I biopolimeri alla ribalta

I biopolimeri in cantina

La stabilità è uno dei parametri qualitativi più importanti per un vino; per evitare opacizzazioni o la formazione di precipitati si effettuano trattamenti fisici o con additivi. Queste tecniche non si adattano a tutti i tipi di vino, implicano rilevanti consumi di energia e di acqua e le cantine più piccole hanno difficoltà ad applicarle. STABIWINE è un progetto che rientra nel 7° Programma Quadro di Ricerca UE che cerca nei biopolimeri, ottenuti da sottoprodotti dell’agroalimentare, alcune alternative alle attuali pratiche di stabilizzazione proteica e tartarica.

In particolare i partecipanti stanno valutando la possibilità di sostituire la bentonite con alcuni biopolimeri capaci di assorbire in modo selettivo le frazioni proteiche instabili del vino. Con altri biopolimeri stanno invece cercando di impedire la cristallizzazione dei sali di tartrato; si potrebbero così sostituire le attuali complesse pratiche di stabilizzazione tartarica.

Biopolimeri e chiusure

Il sughero è da sempre considerato il materiale sostenibile per eccellenza; il 72% dei vini di alta gamma non lo ha mai abbandonato e alcune cantine che lo avevano lasciato hanno fatto marcia indietro. Agli occhi dell’ecoconsumatore il sughero è riciclabile, biodegradabile e il suo utilizzo costituisce un potente incentivo alla gestione sostenibile delle coltivazioni di querce da sughero del Mediterraneo, uno degli ecosistemi più preziosi al mondo. Tutto vero ma la ricerca sui materiali per le chiusure non si ferma e la scorsa primavera è stato presentato un nuovo tappo ricavato da un derivato della canna da zucchero.

È tuttora in fase sperimentale e dal 2014 sarà disponibile in diverse versioni caratterizzate da differenti permeabilità all’ossigeno, atte ad evitare o favorire le reazioni di ossidazione-riduzione del vino. La superficie esterna della chiusura è strutturata in modo tale da facilitarne inserimento ed estrazione; l’aspetto è del tutto simile a quello del sughero naturale. I test preliminari condotti per 18 mesi in laboratorio hanno confermato l’assenza di anomalie nelle caratteristiche organolettiche dei vini.

Essendo la composizione del tappo segretata, il produttore non ha divulgato i dati sul suo impatto ambientale ma, recentemente, i ricercatori del Dipartimento di ecologia globale della Carnegie Institution for Science (USA) hanno scoperto che l’espansione delle colture di canna da zucchero in aree precedentemente occupate da colture locali è in grado di raffreddare il clima. L’effetto è dovuto al maggior grado di riflessione della radiazione solare verso lo spazio e all’abbassamento della temperatura per la presenza di vapore acqueo emesso dalle piante.

Inoltre il polimero utilizzato per il tappo avrebbe una carbon footprint negativa e comunque tale da annullare le emissioni dovute agli altri componenti ed ai trasporti. Per quanto riguarda il riciclo, l’azienda darà vita a un circuito di raccolta differenziata per questi tappi, presso il settore horeca.

[box bg=”#cccccc” color=”#000000′ title=”La vertiginosa crescita delle bioplastiche”]

Negli ultimi anni il settore delle bioplastiche ha subito una rapida accelerazione; le stime UE parlano di una produzione che nel 2016 raggiungerà i sei milioni di tonnellate annue, contro una produzione di 1,2 milioni registrata nel 2011. È prevista quindi una crescita del 500% in soli cinque anni. A chi si è sempre dichiarato contrario allo sviluppo delle bioplastiche derivanti da piante sfruttabili dal settore alimentare come il mais o la canna da zucchero lo sviluppo tecnologico ha risposto con una seconda generazione di biopolimeri che utilizzano materiale organico non in concorrenza con le colture alimentari.

Cinque anni fa l’80% degli attuali biopolimeri non esisteva. Un recente studio UE ha indicato che la superficie richiesta per produrre le materie prime da cui ricavare le bioplastiche è meno dello 0,006 % del totale delle aree agricole. Oggi la principale preoccupazione deriva dal fatto che l’Europa sta velocemente perdendo l’iniziale vantaggio competitivo rispetto ai Paesi dell’area BRIC.

