). Notevoli sforzi si stanno facendo per limitare lo sviluppo di Fusarium durante la germinazione, ad esempio, aggiungendo uno starter di Lactobacillus brevis in grado di creare naturalmente un ambiente ostile (Peyer et al., 2017).

La produzione di bevande senza glutine è un argomento di ricerca di crescente interesse. Una delle strategie è l’utilizzo di enzimi in grado di minimizzare il contenuto di glutine (Di Ghionno et al, 2017). Una prima strategia è stata intrapresa al CERB, dove è stato realizzato un nuovo metodo di produzione di una bevanda senza glutine. Numerose sperimentazioni hanno portato alla produzione di un malto di riso autosaccarificante, ovvero con un potere enzimatico in grado di disgregare amido e proteine durante l’ammostamento (Mayer et al., 2016). Una seconda alternativa è quella di riuscire a degradare il glutine già durante la fase di germinazione ad opera di enzimi presenti naturalmente nell’orzo. Alcuni studi stanno aprendo uno scenario molto interessante non solo per l’industria birraria (Kerpes et al., 2016).

SALA COTTA

L’impianto di produzione della birra ha subito poche modifiche nel tempo. Negli ultimi anni, tuttavia è nato un notevole interesse verso l’innovazione di processo, come ad esempio lo sviluppo di pale di agitazione della miscela che riducono al minimo gli sforzi di taglio. Oppure, la sostituzione del tino di filtrazione con il filtro miscela Meura 2001 il quale permette di poter macinare intensivamente il malto e allo stesso tempo ridurre la durata della filtrazione e aumentare la resa in estratto di circa il 2%, oltre a lasciare le trebbie con una ridotta umidità (70% vs 78-80%) (Andrews et al., 2011). Tale sistema è stato sviluppato inizialmente per riuscire a filtrare mosti molto viscosi, in particolare mosti di sorgo, anche se oggi viene largamente utilizzato per tutte le tipologie di mosti. Negli ultimi decenni, tuttavia, anche i tini di filtrazione classici sono stati ampiamenti ottimizzati, passando dalle 8 cotte al giorno fino alle 10 cotte al giorno. Un nuovo sistema di filtrazione della miscela – NESSIE by ZIEMANN® – è in grado di semplificare e velocizzare la fase di filtrazione della miscela, da sempre considerato un collo di bottiglia della produzione (Becher et al., 2017). La bollitura è la fase più dispendiosa in termini di energia richiesta nel processo di produzione del mosto, fase in cui si utilizza dal 20 al 50 % dell’energia termica. In futuro la ricerca e le aziende cercheranno sempre di più di sviluppare un sistema di bollitura che permetta di strippare i composti volatili indesiderati in minor tempo rispetto al sistema classico. Negli ultimi 30 anni sono stati sviluppati bollitori esterni associati ad un sistema “Termosifone” che ha permesso di ridurre il consumo energetico e gli sforzi di taglio. Inoltre con questo sistema, si è ridotto notevolmente il numero di lavaggi, passando dal CIP ogni 6-8 cotte al CIP ogni 35-40 e addirittura in alcuni casi oltre 80 cotte (Andrews e Axcell, 2003).

L’ossigeno è un nemico non solo della birra ma anche del mosto. Moderne sale cotte sono progettate per ridurre al minimo l’assorbimento di ossigeno, il quale riduce la stabilità del prodotto finito (Vanderhaegen et al., 2006). Questo risultato si può ottenere solo se l’impianto è progettato per ridurre al minimo gli sforzi di taglio, quindi agitazioni lente della miscela, ridurre al minimo i trasferimenti con le pompe, tubazioni con poche curve, ecc… (Andrews et al., 2011).

