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La spedizione di prodotti ad accisa assolta nell’UE

Per eseguire una procedura operativa corretta oltre alla quantità occorre tenere conto anche della modalità di spedizione.

Nei fascicoli precedenti avevamo analizzato il caso di vendita a distanza di un prodotto sottoposto al regime delle accise che aveva assolto l’accisa e spedito da un venditore che risiede in uno Stato membro diverso dall’Italia, acquistato da parte un privato italiano (ovvero da un soggetto italiano che, pur esercitando una attività economica, agisce in qualità di privato). Ora analizzeremo il caso inverso, ossia la spedizione di prodotti ad accisa assolta da un venditore italiano a un privato (ovvero a un soggetto residente in un altro Stato membro che pur esercitando una attività economica, agisce in qualità di privato) residente in un altro Stato membro, cercando di identificare la corretta procedura operativa. Tali tipologie di vendite possono essere suddivise in due modalità che, di fatto, hanno come conseguenza due distinte procedure. Il discrimine è se il trasporto è effettuato direttamente dall’acquirente privato ovvero se è a cura del venditore o anche dal privato ma non eseguito direttamente da quest’ultimo. La normativa afferente a tali tipologie di vendite deve comunque rientrare nel dettato comunitario che, in tema di momento e luogo di esigibilità dell’accisa, specifica che “l’accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell’immissione in consumo”.

I prodotti acquistati da privati e da loro trasportati

Tali tipologie di vendita è quella tipicamente legata al turismo. Infatti, si realizza pesso a opera di turisti residenti in altri Stati membri UE che acquistano a scopo non commerciale prodotti che assolvono sia l’accisa, se dovuta, sia l’IVA in Italia. In questo caso si applica il dettato dell’art. 11 del Testo Unico di cui al D.Lvo 504/95, come sostituito dal decreto 48/2010, che stabilisce in particolare “1. Per i prodotti assoggettati ad accisa ed immessi in consumo in altro Stato membro, acquistati da privati per proprio uso e da loro trasportati, l’accisa è dovuta nello Stato membro in cui i prodotti vengono acquistati…” (art. 7 della dir. CE/118/2008). La norma, al punto 1, ai fini dell’applicazione della particolare procedura, pone l’accento su due condizioni fondamentali: la prima che l’acquisto dei prodotti sia effettuata da privati per proprio uso, escludendo quindi tutte le transazioni effettuate a scopo commerciale. La seconda, di pari importanza, è che i prodotti devono essere da loro trasportati, escludendo quindi quelle spedizioni che, pur se destinate a privati, non sono effettuate direttamente da loro, ma dal venditore o anche dall’acquirente privato ma non da lui direttamente eseguita. Altro aspetto importante è quello che stabilisce i limiti quantitativi al fine di considerare una transazione per uso “provato”. A riguardo, il citato art. 11 del TUA 504/95, al punto 2, prescrive che “2. Possono considerarsi acquistati per uso proprio i prodotti acquistati e trasportati da privati entro i seguenti quantitativi: a) bevande spiritose, 10 litri; b) prodotti alcolici intermedi, 20 litri; c) vino, 90 litri,di cui 60 litri, al massimo, di vino spumante; d) birra, 110 litri …” Il medesimo articolo al punto 4, specifica che “I prodotti acquistati, non per uso proprio, e trasportati in quantità superiore ai limiti stabiliti nel comma 2 si considerano acquistati per fini commerciali e per gli stessi devono essere osservate le disposizioni di cui all’articolo 10”. Con il riferimento all’articolo 10 del TUA 504/95, la norma prescrive anche che se il prodotto è già stato immesso in consumo in altro Stato membro, l’accisa è comunque dovuta nel Paese in cui in caso è detenuto a scopo commerciale.

I prodotti acquistati da privati e trasportati a cura del venditore

Nella casistica precedente avevamo portato, a titolo di esempio, il caso di un turista, residente in altro Stato membro, che in visita in Italia compra dei prodotti sottoposti ad accisa, nei limiti della franchigia di cui all’art.11 del TUA 504/95, esempio qualche cartone di vino, per consumarselo a casa propria. Ora supponiamo che il privato da casa propria, avendo terminato il vino precedentemente acquistato, contatti l’azienda italiana da cui aveva acquistato precedentemente i prodotti chiedendo una nuova fornitura di vino. Come abbiamo visto, tale transazione non rientra più nella casistica previste dall’art. 11 del TUA 504/95, in quanto il prodotto non verrà direttamente trasportato dal privato. Pertanto, tale norma non è più applicabile. In questo caso potrà essere adottata la vendita in sospensione verso un deposito fiscale logista nel Paese di destinazione, ovvero verso destinatari registrati o destinatari registrati temporanei, ma abbiamo sottolineato nelle rubriche precedenti come tale tipologia di vendita risulti complicate e molto costosa per transazioni di piccola entità. La soluzione è l’applicazione delle procedure previste a livello comunitario per le vendite a distanza che, per l’Italia, sono previste e descritte dall’art. 10bis del TUA 504/95. Occorre che il venditore nomini, presso lo Stato membro in cui risiede l’acquirente privato, un rappresentante fiscale che designato dal venditore italiano assolve le accise, se dovute, e l’IVA sui prodotti spediti e già immessi in consumo in Italia. Pertanto, ai fini di una corretta applicazione della procedura delle vendite a distanza, il venditore italiano dovrà designare il rappresentante fiscale e ottemperare alle prescrizioni previste nello Stato membro di destinazione in tema di vendite a distanza, in recepimento della dir. CE/18/2008. Per quanto attiene a quei prodotti che in Italia sono soggetti ad aliquota positiva (tutti eccetto il vino e le bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra) in applicazione dell’art.10bis, comma 7, del TUA 504/95 è prescritto che “Per i prodotti già assoggettati ad accisa nel territorio dello Stato, acquistati da un soggetto stabilito in un altro Stato membro, che sia privato ovvero che, pur esercitando una attività economica, agisca in qualità di privato, spediti o trasportati, direttamente o indirettamente dal venditore nazionale o per suo conto nel medesimo Stato membro, l’accisa pagata nel territorio dello Stato è rimborsata ai sensi dell’articolo 14, comma 3, su richiesta del venditore, a condizione che quest’ultimo fornisca la prova del suo avvenuto pagamento e dimostri di avere ottemperato, anche tramite il proprio rappresentante fiscale, nello Stato membro di destinazione dei prodotti, alle procedure di cui al comma 3.” Per quanto attiene invece all’IVA, l’Agenzia Entrate, in esito a una consulenza giuridica, con nota prot. 20462/2013, del 15/2/2013 ha chiarito che: “…alla luce di una corretta lettura dell’art.41, comma 1, lett. B), per i beni soggetti ad accisa, il luogo di tassazione va sempre individuato nel Paese di destinazione, quando il trasporto è effettuato dal fornitore o per suo conto. Al contrario, se il trasporto viene effettuato dall’acquirente, torna di applicazione il criterio generale di cui all’art. 7bis del D.P.R. n. 6433 del 1972, con conseguente tassazione nel Paese di origine”.

 

Carmelo Belfiore