Inchiesta

Legge Mongiello: salva l’olio italiano?

Massimo Gargano

Uno strumento per tutelare ancor più un importante patrimonio italiano
Massimo Gargano, presidente di Unaprol

Unaprol esprime un giudizio positivo sulla legge Mongiello, perché introduce nuovi parametri sulla qualità del prodotto e nuove norme sulla trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini. La legge è stata ispirata da un articolato normativo presentato da Coldiretti, Fondazione Symbola e Unaprol nei primi mesi del 2012. Nel suo complesso, la proposta interpreta una nuova sfida sul piano della trasparenza e della tutela del reddito delle imprese olivicole e può rappresentare un’opportunità per il sistema della buona rappresentanza dell’industria seria di questo Paese: più rintracciabilità, più riconoscibilità, quindi maggiore identità del nostro prodotto con il territorio nazionale. Il sistema olivicolo-oleario italiano è caratterizzato da una grande biodiversità, da una propensione per la qualità, che ne hanno fatto un unicum nel panorama mondiale. Per questo va difeso con norme che assicurino trasparenza del mercato e correttezza nei confronti dei consumatori. Nella competizione globale, le imprese olivicole italiane hanno bisogno di recuperare come elemento di competitività il legame con il territorio e l’origine certa del prodotto. Un binomio indissolubile che non può essere confuso sullo scaffale con la logica del discount e del tre per due. L’identità dell’olio italiano è sotto schiaffo. Le frodi e le sofisticazioni mettono a rischio un patrimonio ambientale fatto da oltre 250 milioni di piante sul territorio nazionale che garantisce un impiego di manodopera per circa 50 milioni di giornate lavorative all’anno e un fatturato di oltre 2 miliardi di euro; 43 sono gli oli italiani a denominazione di origine riconosciuti dall’Unione Europea. In quest’ottica, la legge crea una barriera di anticorpi a favore delle imprese olivicole e conferisce alle aziende serie di questo settore l’opportunità di alimentare la catena del valore intorno al prodotto simbolo del made in Italy nel mondo. La legge è sicuramente perfettibile, come del resto tutte le leggi, e ove vi sia la necessità di modificarla, auspico che sia nella direzione di una maggiore trasparenza del mercato e di tutela del consumatore perché sia messo nelle condizioni di fare acquisti consapevoli.

Mario Guidi

Condivisibile, ma molti dubbi rimangono
Mario Guidi, presidente di Confagricoltura

La finalità di questa legge è indiscutibilmente condivisibile: tutelare l’olio italiano di qualità. È sulle modalità scelte che nutriamo qualche dubbio. A partire dalla sua “norma stralcio” approvata e applicata ormai da qualche mese relativa alla fissazione del tenore massimo di alchilesteri ben inferiore allo standard fissato dalla normativa UE. Non dobbiamo legare questo specifico parametro all’origine del prodotto; e dobbiamo pure evitare che il non rispetto di questo parametro faccia scattare “piani straordinari di sorveglianza” che si potrebbero tradurre in aggravi burocratici e costi. Non ne sentiamo davvero il bisogno. Peraltro a nostro avviso tutto questo suscita forti dubbi rispetto alla compatibilità con le norme comunitarie. Certo poi con l’approvazione della legge a dicembre sono stati introdotti altri aspetti, alcuni decisamente positivi, come le norme sulla disciplina dei mercati, sul “tappo antirabbocco” o sui termini di conservazione … Ma questa legge apre nuove prospettive per l’olio extra vergine italiano? Sul piano strettamente di mercato, è da discutere se effettivamente il consumatore potrà cogliere la differenza tra un olio con un certo tenore di alchilesteri; e soprattutto se saremo in grado di comunicare − anche all’estero − queste diverse caratteristiche. Sono senz’altro positive, invece, le norme sui termini di conservazione dall’imbottigliamento e sulla somministrazione dell’olio nei pubblici esercizi, nonché la regolamentazione dei mercati, ad esempio del “sottocosto”. Qui qualche effetto positivo ce lo attendiamo. Sicuramente la Legge Mongello è perfettibile, e vorrei a questo proposito citare solo alcuni aspetti. Intanto, va verificato rispetto alla normativa comunitaria se possiamo davvero spingerci a fissare un tenore di alchilesteri tanto inferiore al limite comunitario; e va chiarito poi che superare questa soglia non deve mai far venir meno l’origine italiana dell’olio. Poi dovremmo eliminare – o quanto meno rinviare – la prevista pubblicazione dei risultati delle analisi sugli alchilesteri che può fuorviare i consumatori. Vanno anche semplificate le sanzioni per la tenuta del fascicolo che appaiono di difficile applicazione e anche onerose. Infine, serve un congruo periodo di transizione prima dell’entrata in vigore di norme così rilevanti e incidenti. Confagricoltura ha proposto diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge. Un periodo pari proprio alla scadenza da riportare sull’olio appena imbottigliato; così da sottoporre alla nuova legge solo il prodotto confezionato dopo la sua approvazione.