CANTINA DI FERMENTAZIONE

Nel 1930 Leopold Nathan presentò un prototipo di un fermentatore cilindro conico (CCV) che permettesse di accelerare la precipitazione del lievito e fermentare in un ambiente sterile (Maule, 1986). L’idea di Nathan ha riscosso notevole successo anche in Italia, dove ormai la stragrande maggioranza delle realtà produttive adotta serbatoi cilindro conici a partire dagli anni 60. I moderni serbatoi permettono di avere cantine più piccole, fermentazioni più veloci, resa in amaro più elevata, facilità di lavaggio e sanificazione, facilità di raffreddamento, possibilità di lavorare in pressione, facilità di rimozione del lievito dal fondo, possibilità di fermentare e maturare la birra nello stesso serbatoio. Prima dei serbatoi troncoconici l’intero processo di fermentazione e maturazione durava fino a 3-4 mesi nel caso di birre lager. Attualmente questa fase dura solo 12 giorni nei sistemi ottimizzati.

Fino al 1995 la propagazione del lievito era una pratica poco diffusa nell’industria birraria. Grazie agli studi di Boulton e Quain sono stati sviluppati sistemi di propagazione che permettono di avere uno sviluppo rapido delle cellule di lievito con un numero di cellule vive superiore al 98% (Boulton e Quain, 2006). Fino al 2000 il principale metodo di filtrazione della birra era quello basato sull’utilizzo della terra di diatomee, chiamata anche farina fossile. A dispetto di un’eccellente funzionalità, questo sistema di filtrazione ha importanti svantaggi, come la pericolosità della farina sulla salute degli operatori, i costi di smaltimento della farina esausta, perdita elevata di prodotto. Per questo ricercatori e aziende stanno collaborando per lo sviluppo di un sistema alternativo in grado di ottimizzare questa fase. Una delle tecniche più promettenti è sicuramente la filtrazione a flusso tangenziale (cross flow filtration), come dimostrato da recenti lavori pubblicati (Cimini et al., 2014; 2017; Sensidoni et al., 2011). Oltre alla chiarifica, i processi a membrana mostrano interessanti sviluppi anche per la dealcolizzazione della birra (De Francesco et al., 2014, 2015).

Riduzione del consumo di acqua
La riduzione del consumo di acqua è una sfida ardua nel settore birrario. Negli ultimi anni molti autori indicano un consumo di acqua sceso da 10-12 litri ai 5-6 litri di acqua consumata per litro di birra prodotta. Tuttavia, molto spesso risulta difficoltoso riuscire a scendere a tali valori. Un passo molto importante è stato fatto con lo sviluppo del Cleaning in Place (CIP), sistema di lavaggio moderno degli impianti in grado di ottimizzare l’importante fase di detersione e sanificazione degli impianti e allo stesso tempo di ridurre il consumo di acqua. Negli impianti più sofisticati esistono dosatori automatici dei detergenti, misuratori della conducibilità, parametri specifici per la tipologia dei serbatoi, ecc… (Andrews et al., 2011).

RIDUZIONE DEI COSTI

L’aumento dei prezzi dell’energia insieme all’esigenza di ridurre l’impatto ambientale delle aziende sta spingendo le industrie birrarie verso un’ulteriore innovazione dei processi con l’obiettivo primario di riduzione dell’energia necessaria. Sono molte le strategie sviluppate, come ad esempio il recupero del vapore, la combinazione di combustione della biomassa e la digestione anaerobica (Jappy, 2008), l’adozione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Una promettente strada per la riduzione dell’impatto energetico, la riduzione di investimenti in capitali e la riduzione dei tempi di produzione è lo sviluppo di sistemi continui di produzione del mosto, uno dei quali sviluppati da Meura e installato in Belgio alla Brouwerij Martens nel 2007 (Nelson, 2009).

AUTOMAZIONE

Gli ultimi 30 anni sono stati anche sicuramente i più importanti in termini di automazione industriale con lo sviluppo del controllore logico programmabile (PLC), come ad esempio il Siemens S7, del sistema di controllo distribuito (DCS), il controllo di supervisione e acquisizione dati (SCADA), il Profibus, sistema che ha permesso la riduzione del cablaggio, riducendo i costi e la difficoltà d’installazione. Oggi esistono anche dei wireless e ethernet I/O remoti che facilitano e velocizzano ulteriormente il controllo degli impianti. Fino agli anni 80 era impensabile poter pensare di gestire una sala cotta da remoto. Oggi addirittura alcuni impianti possono essere controllati totalmente da uno smartphone o da un tablet.