Vini Do: da 50 anni vanto della tradizione enologica nazionale

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Un traguardo importante ma, non adagiamoci sugli allori!”]
Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini

Questi primi cinquant’anni delle Doc rappresentano un traguardo significativo, anche se un lustro è ben poca cosa se rapportato alla storia del vino e alla sua radicata tradizione in Italia. Il decreto 930 è stato una pietra miliare nella storia delle nostre denominazioni e molte delle prospettive di valorizzazione che portarono ad adottare quelle disposizioni, mantengono ancora oggi il loro pieno valore, tanto da ritrovarsi nelle normative successive. Le denominazioni protette rappresentano le eccellenze del patrimonio enologico italiano, il pregio e le caratteristiche di queste produzioni inorgogliscono la nostra bella Italia, ma notiamo con preoccupazione come proprio queste denominazioni siano, a volte, oggetto d’imitazione, soprattutto nei Paesi extra UE.

Sulla tutela molta strada è stata percorsa, ma sarebbe utile, sicuramente, una maggiore protezione internazionale attraverso una migliore sensibilità delle autorità; molto si può fare ancora sul fronte della promozione e della commercializzazione. C’è sempre spazio per migliorare ma occorre operare con saggezza, per esempio quando andiamo a disciplinare e proteggere le nostre aree geografiche: serve meno egoismo nel volere a tutti i costi che ciascun singolo riferimento geografico abbia titolo per essere protetto e dobbiamo non lasciar credere che il riconoscimento della protezione sia, da solo, uno strumento commerciale che apre le porte del mercato.

E, ancora una volta, serve che le nostre produzioni non si sentano in competizioni fra loro, ma sfidino, invece, le enologie concorrenti, quelle storiche e quelle che sono maturate in tempi più recenti. Il nostro settore ha sempre guardato lontano e ha interpretato con estrema lungimiranza i cambiamenti del mercato, vivendo in maniera costruttiva il confronto con le nuove realtà produttive. Il vino italiano si è saputo imporre nell’immaginario collettivo come un testimonial d’eccezione della nostra cultura e stile di vita che affonda le sue radici nel modello mediterraneo. Pur godendo di questa immagine globale, il sistema delle nostre denominazioni ha saputo proteggere e offrire un percorso di valorizzazione ai tantissimi importanti nomi geografici sui quali è articolato il nostro territorio.

Certamente questo ha reso più complessa la fase della promozione ma, allo stesso tempo, ben rappresenta quella varietà di territori, profumi, sfumature che caratterizzano l’Italia nell’immaginario mondiale. Non bisogna dunque “adagiarsi sugli allori” ma continuare a interpretare i segni che giungono dal mercato e dedicare grande attenzione alla promozione.
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Aumenta l’offerta di lavoro

Un comparto, tutto sommato, in ottima salute, che produce occupazione. Secondo una ricerca di Coldiretti, nel 2012 le aziende vitivinicole italiane hanno dato opportunità di lavoro a 1.250.000 persone tra coloro che sono direttamente impegnati in vigna, cantina e nella distribuzione commerciale; il 3% in più rispetto all’anno precedente. Più della metà di questi posti di lavoro, il 55% per la precisione, proviene dalla produzione di vini a Do. Un effetto positivo sull’occupazione che si estende oltre i confini della cantina coinvolgendo ben 18 settori, dall’agricoltura, all’industria della trasformazione, alla lavorazione del sughero, del vetro… fino all’enoturismo, all’editoria e alle bioenergie.

Con l’avvento dei vini a Do è stata l’intera economia dei territori coinvolti a cambiare, come ha sottolineato in un recente intervento all’incontro “50 anni di qualità e bellezza nei territori”, organizzato da Coldiretti e dalle Città del vino, il presidente di Coldiretti Sergio Marini: «Il valore di un ettaro di Frascati ha superato il valore di 150mila euro con un aumento di 35 volte rispetto al 3 marzo 1966 in cui è stata riconosciuta la Doc con decreto del presidente della Repubblica avente data 3 marzo 1966. Lo stesso valore di un ettaro di vigneto a Brunello ha raggiunto i 380mila euro, con un aumento di quasi 25 volte rispetto alle quotazioni di 15.537 euro per ettaro dell’anno di nascita del Consorzio di Tutela nel 1967 (fonte WineNews)».

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”Le Doc diventino effettivi strumenti di tutela dei territori di produzione”]
Matilde Poggi, presidente FIVI – Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti

Ritengo che le denominazioni siano un vantaggio, perché il piccolo produttore usufruisce di un “avviamento” che altri prima di lui hanno fatto in questi cinquant’anni, permettendogli di farsi conoscere sul mercato. Sarebbe, infatti, molto oneroso e lungo imporsi sullo scenario competitivo internazionale, ma anche solo nazionale, con un proprio marchio vendendo vini con nomi di fantasia. Le denominazioni sono un ottimo modo per promuovere il territorio, visto che rimandano sempre a un ambito geografico ben delimitato.

Credo però che in seno alle denominazioni alcuni miglioramenti siano indispensabili: le denominazioni sono troppe, alcune veramente piccole, rivendicate da un numero ristrettissimo di produttori! Questo in un mercato globale disperde energie e fa sì che queste Doc non riescano a essere conosciute e richieste dai consumatori. Riterrei più intelligente iniziare ad accorparle per avere più massa critica, eventualmente ricorrendo alla creazione di sottozone, per mettere in risalto le caratteristiche peculiari di determinate aree.

Un’altra azione capace di rendere le denominazioni maggiormente efficaci è quella di provvedere all’adeguamento dei disciplinari di produzione, che a volte rimandano a situazioni non più attuali, come nel caso delle norme relative ai valori minimi di acidità consentiti per i vini. Oltre alla riduzione del numero delle Do auspico una maggiore efficacia in termini comunicativi e divulgativi, nonché di difesa dell’ambiente agricolo. Di fatto le denominazioni hanno avuto il grande merito di valorizzare zone vitivinicole completamente sconosciute del nostro Paese, favorendone lo sviluppo agricolo e promuovendo il turismo.

Ora si tratta di fare un passo in più, ovvero far sì che le Doc diventino effettivi strumenti di tutela dei territori di produzione, nel pieno rispetto dell’ambiente e delle esigenze di chi lo custodisce, lavorandovi ogni giorno dell’anno; in questo modo mantenendolo vivo e creando opportunità di lavoro e di promozione. Così come fanno i vignaioli…
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