Vini di Valtellina crescono

Era il 1996 quando Mamete Prevostini decide di mettersi in proprio. Obiettivo: valorizzare le grandi potenzialità del nebbiolo valtellinese. Un traguardo raggiunto in poco tempo se oggi i vini della sua cantina, gioiello di ecosostenibilità, sono riconosciuti e premiati per la raffinata complessità ed eleganza

Mamete Prevostini ha puntato sulle grandi potenzialità dei vini della Valtellina
Mamete Prevostini ha puntato sulle grandi potenzialità dei vini della
Valtellina

Era la fine della prima Grande Guerra quando i Prevostini pensarono di creare un punto di ristoro a Mese in Valchiavenna. Accanto alla propria azienda agricola, al limitare del bosco c’erano tavoli in pietra; lì la gente sostava volentieri nelle calde giornate estive. Accompagnare il piacevole riposo con qualche portata di prodotti nostrani, nei sabati e nelle domeniche estive, fu un’idea geniale che cambiò le sorti di questa famiglia. Ben presto il successo dell’iniziativa portò i Prevostini ad abbandonare l’attività nei campi per dedicarsi a tempo pieno alla ristorazione. Si continuò a produrre vino ma ora per proporlo insieme alle portate servite all’interno del crotto che aprì i battenti nel 1928.

Sono passate tre generazioni da quei giorni, l’attività di ristorazione si è evoluta e il Ristorante Prevostini è diventato uno dei più caratteristici crotti della Valchiavenna con la sua cucina schietta e ricca d’influenze tradizionali e valligiane dove è possibile assaggiare la brisaola, il “bastardell” – un salamino di carne di maiale e manzo –, il raro violino di capra, i pizzoccheri e la selvaggina. Il tutto accompagnato da ottimi vini valtellinesi, quelli di Mamete Prevostini. Sebbene il vino i Prevostini lo producano da sempre, è con Mamete, diplomato a Conegliano in enologia, che la proposta enologica ha fatto un salto incredibile di qualità. Dopo una significativa esperienza in una cantina valtellinese, Mamete Prevostini decide di mettersi in proprio e di produrre nella sua terra vini di qualità. Una scelta che si è rivelata vincente se i vini proposti da questa cantina sono oggi riconosciuti e premiati dalla critica e dalla clientela.

Mamete Prevostini dalla ristorazione nasce una cantina… Curioso?

Vero! Di solito accade il contrario: la cantina si dota negli anni di un luogo di ricezione o di ristorazione per presentare i propri vini. Noi siamo partiti dalla ristorazione… Si proponeva un vino prodotto artigianalmente qui nella vecchia cantina di Mese i cui ambienti sono intimamente connessi con la pietra della montagna. Il crotto è proprio questo, è una costruzione tipica che sfrutta il soffio di aria fredda naturale che esce dalla montagna disposta a ridosso, per creare un microclima unico per la maturazione dei prodotti alimentari e l’invecchiamento del vino.

san lorenzoQuel vino lo si mesceva nel crotto o lo si vendeva sfuso.

Eravamo ben lungi dai vini che propone oggi la Valtellina… Erano vini “masticabili”, mai pronti, difficili, tannici che si accompagnavano soltanto alla selvaggina con la polenta, ai formaggi stagionati durante il periodo invernale. Ricordo che ho avuto i miei bei grattacapi quando, nel 1996, ho incominciato a proporre il mio vino! I vini valtellinesi erano diffi cili da vendere… D’altronde, in passato, qui si è sempre puntato sulla quantità perché forte era la richiesta di vino sfuso dalla vicina Svizzera; fi no alla fine degli anni ’80 è stato così…

Poi anche in Valtellina si è cominciato a puntare sulla qualità.

