Bevande analcoliche, mercato italiano in sofferenza

Mentre il mercato mondiale è in crescita, quello italiano soffre. Colpa delle estati corte e della crisi. Le strade da seguire: bevande nel segno della salute e del benessere fisico; più naturalità; produzione più corretta eticamente. Sempre più spesso i player del settore lanciano nuovi prodotti ad hoc per i singoli mercati.

Le bevande analcoliche fanno gola a molti. Si stima, infatti, che ci sarà un aumento del consumo mondiale di soft drink. In particolare, l’acqua raggiungerà nel 2015 i 275.000 milioni di litri, le bevande gassate i 200.000 milioni di litri (fonte: globaldrinks.com). Di più, si stima che in cinque anni (periodo 2010-2015), il consumo di acque minerali aumenterà di 53.000 milioni di litri, quello delle bevande gassate di 17.000 milioni, ice tea e fruit drink di 3.400 milioni ciascuna, di succhi e nettari rispettivamente di 2.600 e 2.300 milioni.

Questi sono alcuni dei dati emersi durante la prima conferenza sul mercato delle bevande analcoliche, organizzata da Zenith International e Assobibe e tenutasi lo scorso maggio in occasione di Tuttofood (Fiera di Rho, Milano).

Trend di mercato

Questi dati si spiegano non solo con le scelte dei consumatori esistenti, ma anche con la costante crescita demografica mondiale. Dal 2010 al 2030 si stima un incremento di 1425 milioni di persone, 700 milioni solo in Asia (particolare India e Cina) e 540 milioni in Africa.

Durante la conferenza Zenith International e Assobibe ci si è occupati naturalmente dei trend. Si scopre così che andranno sempre meno le bevande alcoliche a tutto beneficio di quelle analcoliche, che i colori saranno sempre più chiari, le bevande studiate per le singole esigenze dei consumatori e non più solo per la massa, che si avrà un occhio di riguardo per un modo più eticamente corretto di produrre, che anche le bevande, non solo i cibi, saranno più funzionali e leggere e pensate per un utilizzo on the go e la spesa on line una routine.

L’innovazione delle aziende va nella direzione di realizzare bevande nel segno della naturalità, della salute e del benessere fisico. Sempre più spesso i player del settore lanciano nuovi prodotti ad hoc per i singoli mercati. Rispetto al resto del mondo, in Italia, si può notare la tendenza da parte delle aziende a realizzare bevande per il momento dell’aperitivo, che nel fuori casa riesce ancora a reggere la crisi. Nel resto del mondo, tutti i segmenti del comparto dei soft drink sono soggetti a elevata innovazione.

L’Asia, in particolare il Giappone, la Corea del Sud, l’India e la Thailandia, sono Paesi che continuano a produrre bevande naturali con i più svariati ingredienti, come Aloe Vera Kink OKF (Corea del Sud), Pepsi Atom PepsiCo India, Oasis Mango Medley Coca-Cola (Regno Unito) e Smoothies Nu (Dubai).

La difficile situazione italiana secondo Assobibe

Aurelio Ceresoli, presidente di Assobibe ha illustrato la situazione economica delle aziende che rappresenta nel corso dell’evento di Tuttofood. In generale, cala la fiducia delle imprese alimentari, peggiorano i ricavi (meno nell’analcolico) e la liquidità, aumentano i prezzi praticati dai fornitori, mentre diminuisce la richiesta di credito alle banche e le industrie che ottengono credito. Analizzando i numeri europei del mercato delle bevande analcoliche si evince che in Italia vengono consumati circa 60 litri a testa, contro una media europea di 95 circa, con in testa la Germania con più di 140 litri.

Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno si potrebbe dire nel nostro Paese questo settore ha ancora ampi margini di crescita. Gli elementi che dovrebbero garantire crescita e competitività al settore delle bevande analcoliche sono molteplici. Secondo Ceresoli, l’attenzione ai nuovi mercati non deve farci dimenticare le potenzialità in Italia. Purtroppo ci sono fattori esterni che frenano gli investimenti e le attività nel nostro Paese.

Da Assobibe sono emersi segnali chiari sulla necessità di attenzione da parte di Governo e Parlamento per la tenuta di una industria che garantisce investimenti e un rilevante valore economicosociale in Italia. Ceresoli ha sintetizzato così l’opinione condivisa delle imprese partecipanti alla conferenza: «Nonostante gli sforzi e gli investimenti in Italia da parte delle aziende per affrontare un momento congiunturale senza precedenti, il clima di incertezza non favorisce ottimismo. Il settore, assoggettato all’aliquota ordinaria del 21% rispetto a una media UE del 16%, lancia un appello per scongiurare il previsto aumento dell’IVA e lamenta maggiori difficoltà rispetto alla maggior parte dei prodotti alimentari sottoposti invece all’aliquota ridotta del 4% o 10%».

Ceresoli ha aggiunto che: «Per agevolare la tenuta in questa fase delicatissima servono politiche industriali a tutela delle imprese che investono e garantiscono posti di lavoro. Misure ed atteggiamenti per la crescita. Troppo spesso invece abbiamo assistito a misure volte a penalizzare i produttori di bibite analcoliche, i cui consumi pro capite in Italia sono stabili negli ultimi 10 anni e in flessione negli ultimi 2».

