Kbirr, la birra orgogliosamente napoletana

Un packaging accattivante e trasversale, che potesse essere compreso sia a livello nazionale che internazionale: è stata questa l’idea di fondo che ha accomunato le confezioni della nuova Kbirr, birra campana Made in Sud nel linguaggio e nel gusto.

dettaglio-kbirr-2Creare una birra di qualità in Campania rigorosamente artigianale. Era questo, da tempo, il sogno di Fabio Ditto, napoletano, fine conoscitore dell’universo birra e general manager di Loco for Drink, azienda leader in Campania nel settore della distribuzione e importazione della birra di alta gamma. Dopo un attento studio e varie cotte condotte con il maestro birraio Achille Certezza, del microbirrificio Chiari Sas, Ditto nel 2015 trova la ricetta perfetta e riesce a realizzare la sua idea. Da questo progetto nasce Kbirr, la prima birra napoletana creata con metodo artigianale, non filtrata e non pastorizzata, presentata in tre diverse tipologie – Lager, Scotch Ale, Imperial Stout – per offrire un buon ventaglio di degustazione agli appassionati, differenziare il prodotto e meglio esprimere quella famosa ‘napoletanità’ che riflette una filosofia di vita continuamente sospesa tra il sacro e il profano. Il nome è un omaggio alla cultura napoletana: Kbirr, infatti, deriva dall’esclamazione partenopea di gioia che evoca l’immediatezza, la spontaneità e la passione di questa birra: “Caspita, che birra!”. Le tre tipologie hanno un inizio dolce al palato con finale amaro, complesse ma, allo stesso tempo, facili da bere e da degustare, caratterizzate da nomi che evocano espressioni napoletane senza, tuttavia, incorrere nel dialetto tout court. In etichetta sono riportate immagini stilizzate di graphic-design che riprendono alcuni classici dell’iconografia partenopea.

Le tre varianti

La Lager Natavot ha, sull’etichetta, un’immagine stilizzata di San Gennaro e prende il nome dalla devozione che ogni napoletano ha per il santo patrono della città che, ogni 19 settembre, ripete un’altra volta (‘natavot’ in napoletano) il miracolo dello scioglimento del sangue. Questa birra è una Lager bionda molto leggera, dal gusto intenso, grazie al luppolo, ma allo stesso tempo altamente digeribile e gustosa e si presta ad essere richiesta e ribevuta più volte. Jattura è una Scotch Ale e ha sull’etichetta il simbolo di un corno stilizzato, emblema per eccellenza a Napoli: com’è noto, infatti, i napoletani sono scaramantici e il corno portafortuna è l’amuleto più diffuso. Per secoli insigni condottieri, tra cui Alessandro Magno, si fecero raffigurare con questi ornamenti sul capo: le corna erano ritenute sia emblema di potere che di appartenenza e discendenza divina. Per gli uomini era usanza portare un solo cornetto, toccarlo e baciarlo prima di un’impresa bellica o prima di concludere un affare e, qualunque sia oggi il loro utilizzo, i corni rimangono piccoli amuleti legati agli antichi riti magici pagani. Questa birra è caratterizzata da un colore ramato e prodotta con una percentuale di malto di whisky affumicato con legno di torba; al naso, per questo, il torbato risulta subito evidente e si lega a sentori di malto e caramello. Paliat, infine, è una birra molto complessa, una Imperial Stout creata con materie prime di alta gamma (dai malti tostati al luppolo). Nel dialetto napoletano Paliat si traduce in ‘solenne bastonata, picchiare con forza’: sull’etichetta è raffigurato un mastino napoletano, per rimandare al significato di per-cotere, cioè scuotere intensamente e continuamente. La birra, infatti, ha un’elevata gradazione alcolica, pari a oltre 9°, che scuote piacevolmente, ma intensamente, chi la degusta; al palato si presenta corposa con un impatto maltato che lascia spazio a note di caffè, nocciola e cioccolato amaro.

dettaglio-btg-kbirr-jattura_paliat_credits-vincenzo-pellinoIcona della ‘napoletanità’

I diversi layout sono stati realizzati dall’azienda partecipata a Loco for Drink Inpact, che si occupa di consulenza, sviluppo e creazione di packaging. «In Inpact – racconta Fabio Ditto – sviluppiamo imballaggi ‘tailor made’, ovvero a misura delle diverse necessità della clientela. Questo progetto era da sempre un mio sogno e, quando ci sono state le condizioni per realizzarlo, in due mesi lo abbiamo portato a termine. Nel settembre 2015 ho eseguito in azienda un panel di degustazione e ideazione del packaging di Kbirr, un vero e proprio brainstorming in cui ho coinvolto tutti gli uomini a capo delle aeree strategiche della nostra realtà, in modo da sondare differenti esigenze e gusti. Cercavamo un pack che rappresentasse la ‘napoletanità’: un modo di intendere la vita, di ricordare, di sentire. In sintesi, l’insieme delle tradizioni, degli usi, delle qualità e degli atteggiamenti spirituali che costituiscono il patrimonio storico della città di Napoli e dei napoletani, senza cadere nei luoghi comuni. Un packaging accattivante, quindi, ma anche trasversale, che potesse essere compreso a livello nazionale e internazionale, icona di una birra campana Made in Sud nel linguaggio così come nel gusto». Da qui è nata Kbirr, un prodotto emozionale che dimostra come il territorio campano sia vocato alla produzione della birra e non abbia nulla da invidiare ai Paesi europei.

Vuoi continuare a leggere?

Se sei GIA’ abbonato accedi all’area riservata 

Se NON sei abbonato vai alla pagina degli abbonamenti