Abbiamo preso l’ultimo treno, dieci anni dopo rispetto ad altre regioni… Penso all’Alto Adige. Molto da quei giorni è stato fatto e ora i nostri vini sono riconosciuti quasi alla stregua dei più blasonati toscani o piemontesi. Anzi… Io oggi non vorrei essere un produttore di questi vini, il nebbiolo piemontese non è così elegante come quello valtellinese. I nostri terreni non sono argillosi e questo ci permette di ottenere tannini che conferiscono al vino maggiore serbevolezza, caratteristica molto apprezzata dal consumatore. Quello che dobbiamo fare adesso – parlo da presidente del Consorzio per la Tutela dei Vini di Valtellina – è di far passare il messaggio che il vino valtellinese si presta all’abbinamento con parecchie pietanze, addirittura il pesce, certo non la sogliola, ma pesce saporito…

Inoltre, vorremo rilanciare il concetto del bere lombardo. Anche nella nostra regione ci sono ottimi vini e le produzioni non sono inferiori a quelle dell’Alto Adige e delle Marche. Abbiamo le bollicine con la Franciacorta, i bianchi e i rossi frizzanti dell’Oltrepò, c’è il Lambrusco Mantovano, il Lugana, i vini rossi di Valtellina che dovrebbero essere ben identifi cati dal consumatore come i “rossi importanti” di Lombardia, come in Piemonte il rosso importante è il Barolo o il Barbaresco, in Toscana il Brunello di Montalcino ecc.

riservaLa qualità dei vini valtellinesi in pochi anni è cresciuta parecchio.

Lei a questo proposito è stato un antesignano… Mi sono diplomato alla scuola di enologia di Conegliano nel 1987, poi quattro anni in una cantina in Valtellina. Un’esperienza che mi ha arricchito moltissimo e mi ha permesso di appassionarmi dei vini della mia terra; ho creduto subito che quei vini avessero grandi potenzialità tutte da esprimere, così ho deciso di mettermi in proprio. Dopo le prime timide vendemmie, nel 1996 siamo partiti sul serio con una produzione di 25mila bottiglie, numeri comunque esigui se confrontati agli attuali: 200mila bottiglie. Dal 1996 al 2002 avevamo una piccola cantina in affi tto e la produzione avveniva perlopiù nella vecchia cantina di famiglia a Mese. Nel 2002 siamo arrivati a 50mila bottiglie poi l’affi tto di una struttura più importante fi no al 2012.

Nel 2012 è stata inaugurata la vostra nuova cantina: un gioiello di sostenibilità.

La nuova cantina fa parte di un progetto avviato nel 2009. Volevamo che la cantina rispettasse quella naturalità e semplicità con la quale si allevano le viti in Valtellina e si produce l’uva da centinaia d’anni nei vigneti terrazzati. Una struttura ben congegnata che abbiamo suddiviso in più livelli: quello superiore per la ricezione delle uve, quello intermedio per la fermentazione e il più basso per l’affi namento. È una scatola chiusa, molto semplice, nella quale abbiamo posto la massima attenzione alla sostenibilità ambientale, quindi: ottima coibentazione, autoproduzione di energia elettrica, minimo consumo d’acqua e di energia.

Una cantina dotata di spazi molto ampi che ci consentiranno di puntare di più sull’affi namento in bottiglia. Un passaggio da non trascurare quando si producono vini di grande complessità come i nostri. Capita a volte di vedersi proporre dal ristoratore o dal punto vendita vini non ancora pronti per essere bevuti. Questo per noi è inconcepibile. Signifi ca vanifi care gli importanti sforzi compiuti a monte per consegnare al consumatore un prodotto di alta qualità.

Per quanto riguarda le tecnologie adottate?

L’unica tecnologia utilizzata è quella del caldo del freddo in fase di fermentazione, il passaggio chiave di tutta la vinifi cazione. Qui abbiamo scelto Sordato; per quanto riguarda l’impiantistica, invece, una Gai da 2mila bottiglie ora, un’etichettatrice della Cavagnino & Gatti e una capsulatrice della Nortan. La Gai è sicuramente sovradimensionata, basterebbe a imbottigliare molta della produzione vinicola valtellinese! Il senso è quello di avere un impianto molto performante che ci consenta di concentrare l’imbottigliamento nei giorni di maltempo, non togliendo così risorse alle lavorazioni del vigneto. I serbatoi in acciaio sono delle Effe2, mentre le barrique sono francesi.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Le scelte tecnologiche di Mamete Prevostini”]

Tecnologia caldo/freddo: Sordato
Serbatoi: Effe2
Linea d’imbottigliamento: Gai
Capsulatrice: Nortan
Etichettatrice: Cavagnino & Gatti

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