Distillati italiani: settore sano, ma pesano accise e contraffazione

Un settore in buona salute, che cerca di cogliere i segnali di ripresa, ma che il mancato rispetto delle regole spesso mette in difficoltà. E’ questo il ritratto del settore distillatorio delineato da AssoDistil, l’associazione nazionale dei distillatori, in occasione della sua assemblea annuale a Roma.

Un comparto solido, con prospettive incoraggianti, sul quale però pesano alcune incognite, come il fisco, ancora molto oneroso per le piccole imprese del settore, e la concorrenza sleale, quest’ultima soprattutto nei Paesi dove i controlli sono assenti e poco efficaci: «L’insieme di queste problematiche rappresenta un freno alla crescita delle nostre aziende  – ha sottolineato Antonio Emaldi, presidente di AssoDistil -. Per questa ragione, chiediamo con forza alle istituzioni, nazionali ed europee, di aiutarci a eliminare questi ostacoli dal nostro percorso, avvantaggiando così non soltanto le distillerie, ma l’intero comparto agroalimentare e il sistema-Paese».

Il settore è pronto però a ripartire

Secondo l’Osservatorio congiunturale elaborato dalla società di ricerche Format, in Italia ci sono oltre 500 aziende operanti nel comparto dei distillati, che danno lavoro a 4800 persone su tutto il territorio nazionale. In particolare, a Nord si concentra il maggior numero delle aziende e dei dipendenti (53% degli occupati). Il 31,4% lavora a Nord-Est, il 21,6% a Nord-Ovest, al Centro il 9,6 e a Sud il 37,4%. La maggior parte delle imprese è a conduzione familiare, con una tradizione storica sul territorio di grande rilievo: soltanto il 4%% delle aziende è dimensioni medio-grandi.

Secondo la rilevazione di Format, la maggioranza degli imprenditori della distillazione ha sempre più fiducia nella ripresa (55% degli intervistati) e prevedono una crescita della loro attività (62%). Una tendenza che non ha eguali nel tessuto imprenditoriale italiano, che soltanto nel 25% dei casi crede in una crescita dell’economia nei prossimi mesi.

A confermare il clima positivo, il 62% delle imprese del comparto afferma di far fronte ai propri impegni finanziari. Negli ultimi due anni, l’81,6% dei distillatori ha effettuato almeno un investimento in azienda, contro il 25,7% delle aziende del settore manifatturiero e, nei prossimi due anni, il 70% ha in programma di investire ancora.

Tuttavia, i dati sui ricavi e sull’occupazione, senza variazioni col segno +, dimostrano che non si è ancora fuori dal tunnel. Sono le accise a incidere negativamente sull’andamento dell’attività. Secondo la rilevazione di Format, il 35% delle distillerie italiane ritiene che, anche nei prossimi anni, gli oneri fiscali continueranno ad avere un impatto frenante sul loro fatturato destinato a calare in media dell’11%.

Secondi i dati di AssoDistil, nel 2016 l’intera produzione del settore distillatorio si è attestata su 1 milione di ettanidri tra alcol etilico e acquaviti. Gli alcoli e le acquaviti di origine vinica (vino e materie vinose) ammontano complessivamente a 341.000 ettanidri, con un lieve incremento rispetto al 2015 (+1%). Si conferma però la tendenza negativa dell’alcol da vino, che continua a perdere quote. Al contrario, la Grappa conferma la tendenza alla stabilità con una produzione di 82.000 ettanidri, mentre l’alcol da cereali ha registrato un aumento del 2%, con una produzione pari a 628.000 ettanidri. Molto bene anche le acquaviti da frutta, con un incremento del 24%.