Nuove raccomandazioni per il carbammato di etile

Il maggior componente bioattivo degli alcolici è l’alcol etilico, ma anche altri composti, naturalmente presenti nelle materie prime o formati durante la fermentazione e l’invecchiamento, influenzano le caratteristiche del prodotto finito e possono incidere su facoltà fisiche e intellettive del consumatore. Le concentrazioni di queste sostanze dipendono da caratteristiche degli ingredienti, condizioni di lavorazione, tecniche di distillazione e invecchiamento, buona o cattiva logistica. Le più studiate sono alcol metilico, acetaldeide, etil – esteri, composti carbonilici, acetali, carbammato di etile. L’alcol metilico si forma durante la fermentazione a seguito del catabolismo della pectina da parte della pectina metilesterasi. Anche l’acetaldeide è un sottoprodotto di fermentazione. La sua concentrazione dipende in primis da condizioni e velocità di fermentazione, ma può aumentare ancora durante l’invecchiamento, complice l’ossidazione dell’alcol etilico.

L’acetato di etile deriva dalla reazione tra acido acetico ed etanolo. Se presente in basse concentrazioni conferisce al prodotto aromi fruttati, se è troppo il prodotto ha effluvi che ricordano l’odore dello smalto per unghie. Le condizioni di processo e stoccaggio che ne favoriscono la formazione sono pertanto molto rischiose.

Il carbammato di etile è l’estere dell’acido carbammico, non ha tossicità acuta per l’uomo ma è potenzialmente cancerogeno. Gli imbottigliatori se ne occupano sistematicamente dagli anni ’80, quando diverse ricerche l’hanno segnalato in quantità fino a 12 mg/ litro in alimenti e bevande prodotti con l’ausilio di lieviti. Negli alcolici fermentati, i suoi principali precursori sono urea e alcol etilico. La reazione è accelerata dalle alte temperature che intervengono nella distillazione e nella pastorizzazione. L’urea è il sottoprodotto del metabolismo dell’arginina e, in misura minore, della citrullina. L’arginina è degradata dai lieviti, l’urea così ottenuta si accumula inizialmente nelle loro cellule ed è poi riversata nel mosto dove reagisce con l’alcol a dare etil carbammato.

Alcuni batteri utilizzati per la fermentazione malolattica ricavano dalla arginina piccole quantità di citrullina a sua volta precursore del carbammato d’etile e la secernono nel mosto. Per la fermentazione malolattica è quindi utile scegliere ceppi inadatti a produrre citrullina e controllare la concentrazione di quest’ultima dopo la fermentazione. In termini più generali è necessario limitare l’uso di fertilizzanti azotati, valutare sempre con cura le temperature di processo, adottare ceppi di lieviti e batteri lattici selezionati. Nella cachaca e nei distillati a base di frutta con nocciolo (acquaviti di frutta a nocciolo e acquaviti di residui di frutta a nocciolo) il carbammato di etile si forma anche dai glicosidi cianogenici dei noccioli. Durante la lavorazione della frutta i noccioli si rompono, i glicosidi cianogenici sono attaccati dagli enzimi e degradati ad acido cianidrico e cianuri. Altro acido cianidrico può essere rilasciato dai noccioli intatti rimasti a lungo nel prodotto.

La luce favorisce la trasformazione del cianuro in cianato che reagendo con l’etanolo forma il carbammato di etile. Il 7 gennaio scorso, la Commissione europea ha pubblicato una Raccomandazione intesa a tutelare i consumatori dall’ingestione di carbammato di etile e di acido cianidrico. In base al Reg. 1334/2008/CE, allegato III – parte B (tenori massimi di talune sostanze naturalmente presenti negli aromi e negli ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti, in taluni alimenti composti finali a cui sono stati aggiunti aromi e/o ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti), negli alcolici l’acido cianidrico non può superare i 35 mg/kg. Mentre il Reg. 110/2008/CE ne ammette fino a 70 mg/ litro per le acquaviti di frutta e le acquaviti di residui di frutta.

L’obiettivo posto dalla nuova Raccomandazione della Commissione europea è 1 mg/litro di carbammato di etile. Il documento precisa che è possibile arrivare a tale risultato riducendo la concentrazione dei precursori e la tendenza di questi ultimi a reagire per formare cianato. In genere in presenza di 1 mg di acido cianidrico si formano fino a 0,4 mg di carbammato di etile, pertanto se la concentrazione del precursore è superiore o prossima a 1 mg/litro di acido cianidrico si raccomandano ridistillazione e stoccaggio in contenitori che proteggano i prodotti dalla luce e dalle alte temperature.