Per Assobibe, alcune iniziative creano incertezza, frenano investimenti e competitività, per questo sono state contrastate: la tassa di 20 c/ litro per gli imballi monouso, la tassa “Balduzzi”, l’aumento percentuale di succo di frutta, le limitazioni di vendita della regione Sicilia sui distributori automatici o del comune di Napoli sugli imballi in plastica.

Il mercato italiano attraverso gli occhi di Coop

Analizzando i dati venduto Coop, presentati alla conferenza, si evince che il 2012 ha registrato andamenti negativi a valore e fortemente negativi nei volumi. I fattori determinanti di questa performance sono stati molteplici. L’estate climatica intensa ma corta è stata determinante sui consumi di bevande. La crisi si è fatta sentire: nonostante un aumento delle promozioni, il volume complessivo delle vendite si riduce. Anche i dati di inizio maggio 2013 presentano un andamento critico.

Il clima ancora una volta non ha aiutato il settore delle bevande analcoliche in Italia. Il dato promozionale è stabile, in leggera flessione, ma in realtà non significa un dato in controtendenza; piuttosto sta ad indicare che anche le promozioni sono sempre meno performanti. La private label si rafforza o rimane stabile. Quali le linee di sviluppo per il 2013 di una delle maggiori catene distributive? Innanzitutto la riduzione delle size di prodotto per contenere la battuta di cassa e ridurre gli sprechi nei mercati con consumi pro capite più bassi (aranciate e altre bibite gassate, succhi di frutta formato famiglia). Riducendo la quantità per atto di acquisto si soddisfa un bisogno duplice.

Innanzitutto quello di esaudire un desiderio in famiglia senza sottrarre eccessivo potere di acquisto ad altre esigenze di consumo. Inoltre si riducono gli sprechi di prodotto rispondendo al desiderio di maggior sostenibilità e responsabilità dell’acquisto. La promozione non è più funzionale alla crescita dei volumi ma al suo mantenimento. Per questo è importante una spinta promozionale centrata e diffusa, che non miri allo stock del prodotto, ma a un’offerta di convenienza percepita tutti i giorni. Coop punterà anche alla ricerca di formati per molteplici occasioni di consumo. Inutile pensare all’innovazione solo in termini di nuovi gusti, mente il consumatore italiano è conservatore, tant’è che l’unico mix analcolico che ha effettivamente accettato in questi ultimi 10 anni è il gusto ACE.

Saranno privilegiati i prodotti meno calorici, meno artefatti e più naturali. Secondo Coop, il calo dell’apporto calorico passa attraverso una riduzione dei consumi se non viene stimolata da bevande più salutari con un minor apporto di zuccheri. A pagare sono soprattutto le aranciate: bevande gassate, che non rispondono a un’immagine condivisa di salubrità e naturalità. Difficile pensare a un’arancia gassata come a un qualcosa di naturale. Al contrario, il tè RTD, che meglio risponde alla crisi dei consumi, è associato a un vissuto di bevanda più naturale, nonostante l’apporto di zuccheri.

I segmenti in maggior crescita sono quelli che rispondono a un’esigenza di minor apporto calorico (le cole light, per esempio, pur in un contesto di mercato difficile (-4,8% in Coop) fanno registrare una crescita anche in questi primi mesi del 2013 (+0,2%), così come i tè senza zucchero. Obbligatori quindi ricercare claim quali zero zuccheri, meno zuccheri, solo zuccheri naturali della frutta. Un’altra strada da seguire è l’esplorazione di nuovi modelli di consumo: ne sono un esempio gli energy drink o il boom dell’aperitivo anche analcolico. È forte la riscoperta del bere miscelato, un atto di consumo che può trainare tanto le vendite del soft, quanto quelle delle bevande alcoliche.

Il trend? Rendere meno spiritosa una bevuta alcolica e non il contrario, in linea con il diffondersi di modelli di vita più salutistici. La riscoperta dei gusti di una volta è in linea con l’atteggiamento del consumatore che su altri mercati cerca l’artigianalità, il prodotto locale a basso impatto ambientale. Nelle bevande sta consentendo di riscoprire i gusti della tradizione, o i produttori nel vecchio stile dei “gassosai” di una volta. Ne è la prova la straordinaria prestazione, anche in annate difficili come questa, del comparto delle altre bevande gassate, che sono spesso ricche di zuccheri, con gusti che nell’immaginario collettivo non sono sempre riconducibili ad una naturalità di un frutto nella ricetta.

La riscoperta del vintage è stato un fenomeno importante ma ormai sta scemando; chi lo ha cavalcato in modo intelligente e innovativo ha saputo rilanciarsi sul mercato, magari superando anche la barriera psicologica dell’artificialità della bevanda e lo ha fatto qualificando il frutto, la parte naturale della bibita stessa. Molti hanno riesumato marchi e vecchie ricette, altri le hanno reinterpretate. Il maggior successo è dei secondi.