Intervista all'enologo

Il “re” del Sauvignon

Enologo conosciuto, Hans Terzer è il deus ex machina della Cantina San Michele, in Alto Adige. A giusto titolo è da molti considerato tra i migliori bianchisti italiani e il re del Sauvignon se per ben 17 volte di seguito il suo Sauvignon Sanct Valentin ha conquistato i “Tre Bicchieri” della guida Gambero Rosso.

Hans Terzer, deus ex machina della Cantina San Michele

Quando nel 1977 gli viene affidata la guida tecnica della Cantina San Michele, Hans Terzer è giovanissimo, poco più che ventenne: un diploma di scuola agraria, due anni da cantiniere, ma carattere e voglia di mettersi in gioco da vendere. Qualità che all’allora presidente della famosa Cantina di Appiano sulla Strada del Vino (BZ) Andreas Weiss non sfuggono. Dopo soli cinque anni Terzer inizia a occuparsi anche della parte commerciale e per la Cantina San Michele comincia un periodo aureo che, 23 anni più tardi, nel 2000, culminerà con il conferimento del titolo di “Cantina Italiana dell’anno”.

Per ben 17 anni di seguito il Sauvignon Sanct Valentin si aggiudicherà i “Tre Bicchieri” della guida il Gambero Rosso. Terzer è un rivoluzionario, un pioniere e un creativo capace d’imporre alla cantina una rotta ben precisa cadenzata da un solo incalzante lite motive: “la qualità non conosce compromessi”. Così cambia le regole del gioco: espianta Schiava e investe nei bianchi, per i quali il territorio altoatesino è fortemente vocato; in cantina, tra i primi, introduce la malo-lattica per i bianchi, abbandona i bianchi carta a favore di vini di grande personalità, impone la sua tecnica di vinificazione.

I suoi Pinot Bianco, Pinot Grigio, Sauvignon, Chardonnay, Gewürztraminer in poco tempo entrano nel novero dei migliori vini italiani. Anche i suoi rossi non sono però da meno dal Lagrein al Merlot, al Pinot Nero, al Cabernet, sintomo inequivocabile di un talento a tutto campo, il cui obiettivo è stato quello di individuare in campo i vitigni più adatti per valorizzare al meglio le prerogative dei singoli terroir e di celebrare le loro uve in cantina con la più corretta vinificazione. Molto è stato fatto, in tanti anni di totalizzante e appassionato lavoro, rimane da produrre il vino dei vini, quel diamante perfetto e inattaccabile dalla critica, dalle mille e inebrianti connotazioni, capace di regalare ricordi inestinguibili per chi lo beve.

Hans Terzer, da molti lei è considerato il “re del Sauvignon” e tra i migliori bianchisti italiani.

Sono stato tra i primi in Alto Adige a lanciare il Sauvignon: era il 1989. Pochi anni dopo, nel ‘94, questo vino è stato premiato per la prima volta con i “Tre Bicchieri” del Gambero Rosso, menzione che abbiamo poi conquistato per 17 anni di seguito, fino al 2011, quando a causa di un’annata non proprio rosea, gravata da una pesante grandinata, abbiamo perso questo invidiabile primato. Il 2012 promette, comunque, già molto bene! Abbiamo una zona molto vocata per questo vitigno, come d’altronde per altri bianchi, sicuramente però non basta, il saper lavorare le uve è altrettanto determinante!

Sono stato tra i primi tecnici a dare grande importanza al vigneto. Qui trent’anni fa si produceva Schiava, per giunta di non eccelsa qualità, perché i vigneti erano coltivati su terreni e altezze non vocate per questo vitigno. Nel 1977 l’80% del patrimonio vitato della cooperativa era a Schiava, il resto a bianchi.