Capacità di produzione delle bioplastiche in base alle aree geografiche
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Biopolimeri e capsuloni

Il più classico materiale per i capsuloni per i vini e gli spumanti è la stagnola, oggi spesso sostituita dal polilaminato (miscela di alluminio e politene). A tutela della sostenibilità della bottiglia i produttori ne riducono l’altezza e gli spessori (passati in pochi anni da 120 a 80 micron) o vi rinunciano del tutto perdendo peraltro un’importante opportunità di branding. In questo quadro si inserisce una nuova opzione, il capsulone di una bioplastica ricavata dal mais o da altri vegetali come barbabietola, canna da zucchero o da Panicum virgatum, una delle specie dominanti nelle praterie di erba alta nell’America settentrionale.

Da queste piante si ricava destrosio, poi trasformato in acido lattico e in PLA, utilizzato per produrre il film. L’aspetto e la consistenza del manufatto sono simili a quelli di analoghe capsule in PVC, ma la termoretrazione avviene a temperatura inferiore con conseguente risparmio energetico. La carbon footprint di questi film è inferiore a quella dei film in PET o PS e il nuovo capsulone può essere stampato con inchiostri a base soia.

Stampare con inchiostri a base vegetale

Gli inchiostri a base vegetale (soia o mais) esenti da solventi derivati dal petrolio consentono ai produttori di imballaggio di ridurre l’impatto ambientale della propria attività. La loro prima formulazione risale agli anni ‘70; nel tempo furono testate 2000 diverse ricette a base di oli vegetali e fu scelto prevalentemente l’olio di soia. La prima stampa ufficiale su larga scala avvenne nel 1987 e mentre l’utilizzo di questi inchiostri cresceva fu creato il marchio SoySeal, usato per identificare i prodotti che rispettano i requisiti richiesti dall’ente certificatore.

Per ottenere la certificazione l’inchiostro deve avere un contenuto di olio di soia superiore a una percentuale minima definita, oltre a eventuali minime quantità di oli siccativi di altra natura. Fermo restando il minimo, la percentuale di olio di soia può variare da fornitore a fornitore e dipende dal tipo di applicazione. Gli inchiostri non sono edibili o biodegradabili al 100%, ma in 25 giorni degradano quattro volte più degli inchiostri standard e gli stampati dove sono stati utilizzati sono disinchiostrati con più facilità durante il processo di riciclo della carta.

Inoltre hanno livelli di VOC (Volatile Organic Compounds) relativamente bassi. Quanto alla qualità di stampa, la brillantezza è paragonabile a quella ottenibile con inchiostri a base solvente, un risultato acquisito utilizzando meno pigmento e meno inchiostro perché l’olio di soia è un veicolo leggero e diffonde molto di più dei derivati del petrolio. Gli stampati resistono bene allo sfregamento. Per contro questi inchiostri hanno tempi di asciugatura più lunghi del consueto e qualche problema di assorbimento quando sono utilizzati su carte patinate non porose. Sono in corso studi per produrre bio-inchiostri UV e sono già stati realizzati inchiostri biodegradabili per codificatori industriali; non rilasciano alcun componente organico volatile nocivo nell’ambiente di lavoro e non alterano le condizioni di biodegradabilità del supporto di stampa.

Le fibre pressate sostituiscono il cartone

Per quanto riguarda gli imballaggi di spedizione dei vini cresce l’interesse per soluzioni in fibre pressate, ricavate da carta riciclata e nuovamente riciclabile dopo l’uso. La carta di recupero è sfibrata e trasformata in un gel e quest’ultimo è avviato a uno stampo che opera sottovuoto. Tra i vantaggi di questi nuovi imballi ci sono un’ottima resilienza (capacità di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi) e la facoltà di bloccare e proteggere la merce.

Tradizionalmente utilizzati per oggetti dedicati a mercati di nicchia come gli inserti per le scatole, le stoviglie monouso, i vassoi per il trasporto, gli imballaggi per le uova, oggi questi materiali trovano nuovi sbocchi commerciali, trainati dalla loro ecosostenibilità e dal fatto che innovative tecniche di stampaggio permettono di rilavorarli conferendo loro finiture lisce sui due lati e maggior rispetto delle tolleranze dimensionali. Nel comparto vino, una soluzione in grado di contenere e trasportare 12 bottiglie a tappo in giù (per impedire l’essiccazione del sughero e l’ingresso di ossigeno) ha recentemente avuto l’approvazione di UPS e FedEx.