Inchiesta

Ocratossina A, pericolo sempre in agguato

 

Interventi nel breve periodo

Quali sono quindi gli interventi da fare in vigneto? «Possiamo distinguere gli interventi immediati, quindi nel brevissimo periodo e da attuare nel corso della stagione vegetativa, rispetto a quelli di medio e lungo termine», spiega Borgo. «Nel corso della stagione vegetativa fondamentale sarà il monitoraggio e la lotta con insetticidi e fungicidi verso quei parassiti che sono causa dell’insorgenza di marciumi anomali nell’uva. Altrettanto importante sarà prevenire lo sviluppo di oidio e peronospora. Sempre, di anno in anno, si può agire favorendo l’arieggiamento dei grappoli attraverso le potature verdi e con un adeguato diradamento dei grappoli. Durante questi studi è emerso inoltre, come le uve in sovramaturazione siano a maggior rischio. Importante sarà quindi controllare lo stato di maturazione in campo: sebbene sane, le uve sovramature sono più soggette a ferite dell’acino essendo la buccia di minor spessore e meno elastica».

Prevenire nel tempo

«Oltre all’intervento immediato», continua Borgo, «ci sono criteri a medio-lungo termine da applicare. La scelta del sito d’impianto: evitare, per esempio, luoghi dove si possono sviluppare ristagni di umidità in fase di maturazione dell’uva, vuoi per la vicinanza del mare, vuoi perché localizzati nel fondovalle e quindi con poca circolazione d’aria. Adottare varietà più resistenti alla insorgenza di marciumi secondari dell’uva come, per esempio, il Cabernet Sauvignon, vitigno che anche nel Sud Italia non hai mai dato particolari problemi a differenza, invece, di Negroamaro, Primitivo e altri vitigni autoctoni pugliesi. Efficace sarà l’inserimento nell’impianto di materiale clonale − evitando, comunque, la mescolanza di cloni nel medesimo vigneto − al fine di ottenere una maggiore omogeneità di maturazione e gestire correttamente le operazioni colturali e la vendemmia. Durante prove sperimentali si è visto come i vigneti privi di materiale clonale siano più soggetti a problemi di sovra maturazione. Altro aspetto non trascurabile sarà il corretto arieggiamento del vigneto che potrà essere ottenuto sia con specifiche forme di allevamento, sia con potature invernali oltreché con potatura verde; si è visto, infine, come nei terreni lavorati, soprattutto se associati a forme basse di allevamento, i grappoli siano più soggetti a marciumi secondari − Aspergillus carbonarius è un fungo terricolo, che la polvere può trasportare facilmente sull’uva; umidità notturna e rugiada possono poi creare le condizioni idonee per il suo sviluppo».

In cantina

In cantina i punti critici della vinificazione sono la pressatura e la pigiatura, fasi durante le quali l’OTA presente nel mosto passa in soluzione (P. Battilani e A. Silva. Controlling ochratoxin A in the vineyard and winery. Managing wine quality, volume 1, CRC Pres. Woodhead Publishing 2010). «In questa fase è fondamentale operare controlli per verificare la presenza di questa micotossina e quantificarla», sottolinea Angela Silva, professore associato di Enologia della Facoltà di Agraria dell’Università del Sacro Cuore di Piacenza. «Durante la vinificazione in bianco l’OTA tende a calare perché è parzialmente assorbita-adsorbita sia dai chiarificanti quando si interviene sul mosto in fase di defecazione, sia da parte della biomassa, quindi dai lieviti durante la fermentazione alcolica, o dai batteri durante la fermentazione malolattica. Il vino bianco, a meno di annate particolarmente favorevoli alla proliferazione di Aspergillus carbonarius sull’uva, non desta quindi particolari problemi. Comunque, nel caso, si può intervenire con differenti coadiuvanti tecnologici. Il prodotto più efficace è sicuramente il carbone, anche se il suo impiego va sempre gestito in maniera oculata perché capace di sequestrare anche componenti nobili del vino. Per concentrazioni non molto elevate di OTA, anche quantità minime di carbone (10-20 g/hl) sono sufficienti e non in grado di apportare variazioni significative sulle caratteristiche del prodotto. Nel caso di vinificazione in rosso, la pigiatura e la prima parte della macerazione sono le fasi cruciali per il contenuto di OTA nel vino. Nelle fasi successive, grazie al potere adsorbente delle vinacce, ma soprattutto della biomassa di lieviti, il contenuto di OTA tende a diminuire. Il calo continua anche durante la fase della fermentazione malolattica e durante i processi di chiarifica, di filtrazione e in tutte le operazioni in cui è prevista una separazione solido-liquido; abbattimento che può raggiungere il 50-60%. Se, nonostante ciò, il livello di OTA si mantiene alto, sarà necessario intervenire, con gelatina o con coadiuvanti tecnologici come lieviti inertati o scorze con buona capacità adsorbente. Tali conoscenze sono scaturite da alcuni progetti di ricerca coordinati dalla Facoltà di Agraria di Piacenza, tra cui, ricordo, “WINE-OCHRA RISK – QLK1-CT-2001-01761” promosso dall’Unione Europea e il progetto PRIN, finanziato dal MIUR, “Lotta biologica ed integrata contro Aspergillus carbonarius: effetti sul contenuto di ocratossina A e sulla filiera viti-vinicola”.