Andò a parlare con gli agricoltori…

Cercai di convincerli dell’incongruità di quello che facevano, dalla mia avevo il consiglio consortile che mi diede carta bianca. Sono di carattere perseverante, deciso, non scendo facilmente a compromessi e riuscii nel mio intento: s’iniziò a sostituire lo Schiava con i bianchi. Ho sempre dato molta importanza alla zonazione, perciò tenni conto della vocazione del terroir per impiantare il bianco più idoneo: Pinot bianco, Sauvignon; in vigneti più caldi Chardonnay, Pino grigio, Gewürztraminer…

Storica cooperativa dell’Alto Adige, la Cantina San Michele con la spinta decisiva di Hans Terzer è diventata tra le realtà di spicco nel panorama vitivinicolo italiano ricevendo nel 2000 il titolo di “Cantina Italiana dell’anno”

Come nacque l’idea di impiantare questi vitigni?

Cominciai a occuparmi in quegli anni anche della parte commerciale e tastai con mano quanto lo Schiava avesse perso immagine sul mercato a causa di una qualità non proprio eccelsa. i bianchi che producevamo riscuotevano, invece, un certo interesse da parte di alcune cantine italiane che li acquistavano per farne basi spumante. Questo m’incuriosì e decisi di andare a fondo della questione interpellando personaggi illustri del settore dal professor Italo Cosmo della Scuola Enologica di Conegliano, a Rino Russolo, l’allora direttore tecnico della Cantina Santa Margherita.

Tutti sottolinearono la grande vocazione del territorio altoatesino per i bianchi. Approfondii le mie conoscenze e iniziò la svolta. In cantina lavorai subito in modo diverso rispetto alla tecnologia allora in voga: più acciaio, via i vini bianchi carta! Utilizzai la malolattica: uno scandalo a quei tempi per un vino bianco anche se oggi è una tecnica routinaria. Apportai molte nuove idee, rivoluzionarie per quei tempi, scontate, forse, oggigiorno, perché sono entrate a far parte di una prassi comune di lavoro.

Per esempio?

L’enologo a quei tempi era chi riceveva la materia prima in cantina, senza l’onere di preoccuparsi di ciò che succedeva a monte del processo produttivo, chi faceva anche strane alchimie per tirar fuori qualcosa di decente da uve spesso di pessima qualità. Decisi di interrompere questa abitudine, di uscire in vigneto per ottenere materia prima migliore. Mi accorsi così di quante sfaccettature potesse avere un bianco e di quanto fosse importante effettuare vinificazioni separate per esaltare in cantina quanto il terroir aveva regalato in campo: il Sauvignon va lavorato in maniera ridotta, meno ridotta il Gewürztraminer.

Sono tornato spesso sui vecchi processi di vinificazione, non ho mai avuto grande feeling per le moderne tecnologie, ovvero, non ho mai inseguito chimere abbandonando metodologie consolidate e di successo in nome di tecnologie rivoluzionarie. Non sono mai stato amico della flottazione, per esempio, per pulire i mosti mi basta una decantazione normale dell’uva se essa è sana e pulita. Il mosto non deve essere troppo limpido, meglio Imbottigliamento ottobre 2013 leggermente torbido. Quando sento di mosti di certe zone con 50-70 NTU mi viene la pelle d’oca: così snaturiamo tutto! Io cerco un vino pieno, con corpo, profumo, riconoscibile per tipologia di vitigno e territorio. Per questo in vigneto e al conferimento operiamo grandissime selezioni.

Questo vi permette di caratterizzare i prodotti in diverse fasce qualitative…

…dalla bottiglia da litro, la nostra qualità base, passando per la Linea Classica, la Linea Selezione fino ad arrivare all’eccellenza, la Linea Sanct Valentin. La base è per noi preziosa, un’importante valvola di sfogo nella quale confluisce vino di buona qualità per consumo quotidiano. È ovvio che su 380 ha di vigneti non tutto ciò che si raccoglie è eccellenza, d’altronde essendo la nostra cantina una cooperativa per statuto dobbiamo accogliere per intero le uve conferite.

Un paniere di prodotti ampio il vostro?

Forse anche troppo! Abbiamo oltre 30 etichette qui in cantina. Per ogni tipologia abbiamo tre linee di qualità. Molte, ma ciò consente di ricercare l’eccellenza qualitativa nelle linee di prestigio.

Continua …