Stefano Masini

Perfettibile, ma un importante passo in avanti
Stefano Masini, responsabile Consumi Coldiretti

La definitiva approvazione della legge Mongiello, cosiddetta “salva olio made in Italy”, a poche ore dalla conclusione della legislatura, rappresenta per la Coldiretti un risultato straordinariamente importante nella direzione della trasparenza e della lotta alla contraffazione sugli oli extravergini di oliva a tutela dei produttori e dei cittadini. L’unanimità nell’approvazione della legge da parte di tutti i gruppi parlamentari sia al Senato sia alla Camera e il parere positivo del Governo stanno a significare come la norma sia fortemente condivisa e c’è soddisfazione da parte nostra per il buon esito del provvedimento nonostante “i non pochi bastoni tra le ruote” trovati lungo il percorso. Con questa legge si aprono prospettive nuove per l’olio extravergine italiano in quanto il reato di contraffazione di indicazioni geografiche viene esteso a chi fornisce in etichetta informazioni non veritiere sull’origine. Inoltre, vengono introdotte sanzioni aggiuntive come l’interdizione da attività pubblicitarie per spot ingannevoli, sono rafforzati i metodi investigativi con le intercettazioni al diritto di accesso ai dati sulle importazioni aziendali, vengono riconosciuti nuovi parametri e metodi di controllo qualitativo, sono fissate delle sanzioni in caso di scorretta presentazione degli oli di oliva nei pubblici esercizi e, infine, viene introdotto in etichetta il termine minimo di conservazione a 18 mesi dalla data di imbottigliamento. La legge è sicuramente perfettibile, ma occorrerà vedere prima gli effetti delle nuove norme che puntano a difendere un settore che vanta un fatturato di 2 miliardi di euro e che assicura un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative. Sicuramente non sarà più possibile mettere in etichetta indicazioni fallaci e non veritiere “che evocano una specifica zona geografica di origine degli oli vergini di oliva non corrispondente alla effettiva origine territoriale delle olive”. Ma oltre a migliorare la leggibilità delle etichette, la nuova legga completerà l’intervento già anticipato dal Parlamento con una norma precedente sul valore probatorio del panel test, al fine di garantire la corrispondenza merceologica e la qualità degli oli di oliva e punire la non conformità dei campioni degli oli di oliva vergini alla categoria dichiarata in etichetta.

Claudio Ranzani

Aspettiamo Bruxelles, poi si vedrà…
Claudio Ranzani, direttore generale di Assitol 

Il settore dell’olio è fortemente regolamentato, a livello comunitario e nazionale. Non si può quindi dire che, prima di questa legge, il comparto fosse privo di tutele. Al contrario, da tempo l’olio d’oliva è sottoposto a severi controlli sia prima sia dopo la sua commercializzazione. Proprio perché si tratta di materia regolata dall’Unione Europea, tra l’altro, occorre attendere il “placet” di Bruxelles alla norma. Per eventuali osservazioni, la Commissione europea e gli Stati membri hanno tempo tre mesi: se la normativa fosse pubblicata in Gazzetta Ufficiale prima di questo passaggio, rischieremmo la procedura d’infrazione, con le conseguenti sanzioni. Nel corso dell’iter della proposta abbiamo avuto modo di spiegare che a nostro parere, così com’è scritta ora, la legge appena approvata viola una lunga lista di norme europee, e non soltanto sull’olio d’oliva, e questo ne fa ritenere improbabile l’approvazione da parte della Commissione europea e degli altri Stati membri dell’Unione. Ci stupisce, inoltre, il continuo voler ricorrere a norme nazionali su argomenti nei quali la competenza è ormai comunitaria e le nostre imprese agiscono in un mercato internazionale, dove i concorrenti sono greci, portoghesi e soprattutto spagnoli, e dove è perciò assolutamente necessario essere tutti sottoposti alle stesse regole. A tale riguardo, va sottolineato che alcuni degli articoli della legge penalizzerebbero fortemente le nostre imprese rispetto ai concorrenti. In ambito comunitario è poi in atto una discussione, che potrebbe portare in futuro ad alcune modifiche dei regolamenti europei sull’olio d’oliva, aumentando così la confusione generale. Nonostante la crisi e i problemi tipici di un Paese che non sa fare sistema l’Italia è uno dei maggiori produttori al mondo di olio d’oliva e il primo esportatore di olio confezionato. Il non facile momento economico ha inciso parecchio sulla capacità di spesa degli italiani che, logicamente, hanno privilegiato i prodotti più convenienti dal punto di vista del prezzo, puntando soprattutto sulle promozioni. All’estero, fronteggiamo una concorrenza sempre più forte, non soltanto di Paesi tradizionalmente “oleari” come Spagna e Grecia, ma di mercati emergenti, come Australia e Stati Uniti. Questi problemi non possono essere certo eliminati dalla legge Mongiello e, in questo scenario di mercato, è complicato parlare di nuove prospettive. Credo, comunque, sia opportuno attendere il responso di Bruxelles.
Poi si vedrà!

 

Roberto Tognella